Il duo Spina-Romeo, gli affari d’oro dei nipoti illustri Scommesse e interessi tra Malta, Spagna e Albania

La famiglia catanese di Cosa nostra – e non solo – lo avrebbe usato come un grimaldello per farsi aprire le porte nel settore delle scommesse online. Un imprenditore, con uno zio dal cognome eccellente, accusato di essersi mosso in simbiosi con un altro nipote con una parentale pericolosa. Da un lato Michele Spina, 46 anni figlio della cognata dell’ex re dei supermercati di San Giovanni La Punta Sebastiano Scuto, e dall’altro Vincenzo Romeo, 39 anni nipote del sanguinario boss mafioso Nitto Santapaola. Spina è accusato di associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta Beta 2della procura di Messina. Sospettato di essere stato un subalterno di Romeo attraverso una società che gestiva, grazie a una concessione statale, 24 sale e 71 punti scommesse. Si chiama Primal e nel 2006 era riuscita a investire 11 milioni di euro per vincere un bando dei Monopoli di Stato. Soldi sui quali si allungano tante ombre non solo legate alla mafia siciliana ma anche a ‘ndrangheta e Sacra corona unita pugliese. Le basi del connubbio Spina-Romeo sarebbero state gettate da un altro catanese: Giovanni Marano. Pienamente inserito nel settore del gioco d’azzardo anche in virtù della parentela con Antonio Padovanire dello slot machine etneo considerato vicino ai Santapaola.

In quella sede mi fu garantita l’aggiudicazione del bando 

I finanzieri di Lecce si interessano a Spina e Primal nel 2007, ricostruendo la rete di aziende che insieme all’imprenditore originario di Acireale avrebbero stipulato dei contratti preliminari per avere gli affidamenti dopo l’eventuale vittoria del bando statale. L’inchiesta tre anni dopo viene archiviata dai giudici del tribunale di Roma. L’anno successivo a bussare alla porte del nipote di Scuto sono gli agenti della Direzione investigativa antimafia di Palermo e quelli della Squadra mobile di Catania. Un’indagine svela un presunto sistema di corruzione con la complicità di un dipendente dei Monopoli di Stato, mentre un secondo filone getta sospetti sulle presunte infiltrazioni di Cosa nostra nel settore delle scommesse. Per risalire ai suoi rapporti con Romeo, secondo gli inquirenti, non si può non fare riferimento a Biagio Grasso, imprenditore oggi collaboratore di giustizia. In una delle tante conversazioni con Romeo veniva ricostruito nel dettaglio il metodo attraverso il quale la mafia avrebbe investito su alcuni siti internet per lucrare tra macchinette, poker e scommesse sportive. «Tu fai una cassa ed hai un banco, 50 per cento tu e 50 per cento il gestore. Per queste piattaforme ci sono quelle maltesi e tu guadagni il tre e cinquanta sul giocato della piattaforma».

L’ingarbugliato ingranaggio che Romeo spiegava a Grasso prevede l’affitto di una licenza online su un dominio maltese, così da avere a disposizione una piattaforma personalizzata in cui tutti possono scommettere. I clienti però non giocano attraverso i profili personali e le carte di credito, che sarebbero tracciabili, ma con soldi veri. Gestiti da account aperti dai titolari delle sale compiacenti. I contanti successivamente vengono presi materialmente in mano da persone di fiducia che fanno la spola con l’isola al centro del Mediterraneo, diventata il paradiso internazionale del gambling. Ai guadagni però vengono affiancati dei costi di gestione e delle commissioni variabili in base al tipo di gioco. In contesto in cui si è sempre attenti a nuovi investimenti. Le antenne di Spina sarebbero state puntate anche verso la Spagna: «È un mercato ancora vergine – diceva intercettato – e io ci voglio andare per questo». 

I rapporti del duo Romeo-Spina però non sarebbero stati sempre buoni, tutt’altro. Il presunto capomafia di Messina non avrebbe nascosto il suo risentimento per i troppi debiti maturati dall’imprenditore nel corso degli anni tanto da affermare, senza giri di parole, di volerlo uccidere «come un agnello». Romeo però si limiterà a schiaffeggiarlo davanti una villetta a Letojanni. La rete di relazioni contenute nei faldoni dell’inchiesta Beta 2 puntano anche alla presunta amicizia tra Spina e Sergio Chillè, 43enne dipendente della Camera dei deputati e inserito, secondo la ricostruzione dei magistrati peloritani, nella segreteria dell’ex ministro Ignazio La Russa. Nel 2011 Romeo sarebbe stato presentato al portaborse dei politici «come il nipote di Nitto Santapaola, nonché rappresentante della famiglia su Messina». 

Chillè, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, avrebbe fatto anche da tramite per un incontro con un uomo dei servizi segreti albanesi per l’aggiudicazione dell’appalto per la costruzione del nuovo tribunale di Tirana. «Ci fu un incontro a Milano – racconta Grasso in un verbale – alla presenza anche di un onorevole toscano di cui non ricordo il nome. Fu lui a presentarmi l’uomo albanese. In quella sede mi fu garantita l’aggiudicazione del futuro bando dietro il pagamento del dieci per cento dell’importo complessivo dell’opera». L’affare però non si sarebbe mai concluso a causa dell coinvolgimento dell’ex presidente dell’associazione dei costruttori di Messina Carlo Borrella nell’inchiesta Sistema 2.


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