Come smentire le sette bugie alimentari più note L’impresa nel libro del catanese Celeschi

«Ho letto e sentito una tale quantità di bugie, fake news e leggende metropolitane sul food e sulla pizza da aver capito di dover fare qualcosa». Nasce così il libro che verrà presentato il 13 febbraio alla Feltrinelli di Catania Pizza, quanto ne sai veramente (Bonfirraro editore), che l’imprenditore Marco Celeschi, alla guida de La Corte dei Medici di Catania, ha scritto perché stanco di stare a guardare come il suo piatto preferito venisse sbeffeggiato a destra e manca. «Mi sono armato di coraggio e pazienza – spiega a MeridioNews – per buttare giù queste righe in cui racconto la mia esperienza nel campo della ristorazione e cerco di smentire le bufale che ci stanno dietro, in un tentativo di portare un po’ di buon senso nel mondo del food. Non è dedicato agli addetti ai lavori – chiarisce – ma serve a creare una discussione e far nascere una curiosità nei confronti delle piccole imprese, oltre a porsi come una guida anti fregatura da consultare per chi vuole avvicinarsi a questo mondo».

Perché di storie e leggende in ambito culinario, si sa, ne circolano parecchie. Alcune confermate, altre smentite. Altre ancora tuttora avvolte nel dubbio. Per questo Celeschi tenta nel libro l’impresa di smentire le sette bugie alimentari più celebri, che girano sul web, in tv, sulle riviste, terrorizzando i consumatori. «Una delle bufale più gettonate che si sentono in giro è che la farina 00 è veleno. Se così fosse non sarebbe inserita tra gli alimenti ma in altre categorie di prodotti, insieme all’arsenico o al cianuro. Oppure prendiamo i grani antichi, di cui oggi si parla moltissimo e che hanno sicuramente proprietà interessanti. Ci sono dei produttori da ammirare perché cercano di tirare avanti questo grano, che non ha necessariamente una buona resa. Ma da qua a dire che sono la panacea di tutti i mali ce ne vuole, ecco. Sono le esagerazioni come queste con cui mi sono scontrato nel libro».

Che, molto probabilmente, procurerà le reazioni di addetti ai lavori, dietologi, esperti alimentari e chi più ne ha più ne metta. «Il grande pubblicitario Dan Kennedy – risponde prontamente Celeschi – diceva che se non fai incavolare qualcuno entro mezzogiorno vuol dire che non stai lavorando bene. Quindi se qualcuno leggendo il libro si arrabbia vuol dire che ho lavorato bene, perché ho innescato almeno una curiosità, un intento di fare chiarezza su certe informazioni che si leggono su internet e che a me sembrano inventate o divulgate ad arte per fare audience o acchiappa click. Come quando dicono che il limone guarisce da ogni male, persino dal tumore, facendo passare per magici semplici prodotti».

E i sempre più numerosi programmi televisivi dedicati al cibo, insieme ai social network, sembrano non aiutare alla costruzione del buonsenso generale. «Secondo me sono stati un disastro, perché hanno comportato la spettacolarizzazione di un mestiere fatto di molta ricerca, fatica e sudore che non ha niente a che fare con Masterchef e con quello che si vede in televisione», commenta Celeschi, che all’attività di architetto che pratica da anni preferisce di gran lunga quella di pizzaiolo. Laureato in Architettura ha avuto la possibilità di ristrutturare degli immobili ereditati: una casa di campagna che ha trasformato in agriturismo e un immobile dove ha ricavato la pizzeria che dirige. «Ho capito che scegliere il bel pavimento o come far entrare la luce in una stanza non era tanto importante quanto capire l’edificio su cui lavori cosa ti permette davvero di fare».

E lui a fine lavori non ci ha pensato due volte, cominciando a vendere quelle pizze famose per essere tra le più care in città, ma molto apprezzate dagli intenditori. «La mia pizza è fatta con molto buonsenso, nasce da un assemblamento di farine che abbiamo scelto in modo tale da risultare croccante fuori e morbida dentro. Ci abbiamo lavorato tanto e abbiamo messo a punto un nostro impasto che non consideriamo di certo il migliore del mondo, ma è quello che con le condizioni del nostro locale ha la migliore resa. Per questo la pizza costa di più, esattamente come una Ferrari costa più di una Panda. Cerchiamo di offrire un prodotto onesto, alcuni non lo capiscono e sono troppo fissati sul prezzo per interessarsi alla qualità, altri ci apprezzano e ci seguono con molto interesse, riconoscendo la qualità dei prodotti che usiamo».

Nel libro, però, Celeschi inserisce anche una sorta di guida su come scegliere una buona pizzeria. «Una volta c’erano le guide di esperti che davano consigli per trovare il buon ristorante. Adesso che viviamo in un mondo in cui internet è lo strumento sovrano devi avere delle accortezze quando cerchi, cercando di capire dal sito se il ristorante ha un’identità o meno e dal blog se ha una storia da raccontare».

«Non ho una grande autorità accademica in merito – dice in conclusione – ho l’autorità che deriva dal mestiere. E mentre tutti ascoltano gli scribacchini del web, i blogger e chiunque abbia voglia di dire la sua, pochi ascoltano chi lavora. Diresti a un falegname come deve intagliare il legno o a un programmatore come deve realizzare un programma? Credo proprio di no. Invece tutti scrivono opinioni sul food, sulla pizza, sulle ricette. Ecco perché mi sono fatto coraggio e ho scritto com’è questo mondo visto e vissuto da chi ogni giorno si sbatte sui fornelli in cucina, con la squadra, a favore dello chef, raccontando il dietro le quinte della ristorazione».


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