Paradosso dell’estorsione dall’associazione antiracket Campo: «Stiamo attenti, questo per me è un lavoro»

«Stiamo attenti,
questo per me è un lavoro e tu lo sai che non voglio ricordare nulla […] ma nel caso noi dovessimo riuscire ad avere quello che compete a te […] il 5 per cento me lo riconosci». A parlare al telefono non sapendo di essere intercettato è Salvatore Campo (classe 1943), presidente dell’Associazione siciliana antiestorsione (A.Si.A.) nata nel 2008 con sede ad Aci Castello. Campo è indagato nell’ambito dell’operazione My racket per falso ideologico e peculato e per estorsione continuata. Dall’altro lato della cornetta c’è una delle vittime seguita dall’associazione proprio per avere subito estorsioni e usura dalle organizzazioni mafiose. La percentuale cui fa riferimento sarebbe stata da applicare al fondo di solidarietà ottenuto dalle vittime

È con queste modalità, messe nero su bianco anche su una
scrittura privata con alcuni dei 150 soci dell’associazione, che Campo si sarebbe appropriato di 70mila euro (di cui 37mila di fondi pubblici che sono stati sequestrati). La finalità del documento privato fatto firmare alle vittime ma non registrato sarebbe stata quella di fare passare come donazioni volontarie le somme, in realtà, estorte. «Un paradosso», lo hanno definito i finanzieri descrivendo il sistema per cui vittime di estorsione e usura che si sarebbero rivolte all’associazione antiracket ma sarebbero finite di nuovo vittime di estorsione da parte di chi avrebbe dovuto sostenerle.  

Tre sono gli episodi che hanno portato i
finanzieri del comando provinciale di Catania, su delega della procura, a eseguire l’’ordinanza del gip etneo di applicazione degli arresti domiciliari. Sono due i casi in cui Campo sarebbe riuscito nel suo intento creando tra gli associati «un clima di soggezione e di intimidazione». Nel primo caso, il presidente di Asia avrebbe ottenuto, in due tranche, 1.500 euro dai familiari di una vittima uccisa dalla criminalità organizzata che avevano anche assistito all’omicidio del familiare. La minaccia per farsi elargire i soldi sarebbe stata quella, in caso contrario, di interrompere la sua assistenza per il riconoscimento di ulteriori benefici spettanti per legge. «Ah, un poco di ossigeno […] Mi ha portato mille euro, così i soldi della pensione non li tocchiamo», dice Campo dopo avere ricevuto una prima parte dei soldi, parlando al telefono con una parente.

Nel mirino di Campo, che avrebbe selezionato i soci dell’associazione solo se fossero risultati «
buoni pagatori», è finito anche un cittadino straniero titolare di un bar costretto a versare tremila euro in contanti. Il timore, indotto da atteggiamenti intimidatori, anche in questo caso sarebbe stato quello di non essere più adeguatamente seguito nel disbrigo delle pratiche necessarie per ottenere il saldo del risarcimento spettante per legge. A rifiutarsi di assecondare le sue pretese di denaro sarebbe stato, invece, il gestore di una libreria già vittima di estorsione e usura cui Campo avrebbe chiesto il tre per cento della somma percepita. In una circostanza, inoltre, il 75enne avrebbe anche consigliato a un associato di farsi attestare da un medico compiacente una falsa patologia al fine ottenere illegittimamente un maggiore contributo dallo Stato

A dare forza al suo
potere intimidatorio sarebbero state anche le informazioni che avrebbe avuto sui tempi delle liquidazioni dei fondi pubblici in favore delle vittime. Queste notizie sarebbero state utilizzate da Campo non solo per ricordare, con insistenza, agli associati l’impegno preso con la scrittura privata ma anche per utilizzarle con terzi. Come nel caso in cui il presidente di Asia avrebbe riferito a un elettricista, nei confronti del quale un suo associato aveva contratto un debito, che quest’ultimo aveva già ricevuto dei soldi per cui avrebbe potuto saldare. L’informazione Campo l’avrebbe fornita all’uomo in cambio di uno sconto di 500 euro su lavori nella sua abitazione. «Anche questo è prova di un uso personale e privato dell’associazione», sottolineano le fiamme gialle.

Dagli estratti bancari è emerso l’
utilizzo personale dei fondi dell’associazione da parte di Campo, mediante l’emissione di assegni circolari fatti confluire in conti personali o per il pagamento di spese non attinenti agli scopi. In pratica, Campo avrebbe utilizzato per fini personali il conto corrente intestato all’associazione, nel quale affluiscono oltre ai contributi riconosciuti dalla Regione siciliana anche donazioni volontarie. Oltre ai tre casi accertati, molti sono gli associati ascoltati durante le indagini (che hanno preso in considerazione l’ultimo anno di attività dell’associazione a partire da maggio del 2017), scaturite dalla segnalazione di un’altra associazione antiracket operante sul territorio che ha accolto uno dei soci fuoriusciti da Asia, che ha raccontato il modus operandi. «È una associazione, ma non è il mondo delle associazioni», tengono a precisare i finanzieri.  

Frattanto, scrive l’Ansa, Il prefetto di Catania Claudio Sammartino, ha disposto, «alla luce delle risultanze dell’attività di Polizia giudiziaria concernente il signor Campo Salvatore, presidente dell’Associazione Siciliana Antiestorsione (Asia), con sede in Aci Castello, la sospensione, con effetto immediato, dell’iscrizione dell’associazione dall’apposito registro prefettizio». Il prefetto ha inoltre avviato il procedimento per la revoca dell’iscrizione. 


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