Il rischio della chiusura dello stabilimento nella Zona industriale di Catania dell'ex colosso nel settore dell'oggettistica promozionale era arrivato a metà gennaio. «Tutti i 52 dipendenti hanno continuato a lavorare con la spada di Damocle sulla testa», afferma a MeridioNews il segretario regionale Antonio D'Amico
Sciopero lavoratori Cipi per licenziamento collettivo Sindacati: «Delocalizzazione occulta inaccettabile»
È stato proclamato per domani il primo sciopero dei lavoratori Cipi, un’azienda che si occupa di realizzare gadget a livello industriale. L’ex colosso del settore adesso rischia di chiudere lo stabilimento produttivo nella Zona industriale di Catania tanto che, nelle scorse settimane, è stata avviata la procedura per il licenziamento collettivo dei 52 dipendenti. A fine febbraio, sono scaduti i 45 giorni di trattativa aziendale, conclusasi con un verbale negativo, ovvero senza che sia stata trovata alcuna soluzione. Adesso, come previsto dalla legge, la questione passa all’Ufficio provinciale del lavoro.
«Finora tutti i dipendenti hanno sempre lavorato nonostante la pesante spada di Damocle che pende sulle loro teste – spiega a MeridioNews il segretario regionale Fistel Cisl Antonio D’Amico – la manifestazione di protesta di domani nasce dal mancato punto di incontro con l’imprenditore sul futuro dello stabilimento e dei lavoratori, nonostante le nostre proposte su una diminuzione del personale tramite pensionamenti oppure incentivi all’esodo. Nessuna di queste soluzioni è stata accolta». Una conferenza si terrò davanti a palazzo degli Elefanti, in attesa dell’incontro con il sindaco Enzo Bianco che ha convocato i rappresentanti dei lavoratori dopo aver ottenuto un incontro al Mise con il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, per discutere della vertenza Cipi.
Era la metà dello scorso mese di gennaio quando, durante un incontro informale, era arrivato il licenziamento collettivo per la totale chiusura del sito catanese. Del marchio Cipi rimarrà solo la sede centrale commerciale di Milano, mentre la parte produttiva verrà completamente chiusa: i prodotti, direttamente finiti, verranno acquistati da aziende estere a prezzi inferiori. «Una delocalizzazione occulta» la definisce D’Amico, affermando di non poter «accettare di firmare un piano industriale che per far risorgere l’azienda prevede il licenziamento di 52 persone. Ci chiediamo poi – aggiunge preoccupato – che fine faranno il capannone che si trova qui nella Zona industriale catanese e al cui interno ci sono tanti macchinari di altissima qualità che hanno portato la Cipi a essere leader mondiale nel settore?».
Fondata nel 1964 dall’imprenditore catanese Rosario Circo, l’azienda è già stata oggetto di diversi passaggi di proprietà tra la vecchia Seat Pagine Gialle e la stessa famiglia Circo. Rientrata definitivamente nel marzo del 2014 a seguito di una ristrutturazione che ha comportato la cassa integrazione per alcuni e il licenziamento del 50 per cento del personale in forza a Catania. «Questa volta – sostiene il segretario regionale Fistel Cisl – probabilmente il progetto è quello di alleggerirsi di tutti i lavoratori per sostituirli poi con personale meno qualificato e assunto con contratti meno impegnativi per l’azienda».