Blitz Zeta, il giovane Andrea alla ricerca di fiducia «Papà, devi ascoltare di più quello che ti dico io»

«Papà, tu ti fidi di me?». È il 26 ottobre 2016 e Filippo Zuccaro, meglio noto come Andrea Zeta, si trova nel carcere di Milano Opera. È andato a trovare il padre Maurizio, boss della famiglia Santapaola-Ercolano, detenuto all’ergastolo. Con lui c’è sua madre, Graziella Acciarito. Assente Rosario Zuccaro, fratello maggiore del cantante neomelodico tra i più famosi di Catania. L’argomento della conversazione registrata dagli investigatori è l’incontro avvenuto nei locali dell’Ecs dogana, la discoteca all’interno della Vecchia dogana gestita da Alessandro Scardilli e Rosario Coniglione. Trovatisi al centro di una doppia imposizione della malavita: da una parte il clan Cappello capeggiato dal presunto boss Massimiliano Salvo, dall’altra il gruppo della famiglia Santapaola che farebbe riferimento a Rosario Zuccaro, nelle veci del padre ergastolano. Un appuntamento complicato, emerge dagli atti dell’inchiesta Zeta. Il blitz scattato ieri mattina a seguito del quale sono finite ai domiciliari due persone mentre 12 sono state quelle arrestate, tra le quali proprio i due fratelli. Di quell’incontro si parla a lungo tra i presunti esponenti della cosca e a volere fornire la sua versione sui fatti è anche l’idolo della musica napoletana etnea. Pure lui, però, con l’obiettivo di prendere le distanze dal comportamento del fratello. Nonostante le rimostranze della madre.

E quindi la richiesta di fiducia, in prima battuta, al boss detenuto. «Papà, tu ti fidi di me?». «Certo», replica Maurizio Zuccaro. E così parte il racconto. «Ricordati che tu qua sei entrato all’improvviso – avrebbe detto Massimiliano Salvo a Rosario Zuccaro – Ricordati che qua si parla con la mafia. Con tutto il rispetto per tuo papà, non puoi arrivare qua all’improvviso». «Quello, giustamente, voleva stare solo», commenta Andrea Zeta. Ma il fratello non sarebbe stato d’accordo: «Lui diceva: “Io, io…”». Un sintomo di arroganza, secondo Andrea, che però la madre non condivide: «Non è andata così! – interviene la donna – Chi te l’ha raccontata?». Andrea Zeta si spazientisce: «Minchia, così è andata. Ogni cosa “Chi te l’ha raccontata?”». Lei non ci sta e incalza: «A me l’hanno raccontata diversa». Il padre assiste al battibecco seduto sulla sedia a rotelle, il giovane la zittisce: «Minchia, ma questa è scema». La storia va avanti. Il 32enne riporta le difficoltà di Massimiliano Salvo di trovarsi a discutere di una questione che non avrebbe dovuto essere messa in dubbio: se in quel locale c’erano già i Cappello, che c’entravano i Santapaola? «Lui lo sa che è in torto», continua Andrea. «È giusto», ammette il padre.

La madre ancora smentisce e difende l’assente. «Mi ha detto un’altra cosa». «Giustamente è suo figlio – si lamenta il cantante – Che spacchio gli racconti a lui». «Tu, papà, devi ascoltare di più quello che ti dico io. Io, papà, mi sono trovato in forte difficoltà». E per supportare la sua tesi, aggiunge anche le confidenze di altre persone: «Ci sono stati gli amici che mi hanno detto: “‘mbare, tuo fratello non sa parlare perché non può dire pio”». Si sarebbe permesso, addirittura, di dire a Massimo ‘u carruzzeri: «Tu sei come i bambini, ti sei intrippato che non mi devi dare…». Per dirla in dialetto, Rosario, insomma, avrebbe preso in sopra. Sono ormai trascorsi diversi minuti e Graziella Acciarito, cuore di mamma, rientra di nuovo a gamba tesa, stavolta rivolgendosi direttamente al marito: «Rosario te l’ha raccontato o hai sentito solo a lui?». «Papà – la blocca Zeta – non si può parlare con quest’altra». Il padre, senza fare una piega, concorda: «È normale».

Un mese dopo, il 23 novembre 2016, sono di nuovo tutt’e tre insieme a Opera. La madre, stavolta, resta in silenzio. «Rosario da là, dalla discoteca, se n’è uscito», comunica il 32enne al padre. Lui, del resto, l’avrebbe gestita diversamente. «Gliel’ho detto: “La colpa è tua”. Perché lui doveva rimanerne fuori – aggiunge – Gli ho detto: “E tu ti sei infilato a livello loro”». Rosario, però, non avrebbe del tutto abbandonato l’idea dell’Ecs dogana, tanto da essere disposto ad aspettare il momento giusto: «Mi ha detto: “Non appena li arrestano c’è più calma” – riferisce Andrea – Che spacchio aspetti che li arrestano? (sorride, ndr)». Meglio lasciare stare, sostiene ancora il più giovane: «Gliel’ho detto (a Rosario, ndr): “Vedi che qua rischi di morire“». Il gesto che segue è esplicito quanto basta: fa ruotare su se stessi il dito indice e medio della mano destra.


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