Brillante laureato offresi, storie vere Quando anche uno stage diventa un lusso

Mattia è un brillante laureato che si offre al mare tempestoso del mondo lavorativo e prova a nuotare senza lasciarsi trasportare troppo in là dalla corrente e senza lasciarsi scoraggiare dalle tante bonacce. Lui stesso si definisce un giovane «che come molti altri fa surf sullo tsunami del mercato del lavoro»: la sua vicenda non è diversa da quella vissuta quotidianamente dai tanti neolaureati sfornati dalle università italiane, freschi di studi ma già mentalmente predisposti a sopportare quello che sarà l’andazzo dei prossimi anni e all’idea di dover fare buon viso a cattivo gioco fino ad un non ben precisato giorno.

La laurea, la voglia di trovare subito lavoro, l’invio del curriculum alle aziende, le telefonate ai contatti utili, i colleghi di lavoro bizzarri o poco svegli, i datori di lavoro viscidi, l’irresistibile attrazione esercitata dall’estero e la quotidianità grigia e dimessa di chi, pur avendo molte capacità, non riesce a trovare una collocazione stabile e consona. Tutti questi elementi fanno parte del libro scritto da Mattia Colombo, Brillante laureato offresi. E non si tratta di un romanzo, ma di una storia vera.

Brillante laureato offresi è il racconto delle esperienze vissute in prima persona da Mattia all’indomani della laurea. Niente voli pindarici o sghiribizzi letterari: viene preferito un tono piatto e asciutto per raccontare le tante disavventure di un neolaureato in cerca di lavoro. Si tratta di un pdf liberamente scaricabile dal blog dedicato ma soprattutto di una testimonianza interessante e utile con la quale confrontarsi per conoscere (o riconoscere) un importante spaccato della realtà italiana contemporanea. Abbiamo intervistato l’autore, Mattia Colombo per farci raccontare alcuni retroscena del suo romanzo.

Puoi raccontarci intanto quali sono state le prime reazioni alla pubblicazione del libro?
«Nella realtà circoscritta del mio paese d’origine si è scatenato un toto-personaggi per cercare di collegare i nomi da me forniti nel romanzo, che sono di fantasia per motivi legali, con quelli reali di persone conosciute. E molti hanno identificato subito le persone di cui parlavo: qualcuno ha gradito di essere stato menzionato, qualcun altro no. Non è stato esattamente divertente, ma di sicuro è stata una reazione forte. Chiaramente il gossip scema allontanandosi dal paese e le reazioni dei lettori che non mi conoscono sono state di vario tipo: sicuramente ho ricevuto tanto supporto ma non ho potuto fare a meno di notare una grande distrazione».

In che senso?
«Molti non sanno usare al meglio internet, sono spaesati e confusi dall’enorme mole di informazioni che circolano ogni giorno e soprattutto stentano a comprendere alcuni meccanismi: sono impreparati all’idea di scaricare gratuitamente un ebook, di consultare un blog. Su questo ho percepito una certa impreparazione generale».

Sul tuo blog racconti di un curioso scambio di mail con un giornalista di una testata piuttosto importante: alla tua richiesta di recensire e promuovere il libro, lui ti chiede di scrivere da te l’articolo per una eventuale pubblicazione.
«A seguito della pubblicazione di quel carteggio si è innescato un dibattito strano: ho ricevuto sicuramente tanto supporto e, benché sia passato un po’ di tempo, il link al mio post continua a girare e ad essere letto. Tra i commenti ci sono quelli di molti indignati ma anche di quelli – non so se aspiranti reporter – che difendono a spada tratta il comportamento di quel giornalista. Io provengo da un paio di anni di giornalismo in ambito musicale e non mi sarei mai permesso di comportarmi in quella maniera. L’autore non scrive la propria recensione: è una cosa scandalosa, da qualsiasi lato la si guardi. Avrei apprezzato di più un rifiuto o il classico “non ho tempo”, come è in effetti successo con altre testate. Quel comportamento mi ha lasciato basito e ho anche segnalato la cosa all’Ordine dei Giornalisti».

Citiamo dal tuo libro un passo significativo: «Ricordatevi che voi siete lì come interpreti, non come servetti. Anche se non c’è nulla da fare e ve lo chiedono, non tocca a voi svuotare i cestini o andare a prender l’acqua per tutti. L’imbianchino a casa non vi pulisce il gabinetto mentre aspetta che si asciughi la vernice, no?». Ottimo il messaggio esplicito, ma anche quello implicito: chi si abbassa è perduto, fai il servetto un minuto e te lo faran fare sempre. Il titolo del tuo libro parla di un laureato che si offre ma la tua storia racconta anche di parecchi “No, grazie”. Quanto è importante saper dire di no?
«Secondo me la questione è una: bisogna smetterla di svendersi, perché sta diventando un lusso anche poter fare uno stage. Io mi sentivo pronto per lavorare subito dopo la laurea e l’idea di fare uno stage senza retribuzione e senza prospettive non mi stava bene. Da brianzolo ti dico che dalle nostre parti piegarsi in quattro ed essere sempre pronti a scattare è sempre stato un comportamento diffuso ma che aveva un senso: faceva onore essere flessibili e lavorare alacremente perché poi si veniva ripagati».

E adesso?
«Ora non è più così e quell’insegnamento mi ha aperto gli occhi: non bisogna far calpestare la propria professionalità anche se le industrie si ostinano a non volerla riconoscere. Bisogna essere flessibili nei limiti e saper dire di no quando è il caso. La tentazione di svendersi c’è, ma che senso ha guadagnare un poco oggi se si perde tutto l’indomani?».

Alla fine, hai trovato lavoro?
«Sì e no. Ho trascorso un periodo all’estero, lavoro qui e lì come libero professionista e a
fine gennaio andrò in Svizzera, dove mi è stato proposto un contratto per una collaborazione temporanea. Per i tempi che corrono non mi lamento, ma siamo ben lontani dalla stabilità che vorrei: la partita è ancora completamente aperta».

[Foto tratta di Brillante laureato offresi]


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