Catania dice «no» ai pregiudizi contro i Rom Ma è silenzio su sgomberi e campi abusivi

«Delle politiche sugli insediamenti abusivi parleremo in altre occasioni, non è certo questo il momento». Carlo Pennisi, assessore alle Politiche sociali del Comune di Catania, dello sgombero dei circa 150 occupanti dell’edificio comunale di viale Bernini non vuole parlare. Ci sono luoghi e contesti adeguati, sostiene, e la conferenza stampa di presentazione del progetto Dosta!, campagna di sensibilizzazione contro i pregiudizi verso i Rom, non è uno di quelli. Tanti bei discorsi sull’integrazione e sul fatto che «Catania in fatto di ospitalità non ha termini di paragone» (parole del prefetto Francesca Cannizzo), ma quando la domanda verte sulle soluzioni che le istituzioni hanno pensato – se ne hanno pensate – per evitare che 150 persone rimangano in mezzo alla strada la risposta non arriva. «Stiamo parlando di Rom, e a palazzo Bernini ce n’erano solo due famiglie – precisa l’assessore – tutte le altre erano bulgare e rumene, quindi siamo fuori tema». Il campo Rom di Zia Lisa, seguendo il ragionamento, è perfettamente in tema: «Garantire almeno l’acqua corrente? È escluso – aveva dichiarato ad aprile Pennisi – queste persone, al netto di problemi di tipo sanitario non devono stare comode. Anzi, devono stare scomode così è più facile che decidano di andarsene. L’assistenzialismo di molte associazioni caritatevoli non serve ed è pernicioso». Oggi, nonostante il progetto del quale è promotore, conferma tutto: «Non ho cambiato idea», dice.

Oltre alle domande, erano fuori tema anche Fabrizio Cappuccio e Maria Chiara Aruta, del collettivo Aleph, quello a cui appartengono alcuni dei volontari che hanno aiutato per giorni gli occupanti del palazzone comunale abbandonato. Quando sono entrati a palazzo Platamone – in cui si teneva l’incontro – con uno striscione inneggiante al diritto alla casa per tutti, due uomini in borghese della Digos sono intervenuti immediatamente per buttarli fuori. «Non è previsto un dibattito, non credo che voi qui abbiate qualcosa da fare», dice a Cappuccio uno dei due agenti. «Abbiamo chiesto più volte di incontrare il prefetto – spiega Francesco Cappuccio – Ed era stato l’assessore Pennisi, tempo fa, a invitarci a questo evento». Ma che esponessero un lenzuolo con un messaggio non era previsto. Per questo, prima che potessero entrare, sono stati chiesti loro i documenti. «Vogliamo solo che non vengano più dette menzogne – dicono i due militanti – Il Comune fa una bella iniziativa d’integrazione, dietro la quale nasconde il fatto che ci sono delle persone che sono state buttate in mezzo alla strada, che nei fatti saranno costrette a dormire sotto i portici».

Temi interessanti, certo, ridotti a sbavature in una conferenza stampa di presentazione. Dopo le parole sul fatto che «per essere buoni cristiani bisogna non avere pregiudizi» dell’arcivescovo di Catania Salvatore Gristina; dopo le precisazioni del prefetto sul fatto che «gli aspetti negativi non sono connaturati nelle etnie, nessuno è perfetto e tutti siamo perfettibili»; dopo il forfait del sindaco Raffaele Stancanelli; e dopo le spiegazioni di Massimiliano Monanni, direttore dell’Unar, ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali sul fatto che il capoluogo etneo è la prima delle cinque città scelte per diffondere la conoscenza delle comunità Rom, Sinti e Camminanti; dopo tutto questo i saluti. Ma prima è intervenuta Olga Balan, la cantante romena di origine gitana che venerdì sera si esibirà al cortile Platamone, assieme al gruppo – per metà napoletano e per metà Rom – O’Rom. Olga presenta se stessa e il suo spettacolo, poi aggiunge: «Quella dei campi Rom è una delle realtà più terribili che ci sono in Italia, è bene parlarne». Per Carmine D’Aniello, leader della band: «L’integrazione passa attraverso il diritto all’alloggio per tutti».

[Foto di nromagna]


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