I sindaci siciliani e i possibili limiti ai negozi etnici Da Palermo a Catania: «Da noi non sono problema»

Quello dei «negozietti etnici», per usare l’espressione del ministro Salvini, non è un problema che riguarda la Sicilia. Si potrebbe sintetizzare così il pensiero delle amministrazioni delle tre città metropolitane, davanti alla novità introdotta dal decreto Sicurezza, da poco convertito in legge dal parlamento. La norma, inserita nell’ampio ventaglio di misure che a detta del titolare del Viminale contribuirà a rendere più tranquille le esistenze degli italiani, nell’Isola registra un’accoglienza tiepida

A dirlo sono gli assessori al ramo delle giunte Orlando, Pogliese e De Luca, che, nonostante le diverse distanze rispetto al governo nazionale a guida Lega-M5s, ammettono di non essere particolarmente interessati, almeno per il momento, alle opportunità che la nuova legge offre ai primi cittadini in merito alla regolamentazione delle attività che offrono cibi e bevande anche a tarda ora. La norma interviene sul Tuel (il testo unico degli enti locali) nella parte riguardante le competenze del sindaco e del presidente della Provincia. Nello specifico estende anche alle zone lontane dal centro, ma «comunque interessate da fenomeni di aggregazione notturna», il potere del sindaco di limitare – per un massimo di 30 giorni – gli orari di vendita non solo, come finora accaduto, delle bevande alcoliche ma anche di cibo pronto per il consumo immediato

La novità è stata letta da molti come volontà di imporre una stretta a venditori di kebab e simili. Tesi favorita dallo stesso Salvini che, per quanto abbia assicurato non si tratti di un’iniziativa generica contro i negozi stranieri, lo scorso mese ha affermato che diversi negozietti etnici «la sera diventano ritrovo di ubriaconi, spacciatori e casinisti». Il capo del Viminale aveva anche immaginato di disporre la chiusura degli esercizi commerciali alle 21; indirizzo poi rivisto, lasciando la decisione ai sindaci. Ma cosa potrebbe cambiare concretamente per gli abitanti delle tre principali città siciliane considerato che la legge potrebbe interessare non solo i take away etnici, ma anche tavole calde, camion dei panini, e più in generale la vastissima offerta in fatto di cibo di strada? Stando alle dichiarazioni degli amministratori, gli amanti del pane con la meusa a Palermo, delle scorpacciate di carne lungo la via Plebiscito a Catania o del taione a Messina possono dormire sonni tranquilli. Nessuna stretta è in vista.

«Palermo è una città che a livello di sicurezza non ha bisogno di ulteriori restrizioni – commenta Sergio Marino, assessore allo Sviluppo economico e alla Vivibilità della giunta Orlando -. Abbiamo già un regolamento che riguarda le aree della movida e che ci consente di gestire a pieno le attività, senza bisogno di fare riferimento al decreto Sicurezza. I negozi etnici? Il sindaco ha una storia e una cultura che non scopriamo oggi, non saranno mai un problema per questa amministrazione». 

Se la posizione del primo cittadino palermitano in fatto di accoglienza è conosciuta, si potrebbe pensare che le cose siano diverse a Catania, dove tra i primi atti ratificati dalla giunta di centrodestra guidata da Salvo Pogliese c’è stata un’ordinanza anti-bivacco che ha fatto discutere, così come le posizioni del vicesindaco e salviniano di ferro Fabio Cantarella, che detiene la delega alla Sicurezza, sulla presenza di vaste comunità di migranti in alcuni quartieri popolari. Le cose però stanno diversamente. «L’attenzione alla quiete pubblica da parte di questa amministrazione è alta e tale rimarrà – spiega Cantarella -. Questo non significa che useremo le disposizioni della nuova legge, è uno strumento in più ma che verrà usato solo se si creeranno le condizioni». Criticità che al momento, parlando di negozi etnici, non ci sono. «Non ci risultano segnalazioni di problemi – prosegue Cantarella -. Le lamentele sono arrivate da parte dei residenti in alcune zone dove ci sono schiamazzi e situazioni su cui già siamo intervenuti, da una parte con le sanzioni e dall’altra intavolando un confronto con gli esercenti». Di avviso simile è anche l’assessore alle Attività produttive Ludovico Balsamo. «I problemi legati al disturbo della quiete non hanno a che fare con una categoria specifica di attività ristorative – commenta -. Semmai nel caso dei venditori di kebab si può sollevare una questione di decoro legata alla tipologia di insegne che spesso questi negozi usano e che poco si addicono al centro storico. Ma è un tema – sottolinea Balsamo – che riguarda anche altri esercenti ed è per questo che molto presto interverremo per regolare un settore che per anni è andato avanti senza regole».

A completare il coro è Dafne Musolino, la persona scelta dal sindaco di Messina, Cateno De Luca, per occuparsi di attività produttive e commercio. «In questo periodo stiamo aprendo un tavolo con le associazioni di categoria per trovare un accordo sul regolamento da adottare nelle principali zone in cui si trovano le attività ristorative – dichiara Musolino -. Questo codice prevederà il divieto di somministrazione di bevande d’asporto in contenitori di vetro, una limitazione dei giorni in cui si potrà fare musica all’aperto, oltre a una serie di strategie commerciali per favorire l’uso dei parcheggi scambiatori». La volontà di tenere sotto controllo quanto accade nella movida ha poco a che vedere con il decreto Sicurezza. «I negozi etnici? Non mi risulta abbiano mai dato problemi, e comunque mai ne farei una questione generale», conclude l’assessora. 


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