Il dopo Riina, Nitto Santapaola e l’eredità in bilico Al 41bis come il figlio Enzo, tra malattie e processi

Per anni è stato il detentore delle redini del potere supremo dentro Cosa nostra in Sicilia orientale. Oggi è al carcere duro nel penitenziario di Opera-Milano, quasi cieco per una forma sempre più grave di diabete. A quel volto, quasi sarcastico, sbandierato durante l’arresto nel 1993, ha fatto posto un fisico smagrito e segnato da 24 anni di carcere senza interruzioni. Nitto Santapaola, 79 anni, è uno degli ultimi padrini ancora in vita appartenente alla piovra vecchio modello. Quella che si è seduta allo stesso tavolo di Totò Riina e Bernardo Provenzano. La stessa che ha progettato ed eseguito stragi e fatto affari, in nome di un modello tutto catanese, dove a pistole e polvere da sparo si alternano da sempre giacche e cravatte. Oggi, dopo la morte del capo dei capi di Corleone, la cupola mafiosa regionale, stando alle analisi di magistrati, investigatori e addetti ai lavori, potrebbe tornare a riunirsi per eleggere il suo nuovo e unico rappresentante nell’Isola. Un rivolo di democrazia fatto di nomi e strategie da perseguire, come per esempio quella di Santapaola, o meglio dei suoi successori. Con la famiglia, quella di sangue, ormai risucchiata in un vortice. 

Il patriarca Nitto ha fatto la sua ultima comparsa in un processo, ma in video conferenza, nel 2015, durante il secondo grado di Dionisio. Per la procura avrebbe retto le fila di Cosa nostra anche da detenuto e per questo è stato condannato all’isolamento diurno per tre mesi. Francesco Santapaola, il secondogenito dei tre figli di Nitto, è stato alla sbarra nel processo per le presunte infiltrazioni della famiglia nella festa di Sant’AgataRimediando una doppia assoluzione. Sfogliando le pagine della sua storia c’è una condanna per guida in stato d’ebrezza e due passaggi, da giovane, dietro le sbarre sottoposto a misure cautelari. Dopo gli arresti nelle operazioni Orsa Maggiore e Dionisio. Sei anni in cattività ai quali non sono seguite sentenze di colpevolezza.

  

Anni di processi e blitz interrotti dall’uccisione della madre Carmela Minniti. Le esequie della donna nel 1995 sono l’ultimo momento in cui i Santapaola si sono ritrovati tutti insieme, compresa la figlia Cosima: abbracciati in un hangar dell’aeroporto davanti alla bara della donna. Altre notizie del più piccolo dei figli maschi di Nitto passano dalle carte di un’inchiesta Beta della procura Messina. Mentre gli inquirenti pedinano il cugino indagato Vincenzo Romeo, nel 2014 viene monitorato un incontro tra i due al bar Europa di Catania. Tre anni dopo scatta il blitz antimafia con decine di arresti, ma Santapaola jr non fa parte dell’elenco. Compiuti da poco 45 anni, Francesco Santapaola è libero, disoccupato, sembrerebbe più interessato alla movida che alla mafia.

Al carcere duro di Viterbo c’è invece il fratello 48enne Vincenzo. Sedia a rotelle, e una forma sempre più grave di pancreatite. ‘U fantasma è considerato il successore del padre dal 2005, con i collaboratori di giustizia che lo hanno sempre tratteggiato come un personaggio molto riservato. Passata una doppia condanna, in primo e secondo grado, adesso aspetta il verdetto della Cassazione per il processo Iblis. Nei faldoni dell’inchiesta non c’è però traccia tra le intercettazioni della sua voce. Enzuccio ‘u fantasmavittima di un grave incidente stradale in moto nel 2005, ha sempre respinto le accuse. Anche tramite una discussa lettera, pubblicata nel 2008 sulle colonne del quotidiano La Sicilia, mentre si trovava al 41bis. Negli ultimi anni è stato di casa nel carcere di Rebibbia, mentre in passato è uscito indenne dal processo Orsa maggiore, rimediando invece una condanna a 7 anni nell’inchiesta Orione, ma con l’esclusione del ruolo apicale

Le gerarchie di sangue, fondate sullo storico legame con il cognome di famiglia, sono state perseguite da svariati nipoti e cugini di Nitto, ma anche dall’ormai malconcio fratello Nino, 63 anni, da 17 dietro le sbarre. Nell’elenco ci sono Angelo e Francesco detto Coluccio SantapaolaIl primo è stato ucciso nel 2007 dagli uomini della sua stessa organizzazione. Ma la sua spregiudicata gestione rimane uno degli ultimi tentativi sul fronte etneo di riallacciare i rapporti con Cosa nostra palermitana, rappresentata in quel periodo dai boss del mandamento di San Lorenzo Salvatore e Sandro Lo Piccolo.  Il secondo è stato arrestato nel blitz Kronos, lasciando spazio, secondo gli inquirenti, a un triumvirato di reggenti composto da Marcello Magrì, Rosario Lombardo e Antonio Tomeselli, detto penna biancaCatturato nell’operazione Chaos proprio nelle ultime settimane.


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