Diciotti, ipotesi accordo per fare scendere le donne Malcontento tra i pescatori pro-Salvini e fiaccolate

In nottata, o forse domattina,
potrebbe trovarsi l’accordo per fare scendere le donne. Circa nove. E domani la situazione di stallo generale dovrebbe risolversi. I condizionali sono obbligatori ma dopo tre giorni di muscoli in mostra l’affaire Diciotti potrebbe avviarsi alla conclusione e i 150 migranti bloccati sulla nave della guardia costiera italiana liberi di toccare la terra ferma. La novità arriva al termine di un pomeriggio concitato: la doppia manifestazione al porto di Catania si è conclusa e le tensioni tra una parte dei manifestanti e le forze dell’ordine possono essere derubricati a scaramuccia.

Quasi quanto le polemiche tra alcuni
pescatori e gli attivisti antirazzisti. Protagonisti, i primi, di una convinta difesa delle posizioni del ministro dell’Interno Matteo Salvini a suon di «prima gli italiani» e «adesso, per voi, la pacchia è finita». I secondi, invece, tentavano una risposta. In un caso, anche tramite la proverbiale pedata sul sedere, servita a causare un eccesso d’ira e nulla più. Mentre sulla banchina si consumava il confronto tra maggioranza e opposizione, sulla passeggiata del molo di Levante, in vetta alle scale, era il momento degli slogan antifascisti.

La manifestazione di estrema destra
quasi non si è vista: poche bandiere tricolore e la scorta delle forze dell’ordine. È quando passano loro, capitanati dall’esponente di Forza Nuova Giuseppe Bonanno Conti, che una parte della protesta no-Salvini si stacca dall’altra. Una sessantina di giovani – autonomi, anarchici, Potere al popolo, Comunità resistente piazzetta e Cso Colapesce – si staccano dagli altri e tentano di superare il cordone della polizia. Ne nasce un tafferuglio, alcuni spintoni. Una donna grida: «Come li aiutate i migranti, così?». Una più giovane replica: «Ma lei come le fa le proteste?».

È a questo punto che accade quello che, probabilmente, la polizia non aveva previsto. I manifestanti prima arretrano,
poi si sparpagliano, per ricompattarsi qualche centinaio di metri dopo. Ormai sono vicini alla banchina del molo di Levante, iniziano a correre, superano lo sbarramento che dà accesso alla passeggiata e quando la camionetta delle forze dell’ordine li raggiunge gli attivisti sono lontani. Vengono fermati alcune decine di metri dopo. Sul livello del mare la situazione è uguale: dall’alto e dal basso di intonano slogan. Due attivisti riescono a correre sulla banchina a cui vengono ormeggiate le barche a vela, un altro si getta in acqua ma viene recuperato da un gommone della guardia costiera dopo poche bracciate.

La manifestazione supportata da Forza Nuova, intanto, esce dal porto circondata dalla polizia. Volano gli insulti, un Alibus rimane bloccato tra l’incudine (i manifestanti antirazzisti) e il martello (la polizia e gli estremisti di destra).
Anche queste schermaglie durano poco. Il tempo di una veloce riorganizzazione: torce degli smartphone accese per salutare, dalla banchina di fronte, i migranti bloccati sulla nave Diciotti. Poi la manifestazione si scioglie.


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