Durante la prossima udienza parleranno i difensori di Moisi Habilaj, presunto boss e cugino dell'ex ministro dell'Interno Saimir Tahiri. Tra gli imputati c'è anche Antonino Riela. Per lui la procura di Catania aveva chiesto una condanna a 15 anni
Rosa dei venti, difese chiedono assoluzioni e sconti A giugno sentenza sul traffico di droga con l’Albania
«Esclusione del reato associativo e minimo della pena prevista dal codice penale». È quello che spera di ottenere l’avvocato Maurizio Catalano per il suo assistito Nezar Seiti. L’uomo è sotto processo con l’accusa di essere il cassiere di una banda specializzata nel traffico di droga via mare dall’Albania alla Sicilia. Le udienze, già entrate nel vivo dopo la requisitoria del pubblico ministero Andrea Bonomo, proseguiranno a maggio e giugno. Ultimi atti prima della sentenza di primo grado con il rito abbreviato.
Al vertice della banda, secondo i magistrati etnei, ci sarebbe stato Moisi Habilaj. Finito in manette nell’ottobre 2017 a margine dell’operazione Rosa dei venti, ma già celebre nel Paese dell’aquila bicipite per essere il cugino dell’ex ministro dell’Interno Saimir Tahiri. Con quest’ultimo che è sospettato di essere l’eminenza grigia che avrebbe foraggiato i traffici internazionali di marijuana e garantito le coperture di alcuni pezzi deviati delle forze dell’ordine balcaniche. Ma se la posizione di Tahiri è stata archiviata dal giudici per le indagini preliminari a ottobre 2018, in Albania l’ex ministro è ancora al centro di un’inchiesta coordinata dalla procura dei crimini gravi di Tirana.
Per Nezar Seiti, il pm Andrea Bonomo ha chiesto una condanna a sei anni. Il doppio quelli che rischia di dovere scontare Sulaj Meridian. Anche per quest’ultimo l’avvocato Catalano durante l’udienza ha chiesto l’esclusione del reato associativo e il minimo della pena. Potrebbe invece andare verso l’assoluzione Fatmir Minaj. Sulla sua posizione accusa e difesa sono infatti stati concordi nel non ritenerlo colpevole. L’ultima parola tuttavia spetterà alla giudice monocratica Maria Cardillo. Durante l’udienza, discussa a porte chiuse con una grande calca di familiari all’esterno dell’aula, è stata affrontata anche la posizione di Antonino Riela, difeso dagli avvocati Marco Tringali e Francesco Antille. Accusato di essere un grossista della droga, per lui l’accusa ha chiesto 15 anni. Nelle scorse settimane il 47enne ha lasciato il carcere per essere sottoposto agli arresti domiciliari in una comunità. Per lui i difensori confidano di ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione del ruolo di capo promotore.
Durante le fasi calde dell’inchiesta Rosa dei venti un alone di mistero aveva avvolto la figura di Seiti che, dopo essere sfuggito al blitz della guardia di finanza, è stato arrestato in Albania e poi, nei primi mesi del 2018, estradato in Italia. Dato come pronto a collaborare con i magistrati quando si trovava nel carcere di Rebibbia, in realtà il 41enne aveva scelto di rispondere solo ad alcune domande. Ricalcando quanto fatto da Habilaj. Il presunto capo che davanti i pm, compresi quelli arrivati da Tirana, ha ammesso le sue responsabilità nel traffico di droga negando però di essere un boss. «I soldi li nascondevamo in scatole di detersivi e poi in macchina andavamo in Albania con il traghetto», raccontava Seiti ai magistrati. Ammettendo che il denaro «era il provento della vendita di droga». Parente di Habilaj è anche Sulaj Meridian. I due sono cugini, e sarebbe stato proprio il presunto boss a coinvolgerlo nei traffici illeciti. «Mi aveva proposto di dargli una mano per scaricare lo stupefacente», racconta l’imputato in un interrogatorio. L’appuntamento clou, prima della sentenza, è previsto il 17 maggio. Quando a parlare davanti la giudice sarà proprio la difesa di Habilaj.