Centro per l’impiego, odissea di una lavoratrice etnea «Il mio contratto a rischio per un foglio da stampare»

Appuntamento fissato per il 6 febbraio. Soltanto che lei il suo contratto avrebbe dovuto firmarlo l’8 gennaio, oggi. È questa la storia di Gabriella (nome di fantasia), trentenne della provincia etnea, che ieri mattina ha cominciato la sua Odissea personale al centro per l’impiego di Catania. «Dovevo semplicemente ricevere la mia Did, cioè la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro – spiega a MeridioNews – Un documento che serve alla sezione risorse umane della mia azienda per potermi fare firmare un contratto a tempo determinato». La storia è, di per sé, molto semplice: Gabriella lavora per un’impresa nel settore delle comunicazioni. Un contratto di collaborazione continuativa della durata di sei mesi che, a partire dall’inizio del 2019, con sua grande gioia, si sarebbe dovuto trasformare in un tempo determinato part-time. «Io sono contentissima, perché per me è una grande cosa – prosegue la giovane – ma speravo che tutto fosse non dico facile, quantomeno non impossibile».

Qualche tempo fa, la donna aveva compilato il formulario online e richiesto tramite il portale regionale il suo documento. «Che però, dopo sei mesi di lavoro, scade in automatico». Così, dopo avere firmato le sue dimissioni dal contratto di lavoro parasubordinato con il quale era inquadrata, è andata al centro per l’impiego per ottenere il rinnovo della sua Did, «perché mi hanno detto che era possibile solo se richiesto di persona». Si presenta negli uffici intorno alle 7.40, mentre un altro collega – nella sua stessa situazione e legato alla medesima azienda – aveva iniziato a fare la fila dalle cinque del mattino. «Io mi sono iscritta come 42esima, e non erano neanche le otto – prosegue Gabriella – Ma tanto, a qualunque orario si vada, è inutile perché all’apertura degli uffici, giustamente, i cittadini vengono smistati in altre liste in base a quello che devono fare».

«Già da subito ci si accorge che qualcosa non va: c’è una sola persona che si occupa di gestire gli utenti in ingresso, che sono centinaia già di mattina presto. Poi si entra e i dipendenti, poverini, lavorano con le sciarpe e i cappelli in testa per via del freddo». Intorno alle 10.30, quando arriva il suo turno, l’impiegata le risponde che «l‘appuntamento per la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro è fissato per il 6 febbraio. Io faccio presente che è troppo tardi, che avrei perso un mese di lavoro e, peggio ancora, che rischiavo di perdere il mio impiego». Ma non c’è nulla da fare. «Non solo: a un certo punto, la dipendente mi dice: “C’è gente che muore per i tumori perché non riesce a prenotare una Tac in tempo, si figuri”».

Gabriella, così, telefona prima alla questura e ai carabinieri, e successivamente si mette in contatto con l’ufficio risorse umane della società con la quale avrebbe dovuto prendere servizio, per tentare di spiegare la situazione. Nel frattempo, il suo collega che era arrivato alle cinque del mattino si ritrova in una situazione analoga: anche a lui viene dato un appuntamento, stavolta per il 30 gennaio. «L’azienda, a quel punto, mi chiede un documento con il quale il centro per l’impiego attesti di avere fissato l’appuntamento per la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro – aggiunge l’aspirante lavoratrice – Richiesta che mi viene negata. Mi dicono, però, di aspettare che finiscano gli incontri in agenda per quella giornata per vedere se si riusciva a trovare qualche minuto per stampare anche la mia Did e quella del mio collega».

In giornata, però, il tempo non si trova. «Troppe persone per troppi pochi impiegati, tutti stressatissimi e talmente pieni di lavoro da non potersi praticamente muovere», prosegue Gabriella. «Soltanto poco prima della fine dell’orario d’ufficio la responsabile delle risorse umane è riuscita a parlare con la dirigenza del centro per l’impiego e a ottenere, per me e per il mio collega, un appuntamento per giovedì mattina. Ripeto: si tratta soltanto di stampare un foglio, sulla base di un format già compilato online. Domani (oggi per chi legge, ndr) inizio un corso di formazione e giovedì sarà un’altra mattinata di assenza. Ma l’alternativa è saltare un mese intero di lavoro». La questione non è – non soltanto – la burocrazia necessaria per iniziare a lavorare, quanto piuttosto «il sottodimensionamento di un ufficio fondamentale. È, in pratica, la disorganizzazione fatta sistema. Tantissime persone si trovavano lì per la richiesta del Rei (il reddito di inclusione, ndr) e molte altre parlavano con speranza del reddito di cittadinanza. Quando si dovrà chiedere quello, come si farà? Io, in più, sono in una situazione privilegiata: il lavoro ce l’ho. Ma chi ne ha bisogno e ha esigenze impellenti come reagirà di fronte a tutto questo?».


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