Palazzo degli elefanti, il percorso verso il dissesto Il miliardo e 600 milioni di euro che affossa Catania

Stamattina, quando il sindaco Salvo Pogliese e il vicesindaco Roberto Bonaccorsi hanno iniziato a preparare la programmata conferenza stampa sul bilancio del Comune di Catania, non potevano immaginare quello che stava per accadere. Arriva, infatti, pochi minuti dopo le dieci un messaggio di posta certificata dalla sezione di controllo della Corte dei conti di Palermo. Settanta pagine – sindaco e vicesindaco non hanno neanche il tempo di leggerle – e poi la tegola: i magistrati contabili accertano il continuo e reiterato mancato rispetto del piano di riequilibrio economico-finanziario di Palazzo degli elefanti e, di conseguenza, il verificarsi delle condizioni per le quali il municipio deve dichiarare il dissesto. Più che una tegola, in effetti, è un vero e proprio mattone. «Non lo nascondo, stamattina ero piuttosto provato», dichiara Bonaccorsi.

In base ai numeri prospettati dal Comune questa mattina, in realtà, sembra difficile pensare che la Corte dei conti avrebbe potuto esprimersi diversamente. Il debito ammonta a un miliardo e 580milioni di euro. Mezzo miliardo in più di quanto contestato, a maggio, all’allora sindaco Enzo Bianco nel corso dell’ormai famosa adunanza in via Nortarbartolo, quando l’ex primo cittadino ha attribuito le difficoltà del capoluogo etneo anche alla crisi mondiale. Ma i numeri di oggi dicono anche altro: i mutui sottoscritti prima del 2001 pesano per quasi 650 milioni di euro e Catania finirà di pagarli nel 2042, quando gli interessi avranno quasi raggiunto l’importo originario che era stato sottoscritto. E poi ci sono 170 milioni di euro dovuti ai contenziosi, cioè alle cause che portano il Comune in tribunali, e che molto probabilmente dovranno essere versati. Per farla semplice: se c’è una ditta che avanza soldi dall’ente e non è stata ancora pagata, il contenzioso di oggi è il debito fuori bilancio di domani.

E poi i debiti fuori bilancio, appunto. Croce dell’amministrazione appena uscita: quasi 76 milioni di euro ancora da finanziare. Senza contare quelli nei confronti delle società partecipate del Comune: i milioni di euro sono quasi 47. Dei quali circa 17 nei confronti della sola Sidra, in virtù di un accordo che non è ancora stato raggiunto ma che dovrebbe ruotare attorno a quella cifra (la società dell’acqua, in realtà, chiede 40 milioni, cifra che probabilmente verrà abbattuta). I numeri sono enormi e di fronte a queste cifre ce ne sono alcune che quasi perdono d’interesse: cosa sono i 35 milioni di euro di Tari, la tassa sui rifiuti, che i catanesi non pagano? E i 350mila euro di multe non riscosse? «L’allora presidente del Consiglio Mario Monti, ai suoi tempi, aveva immaginato di far pagare la tassa sulla spazzatura nella bolletta dell’energia elettrica – ricorda il vicesindaco Bonaccorsi – Un po’ come è stato fatto con il canone Rai. Quella proposta non è mai stata attuata, ma rende chiaro un fatto: il legislatore deve intervenire per modificare la riscossione di quel tipo di tributo, altrimenti i Comuni non ce la fanno».

L’appello che arriva dall’amministrazione è, ancora una volta, all’intervento dello Stato. «Il governo deve farsi carico di parte delle nostre difficoltà con un intervento normativo», dichiara il sindaco. Il rischio, per Palazzo degli elefanti, è altissimo: circa 200 milioni di euro sono quelli che il Comune deve alle società partecipate e alle aziende private. Debiti che, nel caso di dichiarazione del dissesto economico-finanziario, sarebbero notevolmente decurtati. Con le conseguenti difficoltà per chi ha svolto un servizio per il quale non guadagnerà quanto preventivato. Nell’attesa di leggere le 70 pagine della Corte dei conti, l’annuncio è chiaro: «Faremo ricorso alle sezioni riunite della Corte dei conti». Cioè all’organismo superiore rispetto alla sezione regionale di controllo. Una sorta di secondo grado di giudizio, che potrebbe consolidare quanto detto dai magistrati contabili palermitani, oppure stravolgerlo. La storia, però, non è dalla parte del capoluogo etneo: il Comune di Giarre, di poco avanti nelle procedure rispetto a Catania, è stato costretto a deliberare il dissesto pochi giorni fa.


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