Beni culturali, dieci milioni per recupero e fruizione Quasi la metà per il rilancio dell’Anfiteatro romano

Il decreto dell’assessorato regionale ai Beni culturali reca la data del 18 settembre. Sei cartelle vergate dal dirigente generale Sergio Alessandro. Le prime cinque sono prescindibili, infarcite come sono di visto, considerato e ritenuto, capisaldi del burocratese. Poi però si giunge alla tabella che indica i progetti finanziati dal Po Fesr 2014/2020 (Programma operativo Fondo europeo di sviluppo regionale): per la città di Catania, ci sono quasi nove milioni di euro spalmati su quattro siti da recuperare e valorizzare. Anche le modalità di fruizione in alcuni casi deludenti nelle cifre – vanno efficacemente implementate. I luoghi che beneficeranno di questa pioggerella di denaro sono l’Anfiteatro romano di Catania, la chiesa di San Francesco Borgia, casa Verga e le terme romane di Santa Venera al Pozzo, che si trovano ad Aci Catena. Facendo la tara agli immancabili intoppi burocratici, tutti gli interventi potrebbero partire nei primi mesi del prossimo anno, in qualche caso entro il 2018. 

Per effetto di un passaggio di competenze consumato pochi mesi fa, ad occuparsi di bandire le gare non sarà la Soprintendenza ai Beni culturali, bensì il Polo archeologico regionale di Catania dallo scorso 29 settembre guidato da Gioconda La Magna. Una novità che riguarda tutti i beni demaniali. Gli uffici della Soprintendenza potranno però esprimere un parere sugli aspetti progettuali di sua competenza, in primis la tutela dei luoghi. Il primo bene di questa breve rassegna è l’Anfiteatro romano, un tempo necropoli, costruita in epoca imperiale. Una sezione della struttura è visibile da piazza Stesicoro. Ebbene, per il rilancio dell’intera area ci sono quasi quattro milioni e 700 mila euro. «Ma in realtà i progetti sono due – spiega a MeridioNews il professor Fabrizio Nicoletti, archeologo e funzionario direttivo del polo archeologico – un riguarda i lavori di restauro, l’altro la valorizzazione: il primo da circa 500mila euro, il secondo da tre milioni 800mila euro». Il restauro coinvolgerà l’intero anfiteatro: la parte visibile al centro della città, ma anche gli ambienti sotterranei. Verrà inoltre riqualificato l’impianto elettrico.

Per quanto attiene alla valorizzazione, c’è il tentativo di portare il parco romano nel futuro, con un progetto di fruizione multimediale, per cui verranno impiegate tecnologie 3d, che comprende più in generale l’area di Catania antica, di cui l’anfiteatro è un epicentro. Una «camera immersiva» – all’interno della quale sarà possibile visualizzare in figura tridimensionale l’intera zona e le sue bellezze – verrà allestita alle Terme della Rotonda. Al teatro, invece, verrà istituito un plesso didattico che permetterà agli studenti di accedere all’area attraverso un sistema computerizzato e interattivo. 

Per la casa museo di Giovanni Verga, che si trova in via Sant’Anna, sono previsti 200mila euro. Serviranno in parte per effettuare lavori di adeguamento strutturale dell’edificio e piccoli restauri, e in parte – anche qui – per il potenziamento della fruizione con tecnologia digitale. Quanto alla chiesa di San Francesco Borgia, c’è un progetto della soprintendenza, realizzato prima che il bene venisse preso in carico dal polo archeologico, e uno di quest’ultimo. Entrambi da circa 500mila euro. Per prima cosa verranno smantellati gli apparati espositiviparticolarmente usurati, poi si procederà al restauro completo della chiesa, con il ritorno degli elementi ecclesiastici (come calici e ostensori) originali e dei quadri, alcuni dispersi dall’Ottocento e ora recuperati

«Santa Venera al Pozzo è una spina nel fianco», ammette Nicoletti. Le terme romane situate ad Aci Catena, secondo l’archeologo, «sono un luogo stupendo, inutile dirlo, ma un po’ ammucciato (nascosto, ndr). Il grande problema è farlo scoprire. Ci vorrà massiccia comunicazione. E dobbiamo cominciare da zero». Qui il Po Fesr prevede un milione e 650mila euro. «C’è anche un progetto di fruizione – aggiunge Nicoletti – ma se non azioniamo un tam tam sui social e su altre fonti, arrivando alla gente comune, non partiamo».  


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