Frequentano l'istituto Morvillo di Catania per prendere la qualifica triennale di operatore amministrativo segretariale. «La città metropolitana ha interrotto i convitti e le altre agevolazioni perché il codice meccanografico della scuola è uguale a quello del percorso quinquennale per il diploma», lamentano a MeridioNews
Revocati servizi assistenza per studenti non vedenti «Incomprensibile che vengano lesi così i nostri diritti»
«Il servizio di ricovero connesso alle attività di integrazione scolastica è revocato». Poche parole lapidarie rivolte a tre studenti dell’istituto tecnico regionale Francesca Morvillo di Catania, che si appoggiano all’istituto per ciechi Ardizzone Gioeni. La lettera raccomandata, inviata dal terzo dipartimento Politiche sociali e del lavoro della città metropolitana di Catania, è arrivata a ridosso delle vacanze natalizie agli studenti che frequentano l’istituto per ottenere la qualifica triennale di operatore amministrativo segretariale (gli ex centralinisti e telefonisti).
«Tutto è iniziato due anni fa – racconta a MeridioNews Linsay Martinez Garcia, studentessa ipovedente del terzo anno, mamma di una bambina di 5 anni e residente a Pedara – quando ho richiesto il servizio di semiconvitto che prevedeva il trasporto da casa mia a scuola e viceversa, il pranzo e lo studio pomeridiano, dopo le lezioni, con l’ausilio di lettori». Sono questi i servizi che a Linsay sono stati cancellati tutti insieme al rientro della pausa per le festività natalizie. Stando alla lettera firmata dal dirigente del servizio provinciale, Ettore De Salvo, la revoca dell’assistenza per non vedenti è dovuta al fatto che gli studenti «hanno già conseguito un diploma, titolo di istruzione di pari livello a quello per il quale risultano attualmente iscritti, anche alla luce di una sentenza del Consiglio di Stato».
In realtà, il problema sarebbe dovuto al fatto che l’istituto scolastico ha un unico codice meccanografico che identifica entrambi i percorsi: quello triennale con cui si ottiene la qualifica e quello quinquennale che, invece, dà la possibilità di conseguire il diploma di maturità. «Frequentando questa scuola io voglio solo prendere la qualifica professionale di centralinista telefonico non vedente per avere una opportunità in più di inserimento nel mondo del lavoro. L’altro diploma di maturità io l’ho preso, anni fa – aggiunge la donna – senza ottenere alcun sussidio da enti pubblici». In concomitanza con la revoca dei servizi di assistenza, sono iniziati i tirocini formativi. «Le lezioni in classe finiscono ogni giorno alle 14 e il tirocinio all’ospedale Garibaldi inizia appena mezz’ora dopo. Senza pranzo e senza il servizio di trasporto, arrivarci è un incubo. Il percorso – spiega Linsay – preferisco farlo a piedi, nonostante tutti i pericoli del caso in mezzo al traffico indisciplinato, perché fare affidamento sui mezzi pubblici è impossibile. Peraltro, viste le difficoltà a leggere il numero degli autobus dovrei fermare ogni mezzo che passa e chiedere al conducente». Oltre al danno la beffa perché i ritardi, spesso, vengono anche rimproverati.
L’ente provinciale ha assicurato agli studenti ciechi e ipovedenti l’assistenza per oltre due anni e mezzo. «Poi, all’improvviso, il servizio è stato revocato», conferma Giuseppe Liotta, studente 22enne di Adrano con gravi problemi alla vista fin dalla nascita, dovuti a un fattore genetico, che usufruiva del servizio completo che comprende vitto, alloggio, trasporti e lettori. Il giovane ha già un diploma di maturità conseguito al liceo psico-pedagogico Lombardo Radice di Catania, «ma avevo scelto di frequentare questo percorso, consigliato anche dall’Unione italiana ciechi, rimanendo all’interno dell’istituto Ardizzone Gioeni che è convenzionato con la provincia, per avere qualche possibilità in più di ingresso nel mondo del lavoro. Fino allo scorso gennaio, non c’è stato alcun problema e sono arrivato tranquillamente fino a metà del terzo anno. Lasciar perdere adesso sarebbe un peccato e, per questo, sto chiedendo un sacrificio enorme ai miei genitori». Attualmente, il giovane con l’appoggio della famiglia sta pagando di tasca propria tutti i servizi che, fino a qualche mese fa, era l’ente provinciale a garantire. «Chiedo alle istituzioni di passarsi una mano dalla coscienza – conclude il giovane – di andare oltre le rigidità della burocrazia e di fare in modo, anche per non buttare gli otto anni di assistenza, di permettere a me e agli altri compagni di concludere il nostro percorso di formazione con serenità».
Gli studenti, che a giugno dovrebbero prendere la qualifica, hanno anche dato mandato ai legali per seguire la vicenda. «Sono stati lesi alcuni dei nostri diritti fondamentali e non è accettabile che l’interruzione dei servizi arrivi a metà anno, cambiando tutte le carte in tavola». Il disagio principale, infatti, è stato quello di cominciare un percorso con certe garanzie economiche e logistiche e, poi, vederle venire meno da un momento all’altro. «Il problema – spiegano – è che le vie legali avrebbero tempi troppi lunghi o iter eccessivamente costosi. Umanamente è incomprensibile che ciò avvenga. È vero – concludono – che l’anno accademico sta per concludersi, ma stiamo cercando di portare avanti un dialogo informale con la città metropolitana e anche delle richieste formali di autotutela pensando che il prossimo anno la questione si ripresenterà identica anche per altri nostri compagni».