Salvezza, le storie dell’Aquarius in un graphic novel «Non vogliamo convincere, ma riportare fatti reali»

Si intitola Salvezza il graphic novel nato dalla penna del giornalista Marco Rizzo e dalla matita del fumettista Lelio Bonaccorso, presentato nei giorni scorsi agli studenti degli istituti Musco e Brancati di Catania, nell’ambito del progetto Le Voci di Librino. Un reportage giornalistico a fumetti, lungo 128 pagine, ambientato a bordo dell’Aquarius, la nave di SOS Méditerranée e medici Senza Frontiere che soccorreva i migranti al largo della Libia prima di essere accusata di smaltimento illecito di rifiuti. Il libro è frutto dell’esperienza diretta di Bonaccorso e Rizzo che hanno partecipato attivamente, per circa tre settimane, alle operazioni di salvataggio.

Dieci novembre 2017: l’imbarcazione Aquarius, è pronta a salpare da Catania per una nuova missione umanitaria. A bordo, stavolta, ci sono anche un giornalista e un fumettista. Lo scopo? Vivere in prima persona la tragedia delle migrazioni, ricostruire con dati alla mano le cause che inducono migliaia di persone a mettersi in viaggio per offrire una valida testimonianza su ciò che realmente accade.

Durante l’incontro-confronto con gli studenti, Bonaccorso ha provato a far capire cosa vuol dire vivere un’esperienza di soccorso in mare aperto con i migranti appena scampati alla morte. «Venti giorni – spiega l’autore – nei quali siamo stati testimoni di storie di dolore e di disperazione, ma anche di speranza e gratitudine per chi ha salvato loro la vita». Salvezza è un’opera nata sul campo. Un realistico e dettagliato promemoria. «È la voce – dice – di chi ha percorso il deserto in cerca di una vita migliore, di uomini che hanno subito abusi e torture, delle persone stipate sulle carrette del mare, dei volontari ong che, nonostante le accuse, salvano vite umane quotidianamente, di coloro che ce l’hanno fatta, di chi fuggiva dalla guerra ed è rimasto prigioniero in Libia, di chi teme di ritornarci».

I giovani ascoltatori iniziano a rivivere le emozioni dei protagonisti. La forza evocativa delle immagini, l’immediatezza dei dialoghi e un pettirosso come narratore li trasportano tra le storie dei migranti. C’è Youssuf proveniente dalla Costa D’Avorio, imprigionato insieme ai compagni di viaggio nelle carceri libiche, che racconta le torture e le umiliazioni subite. C’è un amico di Youssuf che mostra i segni della plastica calda sciolta sul suo corpo dai libici, per convincere il padre a pagare 2.500 dollari. C’è anche un anziano signore che ha lavato per mesi latrine in Egitto pur di poter racimolare la somma necessaria a raggiugere la Libia. E poi, la triste storia di Lola, partita da Asmara, con un gruppo di eritrei che la chiamavano la ragazza incinta.

«Perché sul libro non esprimete le vostre idee in merito alle questione?», domanda una ragazza nel corso del dibattito. «Il nostro intento – chiarisce l’autore – non è convincere il lettore su quello che noi pensiamo, ma riportare fatti reali affinché venga a conoscenza di una realtà che non è mai quella che si sente in tv o si legge sui giornali. Pensiamo che le cose siano in un certo modo perché così ci vengono raccontate. Abbiamo interagito con persone distrutte psicologicamente e fisicamente. Donne rimaste incinte dopo le violenze sessuali subite. Ragazzi a cui i libici sparano addosso per farli stare seduti». Storie disumane che nessuno immagina. «Quello che sta avvenendo a due passi da casa nostra – ci tiene a sottolineare – è quello che succedeva nei campi di concentramento durante la Shoah. Forse che la Salvezza di una umanità feroce e disumana, si trovi proprio nelle nuove generazioni?».


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