Sant’Agata, le associazioni possono essere sciolte Comitato legalità: «Arcivescovo faccia chiarezza»

Possono essere commissariate e, per gravi motivi, anche sciolte. Le associazioni religiose seguono le regole del diritto canonico e sono sottoposte alla vigilanza, nonché al riconoscimento, dell’arcivescovo. Così Salvatore Gristina, se lo ritenesse opportuno, potrebbe fare tabula rasa dell’associazione Sant’Agata cattedrale e ripartire da zero, senza l’ingombrante ombra della presenza di pregiudicati per droga e mafia nei pressi del fercolo della Santa patrona della città di Catania. «Ci siamo rivolti a un esperto di diritto ecclesiastico, per capire quali siano i limiti per l’intervento della Chiesa nelle associazioni che a essa fanno riferimento: i canoni 305, 318 e 319 parlano chiaro». Ne è sicuro Renato Camarda, del Comitato per la legalità nella festa di Sant’Agata, che questa mattina ha tenuto una conferenza stampa per chiedere a grande voce non tanto lo scioglimento dell’associazione quanto che il vescovo Gristina faccia chiarezza pubblicamente su quanto raccontato da MeridioNews il 20 agosto 2018, in merito a presenze sospette in luoghi simbolo delle celebrazioni agatine.

«Rispetto a quell’articolo non sono mai arrivate smentite e, addirittura, in una lettera che ci ha inviato, il vescovo dice di avere appreso quelle notizie come noi. Cioè, immaginiamo, dalla vostra testata», continua Camarda. Ma com’è possibile che colui che, secondo diritto canonico, dovrebbe essere responsabile di quanto avviene nelle associazioni agatine, «non sappia ciò che accade sotto ai suoi occhi?». Dalla Cattedrale hanno fatto sapere al Comitato che è in corso una revisione degli statuti delle congregazioni, modifica che potrebbe prevedere anche riferimenti alla presenza di pregiudicati. O vincoli temporali per i mandati delle cariche elettive: «Claudio Baturi, per esempio, è presidente dell’associazione dal 1996. Sono quasi 23 anni», prosegue l’esponente dell’associazione antimafia Libera e, da anni, rappresentante del Comitato che si batte affinché le celebrazioni agatine cambino in meglio. «Quello che è emerso è sconvolgente e su questo bisogna fare chiarezza subito, prima della festa. Il tempo c’è».

«Siamo consapevoli che, in tempi più bui di questi, l’esistenza del Comitato è stata una sorta di parafulmine per le critiche sulla festa. Si diceva: “Ma come, a Catania c’è il Comitato per la legalità”, facendoci fare un po’ la figura degli utili idioti», interviene Resì Ciancio. «Il punto è che riformare la festa sotto il punto di vista delle bancarelle degli abusivi è un discorso che, senza volerlo sminuire, riguarda le piccole cose – prosegue Ciancio – Questa, invece, è una questione di sostanza: l’arcivescovo non sapeva? E se sapeva, perché non se n’è occupato? Siamo stati accusati spesso di fare allarmismo, lo stesso Baturi ci ha invitati più volte a cambiare nome. Adesso, però, è urgente agire». E se è vero che alcuni passi avanti, in questi anni, sono stati fatti (le isole della legalità, il regolamento delle candelore, i controlli sui ceroni accesi), è vero anche che «la Chiesa deve un riscontro alla città». 


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