«Se è morto lui siamo tutti mortali» La morte di Jobs vista da Catania

La morte di Steve Jobs, il genio che è riuscito ad influenzare il mondo dell’informatica, dell’editoria, dei cartoni animati e la vita di milioni di persone, ha fatto il giro del mondo in poche ore e le reazioni – da quelle delle celebrità alla gente comune – sono sulle prime pagine di qualsiasi giornale, sito, blog. Anche a Catania – da qualche settimana – è stato aperto un Apple store, con tanto di lavori condotti in segreto e inaugurazione affollatissima. Stamattina, come ogni giorno, i ragazzi con le magliette blu d’ordinanza passano da un tavolo all’altro dando consigli a clienti (pochi) e curiosi (la maggioranza). Fino all’ora di pranzo nessun fiore. Niente mele e candele – vere o virtuali – davanti all’immensa vetrina. Unica traccia è la foto del genio di Cupertino – che in queste ore sta facendo il giro del mondo – sugli schermi di Mac Book e iPad.

Cosa pensino i dipendenti catanesi della morte di Jobs non possiamo saperlo ufficialmente. «È una questione di policy aziendale, non possiamo rilasciare interviste», ci risponde asciutto uno dei manager del punto vendita. Sperando che la condizione non valga anche per gli acquirenti, proviamo a fare qualche domanda a quanti escono dal negozio.

Emanuele è un cliente fedele da 25 anni: ha conosciuto il mondo creato da Steve Jobs ai tempi del mitico Macintosh Plus. «Jobs è stato un visionario, una figura insostituibile che ha cambiato il mondo dell’informatica e non solo». L’andamento dell’azienda, secondo lui, non sarà più lo stesso: «Certo che ci sarà un cambiamento, ma sono sicuro che non sarà un peggioramento». Di diverso avviso è Angelo, cliente dell’ultima ora, attratto più dalla fama mediatica del marchio che dai suoi prodotti. «Se fossi un investitore non punterei su Apple per i prossimi mesi. Basta già vedere com’è andata la prima presentazione fatta dal vice di Jobs» spiega riferendosi alla prima uscita ufficiale da ceo di Tim Cook martedì scorso.

«Se è morto Steve Jobs significa che tutti siamo mortali» afferma sicura Sara, ventenne di Palazzolo Acreide. È appena uscita dal negozio, un sacchetto con l’inconfondibile mela tra le mani, le chiediamo se pensa che con la morte di Jobs cambierà qualcosa. «Spero proprio di no. L’impronta è quella, non può essere altrimenti; spero che chi gli succederà riesca a continuare quanto ha fatto». Secondo lei, anche chi non è nativo digitale o non possiede un oggetto prodotto dalla celebre azienda è rimasto segnato dal genio californiano. «Mia madre, ad esempio, è rimasta molto colpita dalla sua morte. Sarà per la giovane età, sono quasi coetanei, o forse perché ha conosciuto Apple tramite me e i miei amici. Guardandoci utilizzare ogni giorno iPhone e iPad ha familiarizzato con questo mondo e stamattina, sentendo la notizia alla radio, era davvero triste».

«Mettere le cuffie dell’iPod è un gesto automatico, lo faccio decine di volte in un giorno». Alberto è un tipico cliente dell’azienda californiana. «Oggi, però, ogni volta che lo faccio mi sembra strano. Quando faccio una telefonata, rispondo ad una mail o ascolto musica ho a che fare con qualcosa creato da una persona che non c’è più, ma che mi ha cambiato la vita».

 

[Foto Apple]


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