Giovani startup all’ombra del vulcano «Qui è difficile farsi prendere sul serio»

Innovazione vuol dire rischio, scommessa. E scommessa significa impegno, quindi crescita. Sono queste le premesse per l’inizio di un progetto. Questi, oltre l’importanza del lavoro di gruppo, la determinazione e la fiducia tra i collaboratori, i punti di partenza per fare impresa e avere successo.

A Catania se n’è discusso venerdì 23 marzo durante l’incontro Impresa e Territorio, organizzato dai giovani di Confindustria al centro fieristico Le Ciminiere, per aprire un confronto concreto tra l’impresa locale, gli enti e le istituzioni che la circondano. Un’occasione per valutare assieme – investitori, professionisti di vari settori, università e giovani innovatori – l’importanza di conoscere e saper valorizzare i punti di forza del territorio in cui si lavora.

«Il principale ostacolo all’impresa deriva dal contesto», sostiene Antonio Perdichizzi, presidente dei Giovani Confindustria di Catania. «Quello che fa la differenza – spiega – è l’orientamento culturale». «Non sono i finanziamenti che mancano – sostengono i giovani imprenditori ai piedi dell’Etna – ma la giusta sensibilità nel sostenere chi fa impresa. C’è diffidenza nei confronti di tutto ciò che è innovativo. E questo meccanismo genera decrescita».

A sovvertirlo, però, ci provano i giovani che, nonostante le difficoltà del fare impresa al Sud, hanno scelto di tornare chi dall’estero, chi dal Nord Italia per lasciare il posto fisso e scommettersi nella loro città, Catania. Sono giovani, competenti e determinati. Tra loro, a prendere la parola in sala, Giuseppe Suriani, fondatore di Eralos 3 e ideatore dei SolarWritingadesivi fotovoltaici per indumenti capaci di ricaricare cellulari e altri dispositivi. Ma anche Barbara Labate, ideatrice di RisparmioSuper, un’applicazione web per confrontare le offerte dei supermercati. «Qui, quando parlo di quello che faccio, nemmeno i miei amici – e parlo di coetanei – mi prendono sul serio», racconta Barbara. «E’ persino difficile trovare dei locali in affitto perché “noi siamo quelli che lavoriamo sul web”, quindi siamo visti come persone che non danno garanzie, che non sono concrete. Invece all’estero, negli Stati Uniti, l’innovazione è il settore su cui si investe di più».
«Fare impresa a volte è un’impresa», dice Fabrizio Garufi, fondatore insieme a Luigi Tummino e Alberto Cavallaro di TechLab Works, società di Mascalucia specializzata in sistemi di sorveglianza e dispositivi medicali (come la cartella clinica elettronica). «Manca la sensibilità verso lo sviluppo e la sfida che comporta finanziare delle nuove creazioni».

Tra i giovani, storie di chi parte e poi ritorna, ma anche di chi Catania non ha mai pensato di lasciarla, come Salvatore Mica, fondatore della E-Ludo Interactive e organizzatore della prima Global Game Jam in Italia, a Catania. E di chi ha iniziato da studente, come Mario Scuderi, il più giovane tra gli innovatori presenti, fondatore di Youth Hub, il primo incubatore di impresa italiano gestito interamente da universitari.

Abbiamo chiesto ad alcuni di loro, giovani e audaci scommettitori del loro futuro e del futuro dell’impresa locale, cosa vuol dire creare una startup a Catania. Ecco le loro risposte.

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Mettere insieme idee e risorse locali per rilanciare il mercato. Questo il tema dell'incontro Impresa e Territorio organizzato dai Giovani di Confindustria alle Ciminiere di Catania. Tra investitori e  professionisti anche gli innovatori etnei. Età media trentanni, tanta determinazione e voglia di scommettersi nella loro città. Ma non basta. «Serve un cambiamento culturale, che dia fiato all'innovazione», dicono

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