Blitz scommesse, guai per il vicesindaco di Misterbianco Sotto sequestro il locale del figlio di Carmelo Santapaola

«Sinceramente non lo so perché ce l’hanno sequestrato. Posso garantire che con la nostra gestione è tutto regolare, forse si riferiscono a fatti del passato… Stiamo facendo istanza di dissequestro». Carmelo Santapaola, vicesindaco di Misterbianco, i sigilli che le forze dell’ordine hanno messo all’Orso bianco caffè, in via Milano nel Comune misterbianchese, non se li spiega. Certo, chiarisce, il locale non lo gestisce lui bensì suo figlio, 25 anni, ma delle questioni con l’avvocato si sta interessando ugualmente. Il locale di Monte Palma è rimasto invischiato, come un’altra cinquantina di esercizi commerciali a Catania e in provincia, nella maxi-inchiesta sugli interessi della mafia nel settore delle scommesse sportive illegali. Una triangolazione che da Bari è passata per Reggio Calabria ed è approdata nel capoluogo etneo. La procura di Catania ha firmato d’urgenza i decreti di fermo, per agire in contemporanea con le altre due procure italiane, ma le indagini sono più ampie e, soprattutto, ancora in corso. Secondo i magistrati, però, una cosa è certa: è ancora il clan Santapaola-Ercolano a gestire un giro d’affari milionario e i rapporti con ‘ndrangheta e Sacra corona unita.

Ed è proprio con l’accusa di associazione mafiosa che sono finite in manette oltre una decina di persone, ritenute legate alla famiglia di Cosa nostra catanese, che avrebbero tenuto in piedi un sistema fatto di centri scommesse che, dietro a un ombrello legale, nascondevano l’accesso a sistemi illeciti. Tramite i quali costruire un impero fatto di decine di milioni di euro annui di incassi. Tra gli esercizi commerciali su cui la magistratura vuole vederci chiaro c’è anche quello che gestito dal figlio 25enne del vicesindaco misterbianchese. «Noi abbiamo aperto nel 2009 – dice il politico a MeridioNews – Poi nel 2013 siamo diventati Intralot e nel 2015 PlanetWin365». Marchio, quest’ultimo, che adesso ha cambiato proprietà ma che prima era rappresentato in Sicilia da Fabio Lanzafame (master regionale e oggi pentito sui generis) e a Catania e provincia dai fratelli Carmelo e Vincenzo Placenti (master per l’area etnea).

Una scelta non casuale. Secondo la procura, gli ex proprietari di PlanetWin365 (e cioè i vertici della holding SKS365, individuati in P. T. e I. I.) avrebbero nominato proprio loro garantendogli assistenza tecnica e commissioni agevolate «nella consapevolezza dell’appartenenza mafiosa dei Placenti» alla famiglia Santapaola-Ercolano. Il vicesindaco misterbianchese, al momento, nega di avere ricevuto ulteriori comunicazioni dalla magistratura. «Ci hanno dato solo la carta del sequestro dai carabinieri, quella mattina», sostiene. E poi nient’altro. Alla domanda se conoscesse i fratelli Placenti, però, si irrigidisce e preferisce non rispondere. Riagganciando in fretta la conversazione telefonica.

Grazie alla forza dei quartieri, Carmelo Santapaola riveste da oltre un decennio un ruolo chiave nella politica di Misterbianco. L’anno scorso la lista Unione civica per Misterbianco Santapaola, con il cognome del vicesindaco usato a mo’ di simbolo, incassa oltre duemila voti alle Amministrative vinte dall’eterno Nino Di Guardo. Un successo roboante, costruito sull’allora sorprendente patto fra quest’ultimo e il deputato Ars del Pd Luca Sammartino, sotto la cui ala Carmelo Santapaola si colloca ormai da diverso tempo. I sammartiniani portano in dote, in conto a varie liste, oltre seimila voti al primo cittadino riconfermato. Che ricambia nominando Santapaola suo vice e, soprattutto, passando sopra gli screzi di tre anni prima.

Nel 2014 Di Guardo sfiduciò platealmente colui che già allora era il numero due al Comune di Misterbianco. Un primo accordo risaliva, infatti, alle Comunali del 2012: Santapaola – all’epoca consigliere eletto nel centrodestra locale, in una lista patrocinata dall’ex deputato Angelo Lombardo – sposa il ritorno in campo di Di Guardo e ne diviene vicesindaco. Due anni dopo, però, mentre in città infuriano le polemiche sulla discarica di Tiritì, il primo cittadino accusa Santapaola, e altri consiglieri nel frattempo transitati con Sammartino, di ostacolare la sua «battaglia» per la chiusura del sito gestito dall’Oikos. Scattano le dimissioni e i due si lanciano fendenti anche a mezzo stampa. Tutto però, tre primavere più tardi, diventa acqua passata: Di Guardo torna in municipio per la quarta volta e al suo fianco c’è il vicesindaco ritrovato Santapaola in giunta assieme ad altri sammartiniani. A Lineri, Monte Palma e sezioni vicine, la coalizione Di Guardo-Sammartino superò il 60 per cento.


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