Palazzo di Giustizia invaso dai ragazzi Arte e memoria per il ventennale di Capaci

«Ero già entrato altre volte in tribunale, ma oggi è per una cosa bella». Mario è un alunno della scuola Angelo Musco di Librino. Uno dei tanti ragazzi che ieri pomeriggio hanno riempito il palazzo di giustizia di Catania, aperto alla cittadinanza in occasione del ventennale della strage di Capaci. Mario passeggia, insieme al compagno di classe Filippo e sotto lo sguardo vigile della professoressa, tra le installazioni artistiche che rendono il corridoio centrale del Tribunale catanese un posto finalmente «vivo». La speranza, ha affermato dal palco il presidente dell’Anm distrettuale, Francesco D’Alessandro, «è entrata nel luogo dove di solito si amministra il dolore». Sedute in prima fila ci sono le istituzioni, dal sindaco Raffaele Stancanelli al procuratore capo Giovanni Salvi, ma dietro è un vociare allegro di giovani, scout, associazioni ed artisti.

Per la prima volta, la commemorazione per la strage di Capaci lascia la scalinata esterna ed entra nel palazzo di Giustizia grazie alla proposta dell’Anm, su cui nelle settimane scorse si sono concentrate anche alcune critiche. Le hostess sponsorizzate dalla benzina siciliana faticano ad assegnare a ciascuno un posto a sedere. Ma c’è chi seduto proprio non ci vuole stare, forse perché il vero regalo ai giudici Falcone e Borsellino non è tanto l’ingessato spettacolo che va avanti sul palco, quanto piuttosto l’atmosfera che si respira girando per il tribunale e parlando con i ragazzi. Nelle sei aule che si affacciano sul corridoio centrale sono ospitate le installazioni artistiche realizzate dall’associazione 50 miti di Trapani. Ci sono i pizzini della legalità appesi con un filo al soffitto, le frasi e le parole della cultura mafiosa rimaste intrappolate nella rete da pesca, ci sono fumetti, disegni e ritratti degli eroi antimafia su lenzuola bianche.

Alle 17.58, nell’ora dell’esplosione della bomba che uccise Falcone, la moglie e i tre agenti della scorta, lo spettacolo si ferma. Il pubblico si alza in piedi, in silenzio. Un video ripropone il boato che fece tremare la terra come un piccolo sisma, mentre vengono proiettati sullo schermo i nomi delle vittime di Capaci e via D’Amelio: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Sulla facciata del palazzo di giustizia è stato appeso un grande ritratto dei giudici antimafia, i volti sorridenti catturati il 27 marzo del 1992 nella famosa foto di Tony Gentile. Mentre sul palco l’attrice Donatella Finocchiaro legge un passo del libro che racconta la storia di Rita Atria, la ragazzina che sfidò la mafia collaborando con Borsellino per poi suicidarsi dopo via D’Amelio, un gruppo di scout discute davanti a un’installazione. «La mostra colpisce a livello simbolico – ammette Filippo – solo che le opere spesso non si capiscono, potevano spiegarle meglio». «L’arte è solo uno dei tanti modi per ricordare – replica Giorgio – il resto va fatto giorno per giorno».


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