Etna, incertezze e polemiche sulle aree sommitali A Nord crateri aperti, e a Sud resta l’interdizione

Da quasi una settimana l’Etna è tornata a far parlare di sé attirando centinaia di appassionati e turisti: dopo più di un anno di silenzio, è ripresa l’attività al cratere di Sud-Est con esplosioni stromboliane e colate di lava. Un’occasione da non lasciarsi sfuggire per chi sta trascorrendo le vacanze nei dintorni etnei e che può sfruttare così l’opportunità di trovarsi già sul posto e di poter percepire al meglio la potenza e la forza del vulcano attivo più alto d’Europa. La fruizione sul versante Sud è gestita in tutta sicurezza poiché, data la situazione di particolare instabilità che ha interessato e continua a interessare tutta l’area sommitale, con un’attività intermittente e segnali di tremore che cambiano molto rapidamente, tutta la zona craterica continua al momento a essere interdetta. Il limite fissato per le escursioni, che fino a lunedì era a 2750 metri di quota in presenza di guide autorizzate, è stato esteso a 2900 visto il diminuire dell’attività che è stato registrato a partire dallo stesso giorno. Questi limiti sono stati stabiliti dall’ordinanza emessa dal sindaco di Nicolosi Angelo Pulvirenti che, alla luce dell’avviso emanato il 24 agosto dalla Protezione civile, ha vietato l’accesso alle aree sommitali anche in presenza delle guide vulcanologiche. 

Sebbene infatti, l’avviso della protezione civile indicava la permanenza dello stato di allerta verde, il livello di fenomenologia in atto era passato da livello base a livello attenzione. Ciò per evidenziare la presenza di attività stromboliana discontinua in area craterica e di colate di lava che, pur non costituendo un rischio oggettivo, in ogni caso presuppongono un’attenzione particolare, soprattutto considerato che sul vulcano si registrano ancora consistenti flussi turistici. Pare però che i due versanti, Nord e Sud, siano spaccati dal punto di vista della gestione della fruizione e della sicurezza: i turisti, infatti, sul versante Nord, sono normalmente accompagnati da Piano Provenzana fino in cima. Insomma, lo stesso vulcano, gli stessi crateri, ma visioni completamente diverse dello stesso fenomeno e quindi regole diverse. Alla base di questa incongruenza c’è la mancanza di un protocollo uniforme tra i Comuni del Parco

Le ordinanze che regolavano le modalità di accesso ai crateri, prima del 2016, erano emanate dalla prefettura. Accadeva infatti che, soprattutto a seguito di lungaggini burocratiche, l’accesso ai crateri rimanesse chiuso anche dopo molto tempo che il vulcano fosse rientrato in una situazione di equilibrio. Per ovviare a questa problematica, nel dicembre 2016 è stato istituito il Corves (Centro operativo rischio vulcanico Etna sud) tra i Comuni di Nicolosi, Adrano, Biancavilla, Belpasso, Ragalna, Zafferana Etnea e il dipartimento regionale di Protezione civile. Con questo protocollo d’intesa i sindaci dei sei Comuni ricadenti sul versante Etna-Sud e i cui territori risalgono il vulcano fino alle quote sommitali si erano dati un piano comune di intervento immediato in caso di eruzione vulcanica, condividendo, per la prima volta, uomini e mezzi. Un passo importante, secondo quanto afferma il geologo Carlo Cassaniti, allora responsabile del progetto, che prevede uno snellimento delle trafile burocratiche che regolano gli accessi al vulcano. 

Negli ultimi anni, infatti, a causa della sovrapposizione di responsabilità fra i vari Comuni, la Prefettura si era posta come unica autorità in grado di bloccare l’accesso alle quote sommitali, spesso stabilendo limiti molto restrittivi. Con il protocollo, invece, sono i Comuni stessi a gestire in maniera autonoma il rischio. Nonostante gli sforzi, però, negli accessi ai crateri dai due versanti regna ancora il caos. «Durante una tavola rotonda tra i sindaci e la protezione civile, mi ero fatto promotore di un’estensione del nostro protocollo di intesa a tutti i Comuni del Parco, chiaramente per chi ha competenze nell’area sommitale», dichiara a MeridioNews il sindaco di Nicolosi Angelo Pulvirenti. È stato lui a interdire del tutto l’accesso ai crateri e a stabilire che le escursioni fino a quota 2900, in questo momento di attività, dovessero avvenire in presenza di guide autorizzate.

«Non ho fatto altro che il mio lavoro – spiega – Mi sono confrontato con il Collegio delle guide alpine e vulcanologiche e con la protezione civile: la situazione non è stabile, per alzare la quota di fruizione fino a 2900 metri mi sono fatto inviare dal Collegio una nota in cui le guide stesse che erano sul campo, attestata la diminuzione dell’attività e del tremore, mi rassicuravano». L’interdizione ai crateri sommitali, però, resta. Senza che le altre amministrazioni comunali ne abbiano seguito l’esempio. «Non posso certo obbligare gli altri sindaci ma bisogna considerare che è impossibile delimitare le aree di appartenenza – prosegue Pulvirenti – Sarebbe opportuno che gli altri Comuni lo tenessero in considerazione». «Ci siamo attenuti alle informazioni apprese dalla protezione civile e dalle guide del territorio», replica Salvatore Puglisi, primo cittadino di Linguaglossa, spiegando per quale motivo sul versante Nord, invece, si continua a salire fino ai crateri. «Abbiamo stabilito che fino a quota 2850 metri, cioè fino all’osservatorio di Pizzi Deneri, si può andare anche non accompagnati. Oltre servono le guide autorizzate e le protezioni, tra le quali anche le mascherine vista la ricaduta di cenere».

«Con il tempo vorremmo fare un unico protocollo di intesa, come hanno fatto i Comuni di Sud, ma ancora, purtroppo, non siamo stati in grado. L’eruzione ha interessato principalmente il cratere di Sud-Est quindi è evidente che a Nicolosi abbiano fatto altre considerazioni. A Nord, in questa situazione, non c’erano gli elementi tali da bloccare l’accesso ai crateri. Poi è chiaro che siamo di fronte a un vulcano e l’imprevisto è sempre da considerare», conclude. Intanto il Collegio delle guide dichiara di essere stato interpellato soltanto dal Comune di Nicolosi e non da quello di Linguaglossa. Nella serata di ieri, inoltre, lo stesso Collegio, a confronto con il dipartimento regionale di Protezione civile Sicilia, con il sindaco del Comune di Nicolosi, tenendo conto dei comunicati emanati dall’Ingv e vista la recente attività al cratere di Sud-Est, rende noto che per i prossimi due, tre giorni si ritiene opportuno evitare l’accompagnamento dei gruppi in escursione in prossimità dei crateri sommitali da entrambi i versanti.

Mentre continuano le polemiche e le incertezze, si fa sempre più urgente una volta per tutte una chiave unica di interpretazione del rischio da parte dei Comuni, soprattutto per le aree sommitali. Queste, infatti, sebbene siano suddivise in spicchi di pertinenza di diverse amministrazioni, sono soggette tutte al medesimo rischio, soprattutto in momenti come questo quando a essere attivi sono più crateri. «Sull’Etna occorre che ci sia una cabina di regia fra i comuni e che ci sia un ente che, a prescindere dalle autorità del demanio, in maniera chiara si esprima in termini di sicurezza», dichiara il sindaco di Castiglione di Sicilia Antonio Camarda. Il rischio, se la situazione rimane di disaccordo, è che la prefettura riprenda in mano la situazione. Facendo sì che possa prospettarsi un’interdizione dell’area craterica ben più lunga di quella necessaria.


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