Etna patrimonio Unesco, cosa accadrà? C’è il rischio che rubino anche i cartelli

La notizia è questa: la candidatura del Monte Etna a sito patrimonio dell’umanità è stata accettata dall’Unesco. Entro l’estate del 2013 si saprà se a Muntagna sarà il primo Parco Naturale italiano a far parte di questa straordinaria lista di valore. Un’eccezionalità, si capisce. Tutta siciliana, s’intuisce.

Ma cosa significherebbe una coccarda di questo genere nel petto? Significherebbe vendita del prodotto Etna a cinque stelle sui banconi delle fiere del turismo internazionale. Nove turisti su dieci oggi sono stranieri, e di questi nove la metà sono russi e cinesi, che costituiscono la parte ricca, che però non cammina. Cioè rientra in quella fascia più ampia che non rimane sul posto, ma va via subito, e dunque si tratta sempre del solito leit-motiv: turismo mordi e fuggi. E torniamo alla domanda iniziale: cosa significherebbe allora questo traguardo, per l’ambiente dell’Etna? Proviamo a farla in maniera diversa questa domanda: ai fruitori abituali dell’Etna, cosa cambierebbe? Cioè agli amanti dell’ultimo parossismo, del trekking in quota, ai mountain-bikers, agli sciatori escursionisti e sci alpinisti, ai fotografi naturalisti, insomma a coloro che a qualunque titolo usano frequentare l’Etna, cambierebbe qualcosa in termini di servizi, sicurezza, integrità conservata?

Proviamo a darci una risposta. Veniamo da un inverno come si deve, in cui si è affisso un altro titolone sulla nostra Montagna – i Mondiali di Sci-alpinismo – seguito dal sottotitolo della rabbia e della vergogna per le strade di accesso prima bloccate dalla neve e poi blindate dai lampeggianti. L’assicurazione della viabilità è di competenza della Provincia, che ha fallito totalmente il servizio per il quale però esige il contributo obbligatorio di noi cittadini. E il responsabile, assessore Rotella, non ha pagato e non s’è dimesso. Anzi, ha rilanciato la questione con una proposta indecente (un tunnel di cerchiaggi entro cui passerebbero auto e pullman tra la Montagnola e il bivio del Salto del Cane), pubblicata da La Sicilia.

Il Parco dell’Etna con il Corpo Forestale ha finito di censire le micro discariche abusive all’interno del territorio protetto. La fotografia aggiornata a dicembre 2011 è di circa 270 siti, in cui per molti di questi si tratta di rifiuti pericolosi (lastre di eternit in disfacimento, gomme d’auto usate) in zone spesso frequentate da sportivi in bici e a cavallo. Ricordiamo che polvere di eternit uguale particelle di amianto che se inalate si fissano nell’apparato respiratorio; è l’origine del mesotelioma, un tumore che può essere letale. Ricordiamo che la gomma se bruciata sviluppa diossina (chi si ricorda ancora l’incidente di Seveso quarant’anni fa?), cioè veleno. Il Parco dell’Etna – è l’Ente che ha promosso la candidatura a sito Unesco – però non ha un solo guardaparco, perché anche se nel regolamento è scritto e il concorso è stato aperto, nel 1993, dopo il blocco da parte della Regione Siciliana, è stato definitivamente annullato. Perché l’assessorato al Territorio e Ambiente non ha garantito i soldi. Che è in sostanza la stessa madre che ha voluto la nascita dell’istituzione del Parco. Chi vigila, dunque? Solo il Corpo Forestale, con 6 distaccamenti e sulla carta circa 35 uomini per un territorio di 59.000 ettari, in cui ce ne vorrebbero almeno un centinaio.

L’Etna non è soltanto una montagna, però. E’ il più grande vulcano attivo d’Europa, e frequentemente si fa sentire e vedere, con boati, fontane di lava spettacolari e colonne di cenere che spesso bloccano anche l’aeroporto di Catania. Quest’attività genera la voglia di partecipare alla vita della natura, spostando centinaia – a volte migliaia – di amanti del parossismo vulcanico sulle sue falde. Il modulo è questo: si arriva a un punto in cui si lascia la macchina e si prosegue a piedi, armati di macchina fotografica, treppiedi e binocolo, per godersi lo spettacolo finché ce n’è. Il fatto è che quando si fa ritorno, capita adesso con una certa frequenza soprattutto nel versante sud – che è quello più vicino alla città e alla fascia pedemontana più densamente popolata –, di trovare la macchina aperta e magari senza le quattro ruote. Probabilmente i responsabili sono gli stessi che hanno già asportato i cartelli stradali in metallo lungo i tornanti della SP 92. Per venderli al chilo, in nero, e far cassa. Cioè: disperati della nuova crisi economica; e per questo motivo non si possono che prevedere numeri in aumento, anche per la bella stagione in arrivo.

Siamo arrivati, dunque, a una risposta? Servizi, sicurezza, integrità conservata, sono garantiti ai cittadini?

Dopo una lunga battaglia combattuta come giornalista su La Sicilia, in cui il sottoscritto è passato anche attraverso i toni della provocazione – «visti i non risultati in termini di fruizione, controllo e sicurezza dopo vent’anni di Parco, meglio chiudere la dispendiosa bottega, ridurre i costi e riaprire la saracinesca come Riserva» -, raccogliendo insulti «perché le dichiarazioni minavano i posti di lavoro», da qualche anno e con un po’ di amici si sta provando il terreno dell’associazione di volontariato ambientale. Piuma Bianca inizia a essere una realtà conosciuta nel settore, ed è nata per un vuoto legislativo regionale. In Sicilia non è consentito il volontariato singolo. Cioè, se il cittadino Tizio bussa al Parco dell’Etna e dà la propria disponibilità per un servizio di vigilanza ambientale volontaria – come avviene con successo in altre parti d’Italia (v. il caso simile del Parco Regionale dell’Adamello-Brenta, in cui le Guardie Ecologiche Volontarie sono tali perché riconosciute dal Prefetto) – si sente rispondere grazie, ma non è possibile. Lo statuto speciale della Regione Sicilia ha messo in deroga l’articolo di legge, e riconosce solo il volontariato associativo. Ci credete se affermo che è dal 2010 che Piuma Bianca si è costituita con questa specifica nell’atto, ha divulgato agli enti locali e alle istituzioni la propria disponibilità ad operare fin da subito, e ancora di fatto nessun soggetto pubblico ha risposto? Ci credete che solo con l’Associazione Nazionale Polizia di Stato – in particolare, il presidente è un uomo in pensione che ama la natura e crede anche lui nell’adeguato controllo del territorio – stiamo collaborando con entusiasmo per la formazione di persone adatte a fare servizio a cavallo?

E viene da sperare, perché la differenza nella storia la fanno appunto gli uomini, e non le istituzioni. C’è un’altro uomo che non è presidente né direttore del Parco, ma un funzionario regionale che occupa il posto di commissario – potrebbe svolgere il ruolo come una sorta di autista con marcia e pilota automatici -, che invece sta facendo quello che tutti gli altri direttori e presidenti di prima non hanno mai nemmeno tentato. Appoggiato da un nuovo gruppo tecnico-scientifico, è riuscito a portare il censimento delle micro discariche non sul tavolo del governo, ma su quello dello Stato, cioè del Prefetto. E’ stata denunciata la situazione, si è preso atto di emergenza ambiente, di rischio salute, di necessità di intervento coinvolgendo le forze associative coordinate dalle istituzioni, perché un ambiente protetto senza un’adeguata vigilanza è un controsenso. Si è associato il concetto di ambiente a quello della salute dell’uomo.

I geologi sanno che in natura c’è un elemento che non si può arrestare: l’acqua. Non si può fermare l’acqua nemmeno con le rocce, anzi è l’acqua che le buca e le scioglie. Bisogna che tutti gli amanti dell’Etna, a vario titolo, diventino acqua per sciogliere quel muro di pietra politico che non vede ancora l’ambiente come base per un mondo da vivere. Bisogna sentire il dovere di fare rete e intervenire per il diritto di continuare a godere di questa bellezza che ci appartiene (vedi l’ultima emergenza liquami nel fiume Alcantara, in cui è stato l’intervento dell’associazione Acquaterra a denunciare il fatto iniziando proprio su facebook, e poi la diffusione della notizia affidata al “condividi” generale, perché è la conoscenza dei fatti che porta alla verità e alle responsabilità). Bisogna credere negli uomini che vogliono cambiare questa realtà che non piace, e continuare a sostenerli insieme. Bisogna sentire l’appartenenza alla natura, per resistere a non consegnare la nostra dignità di uomini liberi agli incivili, agli imbecilli e ai delinquenti.

C’è però un problema per l’acqua che bucherà la pietra. Noi non abbiamo molto tempo. Anzi, non ne abbiamo proprio. V’immaginate la notizia di domani: «L’Etna proclamato sito patrimonio dell’umanità». Dopodomani si mettono su i cartelli e dopo tre giorni ci sarà qualcuno che se li sarà fregati!

 

[Foto di Daniele Bazzano]


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