Unict, in mostra le storie delle scienziate dimenticate «Contribuiamo alla costruzione di una storia nuova»

«Come si costruisce la storia? Come si concepisce il sapere? Finora la concezione è stata parziale, maschile, una concezione che ha marginalizzato e inferiorizzato le donne». Così Stefania Arcara, docente di Studi di genere e femminista, spiega l’origine della mostra Scienziate in luce, che verrà inaugurata questo pomeriggio, alle 19, nelle Cucine dell’ex Monastero dei Benedettini, in piazza Dante, e che sarà visitabile fino al 5 ottobre, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 17.30. «La mostra in realtà è un progetto del collettivo femminista catanese RivoltaPagina – spiega Arcara – che in passato ha allestito in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre la mostra Anche la cancellazione è violenza. Con lo scopo di evidenziare la scomparsa della figura femminile dalla storia. Oltre che la cancellazione fisica di cui, purtroppo fino a stamattina, ci tocca leggere sui giornali».

Il Centro studi di genere Genus, di cui la docente fa parte, ha invitato le RivoltaPagina a collaborare e unire le forze e le conoscenze in occasione della Notte europea dei ricercatori, che coinvolge l’ateneo di Catania insieme a quelli d’Italia e d’Europa. «Parlando di sapere universale neutro possiamo sottolineare come già nel titolo dell’iniziativa nazionale si usi il linguaggio maschile neutro: Notte dei ricercatori, le ricercatrici sono inglobate nel maschile come Eva costola di Adamo», fa notare Arcara, che chiarisce come «per cambiare il linguaggio bisogna cambiare i rapporti di potere tra le classi di sesso, che reggono il sistema patriarcale, e non basta solo declinare al femminile le parole se poi le asimmetrie restano». Il Centro studi di genere Genus, unico in Sicilia e tra i pochissimi del Sud Italia, è nato nel 2014 all’interno del dipartimento di Scienze umanistiche dell’università di Catania proprio dal desiderio di tante docenti dell’ateneo che si occupano di critica letteraria femminista e di sguardo di genere sui saperi. Perché spesso quel sapere che si fa passare per universale e neutro nei fatti è maschile, visto che per secoli le donne sono state escluse dall’accesso agli studi accademici. E anche dopo, materialmente, dalle posizioni di prestigio e di potere. Relegate al lavoro di cura domestica e familiare.

«All’inizio ero un po’ perplessa sull’impostazione della mostra voluta dalle direttive europee su donne e scienza, perché temevo che ancora una volta ci meravigliassimo del fatto che le donne, alcune, quelle geniali, sanno fare persino i calcoli. Quello che invece ci preme è parlare delle donne scienziate in un contesto più ampio che comprende tutto il femminile escluso da qualunque tipo di sapere. Perché la situazione delle scienziate non è diversa da altre figure femminili della storia, che hanno realizzato cose degne di nota in ogni ambito dello scibile umano». Attraverso l’esposizione vengono messe in luce alcune delle figure che hanno dato un forte impatto alle scoperte di cui tuttora usufruiamo, anche nella nostra quotidianità. Chi poteva immaginare, per dirne una, che l’attrice hollywoodiana Hedy Lamarr fosse una delle inventrici del sistema di trasmissione di comunicazione sul quale si basano wifi e bluetooth?

Ma perché, allora, le donne vengono cancellate dalle pagine di storia? «C’è un privilegio maschile che vuole tenersi stretto il potere legato al sapere e che ancora oggi perdura. Se da una parte è vero che si dice (e anche le donne stesse lo dicono, forse per auto convincimento) che ormai siamo pari ed emancipate, basta guardare i programmi di letteratura italiana, materia che studiano tutti e tutte, per rendersi conto che le donne sono assenti o minimamente rappresentate, considerate autrici minori e marginali». Le donne, dunque, sono ancora discriminate. E lo si evince dalle bassissime percentuali di docenti ordinarie o rettrici universitarie, nonostante la maggioranza di donne universitarie e ricercatrici. Numeri che scendono man mano che si sale nella scala gerarchica degli atenei.

«Le scienziate della mostra sono state scelte dalle donne di RivoltaPagina, affascinate e incuriosite da figure che rientrano in un ampio spettro cronologico, dalla medica della scuola salernitana studiosa del Medioevo a Rosalind Franklin alla quale si deve, tra le altre cose, la scoperta della struttura del Dna e che è stata depredata del Nobel dai colleghi maschi, che l’hanno privata del riconoscimento che meritava». «La mostra, che non ha pretese scientifiche nel senso comunemente inteso, ha l’ambizione di proporre un uso critico e consapevole della vecchia storia e di contribuire alla nascita di una storia nuova – commentano le RivoltaPagina, che aggiungono – Cercando queste donne una per una vogliamo segnalare un metodo di ricerca che dia immagine e corpo al nostro desiderio di ri-generarle, richiamandole sulla scena del presente per goderne oggi i meriti».


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