Terremoto a Catania? Si salvi chi può Alla Fiera bancarelle nell’area di raccolta

Se arrivasse un terremoto a Catania, secondo il servizio di Protezione civile comunale, potrebbero esserci 590 vittime, 970 edifici crollati  27mila persone rimarrebbero senza casa. Per gli sfollati sono previste le aree di emergenza, piazze e grandi parcheggi in ogni parte della città, nelle quali, dismesse le attività quotidiane, bisognerà riversarsi in attesa dello scampato pericolo. «Non possiamo tenere aree come piazza Carlo Alberto libere per essere utilizzate solo in caso di sisma», spiega l’architetto Maria Luisa Areddia, dirigente del servizio Protezione civile del Comune di Catania. Secondo la dirigente comunale, vista la mancanza di luoghi esclusivamente destinati alle aree di emergenza, per scongiurare gravi conseguenze in un terremoto serve innanzitutto «buon senso da parte dei cittadini, che magari andranno in una piazza vuota fino allo scampato pericolo, se quelle previste sono occupate». Del resto, anche in una città come Catania dove il rischio sismico è oggetto di studio da anni,  «non si può certo conoscere giorno e ora del sisma», ricorda la dottoressa Areddia.

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Scenari di danno previsti dalla Protezione civile di Catania in caso di sisma di magnitudo 6.8

Nella peggiore delle ipotesi, quella di un devastante terremoto, secondo quanto previsto nel piano comunale di protezione civile aggiornato a dicembre del 2011, le zone più colpite sarebbero Picanello, gli edifici attorno al corso delle Province e il quartiere di San Leone. Danni provenienti da un terremoto di magnitudo 6.8, calcolati incrociando dati storici «con quelli che arrivano quotidianamente dall’istituto nazionale di Geosfisica e Vulcanologia». Un terremoto più forte di quelli, devastanti, che hanno recentemente colpito l’Emilia Romagna, ma inferiore allo storico terremoto del 1693 che rase al suolo Catania.

La città è preparata ad affrontare uno scenario simile? «No», risponde sicura la responsabile della Protezione civile, «perché molti edifici privati e pubblici non sono adeguati sismicamente. Compreso quello in cui hanno sede la Protezione civile e il Centro operativo comunale (Coc)». Nonostante i fondi della legge scopo 433/90, varata all’indomani del forte terremoto di Santa Lucia del 13 dicembre 1990 che ha colpito la Sicilia orientale, l’edificio – costruito in cemento armato negli anni ’70 e quindi prima delle normative antisismiche -, non è stato ancora ristrutturato. E, in caso di sisma, «il Coc dovrà coordinare le operazioni di soccorso da una tenda», spiega l’architetto Areddia.

Sarebbero 27mila gli sfollati nell’ipotetico scenario, da piazzare «nelle aree destinate allo scopo che, in caso di necessità, verranno liberate», spiega con calma la dirigente comunale, per nulla spaventata dalle drammatiche previsioni. Del resto «si fa prevenzione, soprattutto nelle scuole e nelle municipalità coinvolgendo centinaia di persone – continua Areddia – E in caso di sisma i cittadini sapranno individuare le aree di attesa migliori, se quelle individuate non sono libere». Emblematico in tal senso il caso dell’area di attesa di piazza Carlo Alberto: come far coincidere la Fera o luni, lo storico e affollatissimo mercato all’aperto cittadino che occupa l’area tutti i giorni, compresi i festivi, con l’emergenza?. «Se il terremoto arriva di mattina, non si possono mettere le persone qui». Questa l’obiezione più comune tra i commercianti del mercato. Ancora una volta, l’architetto Areddia ha una risposta rassicurante: «Non si possono lasciare delle aree libere da utilizzare per l’ammassamento in caso di sisma». Non solo piazza Carlo Alberto, ma per tutte le aree non è previsto uno spazio apposito: dovranno essere sgomberate.  Tra il preoccupato e il divertito, i commercianti della Fiera invitano i cittadini a usufruire comunque della piazza. «Venite pure, qui i viveri non mancano».


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