I Battaglia e il regno dorato a San Giovanni Galermo Sangue e droga nel nome della famiglia Santapaola

Il trono argentato in stile barocco è rimasto al suo posto, in un angolo del salone. Il suo re però non ci si potrà accomodare per un po’. Eugenio Minnella, accusato di essere uno dei nuovi boss del traffico di droga nell’inchiesta Cape sparrow, è il giovane volto che, secondo i magistrati della procura di Catania, avrebbe preso in mano un’eredità pesante. Quella del suocero Marco Battaglia, specializzato nello spaccio e nella vendita all’ingrosso di cocaina per conto della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. Il loro quartier generale è via Capo Passero, quartiere San Giovanni Galermo. Un rione che sembra avere la forma della lettera j, inserito in un contesto di edilizia popolare che da anni rappresenta il luogo ideale per gli affari legati alla droga. Nelle carte dell’inchiesta viene tratteggiato come un «fortino, enclave dell’illegalità. Il luogo perfetto per delinquere e per assicurarsi l’impunità», raccontano i documenti dell’inchiesta. Perché anche per le forze dell’ordine muoversi tra quei palazzoni è quasi impossibile. 

Ed è qui che avrebbe ereditato il suo regno il 28enne Minnella, finito dietro le sbarre con l’accusa di essere stato il capo di una rete di pusher. Per lui la procura ha chiesto e ottenuto anche l’aggravante di avere favorito la mafia. Mantenendo, se le accuse verranno confermate, quella che è una vera e proprio tradizione di famiglia. Perché anche un altro genero di Battaglia, Alessandro Ponzo, per un periodo aveva preso in mano lo spaccio nel quartiere. Fino a quando, la notte tra il 4 e il 5 maggio 2012, venne ucciso da un killer sotto i portici dei palazzi del rione. Per il piccolo principe seguì un funerale in stile Gomorra con striscioni appesi nei palazzi e centinaia di motorini a formare il corteo funebre. Dopo di lui il fratello Cosimo. «Prima di morire – racconta il pentito Davide Seminara – Ponzo aveva chiesto a Daniele Nizza di avvicinarsi a noi. Lui ha acconsentito e in questo modo il gruppo Nizza (con base a Librino e San Cristoforo) è entrato a San Giovanni Galermo». Battaglia senior, invece, sarebbe affiliato «dal 2010» al gruppo dei Santapaola-Ercolano del quartiere Picanello, grazie all’intermediazione del presunto reggente Lorenzo Pavone

Ma è dietro il nome di Minnella che si concentrano gli ultimi sforzi degli inquirenti. Oltre a decine di controlli e riprese, che lo immortalano in compagnia di pregiudicati, tra cui il cognato Antonino De Luca (non coinvolto in questa vicenda ma arrestato nel 2018 per droga), Minnella è finito sulla bocca dei pentiti Davide Seminara e Antonio D’Arrigo, detto Gennarino. Quest’ultimo, secondo altri collaboratori di giustizia come Gaetano Vinciguerra, tra l’altro sarebbe stato proprio l’esecutore materiale dell’omicidio Ponzo. «Battaglia – racconta ancora Seminara – si avvaleva di uomini di fiducia per gestire la piazza di spaccio. In particolare di Salvatore Calogero (nipote di Marco Battaglia, ndr) e del genero Minnella». Il collaboratore di giustizia cita nei suoi verbali anche il padre di quest’ultimo, anche lui finito indagato nell’operazione della polizia etnea. Si tratta di Claudio Natalizio Minnella. Spesso filmato dagli inquirenti mentre si sposta tra i palazzoni di via Capo Passero a bordo di uno scooter elettrico blu. Nel suo passato un vecchio arresto per droga in via Galermo, proprio in compagnia del figlio Eugenio, e il coinvolgimento, qualche anno prima, nell’operazione Traforo sul clan dei Mazzei. Adesso l’accusa è quella di «avere frequentato assiduamente pregiudicati e piazza di spaccio» nonostante i limiti imposti dalla sorveglianza speciale

A rendere dura la vita degli investigatori c’è tutto il sistema che ruota attorno via Capo Passero. Fatto di vedette mobili e fisse. I primi dotati di radio trasmittenti e piazzati in maniera strategica nei balconi più alti dei palazzi, per segnalare l’arrivo di pattuglie. I secondi abili a muoversi in sella a potenti scooter per trasportare droga e smistare l’arrivo dei clienti. A bordo di un Honda Sh colore bordeaux, si sarebbe fatta largo nella piazza di spaccio anche Luana Battaglia. Figlia del trafficante e parente del 28enne Minnella, anche lei indagata ma agli arresti domiciliari. 

Gli affari della droga sarebbero passati anche per il civico 93 di via Carrubella, a due passi da via Capo Passero. In una mansarda il 19 settembre 2017 le forze dell’ordine trovano cinque chilogrammi di marijuana. Un deposito della droga, affidato a Samuele Nizzari, in cui spesso si recava Minnella con la sua Fiat 500. I due uomini, secondo la procura, avrebbero beneficiato anche dell’aiuto della moglie di Nizzari, Vincenza Aiello. Intercettata in più occasioni durante i colloqui in carcere con il marito. Spesso nelle loro discussioni si parlava di soldi e della possibilità di uscire di prigione. Ipotesi resa difficile dal sequestro di due telefonini con cui l’uomo chattava proprio con Minnella: «Se non avevo il telefonino io patteggiavo e dicevo “Signor giudice sto soffrendo in galera”». 


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