Mafia, giornata della memoria ad Augusta «Mezzo dei cento passi verso la legalità»

Bandiere, striscioni colorati, suon di tamburi e in testa al corteo una melodia di flauti dolci intonata dagli alunni della scuola media G.M. Columba di Sortino: promossa dall’associazione Libera, quest’anno la XVII Giornata provinciale della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime delle mafie s’è tenuta ad Augusta. Una lunga marcia festosa – che partita dalla borgata, ha attraversato il centro storico dell’Isola – preceduta dalla cerimonia d’intitolazione a Peppino Impastato della via d’ingresso alla città. A scoprire la targa – accanto al primo cittadino Massimo Carrubba – Giovanni, fratello del fondatore di Radio Aut. «Un segnale importante che alimenta la nostra memoria storica – commenta Giovanni – che in passato qualcuno ha cercato di cancellare». Il riferimento è all’episodio di Ponteranica, comune del bergamasco, dove «un sindaco leghista, reazionario e fascista si è permesso di rimuovere il nome di Peppino dalla biblioteca comunale». Un atto, quello del sindaco Cristiano Aldegani, che provocò la reazione indignata dell’opinione pubblica e proteste in tutta Italia. Per dare un senso alle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, «insieme agli studenti e agli insegnanti, nelle scuole, oltre all’attività antimafia, dovremmo iniziare a praticare l’antifascismo e l’antisecessionismo – suggerisce Impastato – Altrimenti, la legalità ce la possiamo sognare».

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Nel mese di gennaio, il racket mafioso ad Augusta è tornato a farsi sentire con intimidazioni piuttosto eclatanti. Proiettili e bottiglie incendiarie sono stati recapitati ad alcuni imprenditori e artigiani dell’area produttiva Meccano 2, vittime che però «non hanno pagato il pizzo e si sono ribellati – ricorda Paolo Caligiore, coordinatore provinciale delle associazioni antiracket di Siracusa – E con loro si sono ribellate le istituzioni, la gente, la società civile».

«Abbiamo scelto Augusta proprio per rispondere all’offensiva del racket e delle estorsioni e agli atti intimidatori ai danni di alcune imprese ed esercizi commerciali – spiega Giusy Aprile, coordinatrice di Libera Siracusa – Siamo venuti qui per sostenere il bello, il positivo e le meravigliose esperienze maturate dalle scuole e dalle associazioni impegnate nel territorio». Tra queste ultime anche l’associazione antiracket che, per bocca del presidente Antonino Valenti, denuncia «nonostante le promesse del sindaco, la mancanza di una sede istituzionale mai messa a disposizione» che costringe gli associati a prendere in affitto locali privati.

Circa 1500 i partecipanti. Tra questi un folto numero di istituti scolastici provenienti dai diversi comuni della provincia di Siracusa. Tanti studenti, certo, ma «per una città come Augusta, la manifestazione mi è sembrata davvero piccola – dice Carmelo Giummo, docente del liceo Mègara – Mi aspettavo una manifestazione grande e rilevante, che coinvolgesse maggiormente gli istituti superiori e non soltanto le scuole». E’ sicuramente un primo passo ma «al di là dei cortei – continua Giummo – la mobilitazione reale contro il clientelismo mafioso e non solo, ammesso che si possa fare questa distinzione, dovrebbe essere quotidiana, capillare e volta a ricreare l’etica degli italiani».

Per Alessio Di Modica, dell’associazione Casa Comune «Queste iniziative sono molto
importanti, ma sono soltanto tasselli piccolissimi, mezzo dei famosi cento passi che si dovrebbero fare per una cultura di legalità e di lotta alla mafia. E la nostra città in questo è ancora indietro». Soddisfatto ed entusiasta, invece, è parso il sindaco Carrubba, per la partecipazione e «per essere stati per un giorno al centro dell’attenzione della provincia».

«Mi è stato chiesto di venire qui e mi sono domandato: dove, se non qui?», con queste parole Renato Franceschelli, prefetto di Siracusa, ha aperto il suo intervento sul palco di piazza Risorgimento, «testimoniando la vicinanza dello Stato ad una popolazione fatta di giovani, di scuole e di associazionismo che merita di essere supportata in ogni modo» e ricordando commosso la figura del conterraneo Giancarlo Siani: «Un giovane, mio compagno di liceo, che aveva solo un torto, quello di voler fare il giornalista in una cittadina difficile dell’hinterland napoletano, qual è Torre Annunziata, raccontando ciò che, con onestà, vedeva e approfondiva». E, ancora, per la questione dell’indisponibilità di una sede dell’antiracket megarese – segnalata da Valenti – lo stesso Franceschelli si è detto intenzionato a «risolvere il problema, magari concedendo uno dei beni confiscati alla mafia che esistono in provincia».

 


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