Le Brigantesse di Librino cercano nuove reclute «Il rugby è per tutte. Impari a cadere e rialzarti»

Mancano solo due partite per concludere il campionato, in programma il 28 aprile e il 12 maggio, e le Brigantesse sono già in cerca di rinforzi per la prossima stagione che le vedrà protagoniste assolute del rugby femminile al campo San Teodoro di LibrinoIl reclutamento delle nuove leve, però, non è così semplice, e tra una festa per farsi conoscere e gli annunci online la squadra non ha ancora le energie da impiegare sul campo. «Non è semplice. Intanto perché si tratta di rugby femminile – spiega a MeridioNews la capitana Valentina Mazzeo, 32 anni studentessa di Giurisprudenza– ma anche perché in questo momento a Catania ci sono quattro squadre che giocano in coppa Italia».

Oltre le Brigantesse,  Cus, Amatori e Amatori 1963. Poi altre due tra Ragusa e Caltanissetta. «Ultimamente è cresciuto l’interesse per questo sport, in parte anche a dopo l’incendio che ha interessato la club house dei Briganti. Fatto che ha portato tantissime persone a sostenere la squadra e avvicinarsi a questa realtà. Siamo passati da un aspetto negativo a qualcosa di estremamente positivo». Ma perché il rugby non suscita lo stesso interesse che coinvolge molte ragazze del Nord Italia a scendere in campo? «Il rugby è uno sport di contatto e questo presuppone che una percentuale di infortuni si possa verificare, vanno messi in conto, ma non deve essere un deterrente per non giocare. Anzi, è l’unico sport che ti permette di giocare qualunque sia la tua fisicità, ogni ruolo viene calzato a pennello da ogni giocatrice, siamo disegnate su misura per i ruoli del rugby».

Molte, nel caso specifico di Librino, si lasciano scoraggiare dal fatto che il campo si trovi fuori città e non sanno come raggiungerlo. Ma, rassicurano le Brigantesse, tra i passaggi in auto e il Librino Express non è impossibile, ci si muove tutti insieme e si fa squadra, anche fuori dal campo. «Ho scoperto il rugby nel 2015 – racconta Mazzeo -. Ero stata con un’amica al campo San Teodoro per un evento antimafia e lì c’era un gruppetto di ragazze che si allenava e che ci ha invitato a unirci a loro». Hanno accettato l’invito e non hanno più lasciato il campo. E così da giovane appassionata di calcio Valentina è diventata capitana della squadra di rugby, uno sport che consiglia perché «rappresenta la metafora della vita: ti insegna a cadere, a rialzarti, a sostenere la tua compagna, il rispetto per l’avversario e per l’arbitro. Ha dei valori precisi, il sostegno, l’avanzare sempre insieme, il merito condiviso da tutta la squadra».

Sono agguerrite, combattive, toste le Brigantesse. Tra queste la ventiduenne Arianna Tarantino, che studia Scienze politiche e ha cominciato a vedere qualche partita seguendo il suo ex fidanzato. «Quando la confusione iniziale ha cominciato ad avere un senso mi sono resa conto che era molto più affascinante di quello che pensassi – osserva Le ragazze della squadra femminile nel frattempo sono diventate mie amiche e un paio di anni fa mi hanno convinta a provare. Mi sono letteralmente innamorata, anche perché sono sempre stata fuori misura fisicamente, e anche se non è mai stato un problema per me. Non importa come sei fisicamente, vai comunque bene, e ti rendi conto che quelli che pensavi fossero i tuoi difetti diventano i tuoi punti di forza».

Il loro palcoscenico è un campo polveroso con un match da giocare fino all’ultimo minuto ma anche con un terzo tempo in cui familiarizzare con le avversarie, all’insegna del vero spirito sportivo. «Ci sono quelle particolarmente corrette e quelle scorrette – osserva Arianna – ma anche con loro si crea un bel rapporto, perché se durante la partita vuoi battere la tua avversaria, in quel famoso terzo tempo ti rendi conto che metti amore nel fare quelle cose, non cattiveria». Ecco perché a inizio partita le ragazze fanno un urrà per la squadra avversaria e alla fine tutte insieme si abbracciano e dedicano un urlo al rugby. «Sono rientrata dalla Romania un anno fa e sono tornata subito al mio primo amore, quello per il rugby, che praticavo già nel 2014», racconta Giusy Sipala, 30 anni,che lavora per un tour operator. «A quei tempi seguivo il rugby e cercavo una squadra con cui potermi allenare. Tramite Facebook ci siamo dati un appuntamento al campo e da lì è iniziato tutto». Per provare basta poco. 


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