Mafia a Misterbianco, reazione del consigliere Corsaro «Solo chiamate random, querelo il meschino Di Guardo»

«Vi spiego queste telefonate, una volta per tutte». Marco Corsaro è visibilmente nervoso. L’ex candidato sindaco e attuale consigliere d’opposizione di Misterbianco attende giusto qualche ora dalla fine della conferenza stampa convocata dal primo cittadino Nino Di Guardo per passare al contrattacco e annunciare, urbi et orbi, «che adesso lo querelo e gli chiedo pure un risarcimento danni». La questione, lungi dallo sgonfiarsi, è quella legata alle intercettazioni contenute nell’ordinanza dell’inchiesta antimafia Gisella, contro il locale clan dei Nicotra. Tra le telefonate registrate dagli investigatori ci sono anche quelle, datate 2017, della segreteria politica dell’ex vicesindaco di Di Guardo che, con l’apprestarsi della campagna elettorale, invita a un appuntamento i possibili elettori. Tra i quali ne spiccano due di rilievo: il boss Gaetano Nicotra e la moglie Lucia Palmeri. Entrambi finiti in carcere la scorsa settimana. «Erano telefonate random – precisa Marco Corsaro – Ci sono tanti che mi conoscono e che hanno letto quello che è stato pubblicato sui giornali: hanno ricevuto le stesse identiche chiamate. Le hanno ricevute anche miei avversari politici».

La questione, spiega il capogruppo di Guardiamo avanti, secondo lui è molto semplice: vista la sua attività di assistenza fiscale (ha un Caf proprio accanto alla segreteria politica), nel suo cellulare ci sono i numeri di tante persone. «In paese mi conoscono tutti, lavoro ogni giorno, mi occupo delle pratiche di tante persone e qualche numero, se ho cose da sbrigare, lo segno sul mio telefonino». Quegli stessi contatti, poi, sarebbero stati girati a una sua collaboratrice, per organizzare degli incontri in campagna elettorale. «Io quelle due persone non le ho mai incontrate di persona, né prima né dopo le chiamate di segreteria», prosegue. E questo nonostante entrambi, Nicotra e la moglie, si rivolgano a lui chiamandolo con il nome di battesimo. «Una cosa assolutamente normale considerando quello che faccio di mestiere: loro portavano delle pratiche in ufficio, come moltissime persone del paese». Ma è prassi che i contatti del Caf vengano usati per la campagna elettorale? «Non è prassi, non faccio la campagna elettorale dentro il patronato, ho solo dato i numeri che avevo nel cellulare. Queste persone non sono mai venute, l’ufficio è pure videosorvegliato», sorride, con una battuta.

«Abbiamo avuto il rischio di avere un sindaco amico della mafia, e oggi abbiamo un consigliere amico della mafia», ha detto questa mattina Nino Di Guardo, riferendosi al suo ex rivale. E lui nel pomeriggio replica: «Non consento a nessuno di mettere in discussione la mia persona – si accalora Corsaro, sbattendo i pugni sul tavolo – Io sono contro tutti i generi di mafia. Penso che Di Guardo abbia capito di essere rimasto da solo nell’angolo, e che voglia deviare l’attenzione su di me per distrarre l’opinione pubblica da quello che sta accadendo in paese». Il riferimento è alla commissione prefettizia inviata nel municipio di Misterbianco dopo una lunga serie di fatti di cronaca che hanno accostato Cosa nostra all’amministrazione Di Guardoil più eclatante, certamente, l’arresto del vicesindaco Carmelo Santapaola nell’ambito di una maxi-inchiesta su mafia e scommesse. In quei giorni Corsaro organizzò anche una manifestazione in piazza chiedendo le dimissioni del sindaco «per scongiurare alla città la vergogna dello scioglimento per mafia».  

«Io non sono indagato e non c’è nulla di penalmente rilevante nelle intercettazioni tra la mia segretaria e le persone di cui si discute – arringa Marco Corsaro – Dire che io sono amico della mafia è terribile e meschino». Come chiesto da Di Guardo, intende dimettersi? «Mi viene da ridere, non gli farò questo favore. Lui probabilmente ha questa mania del volere cancellare le opposizioni, ma con noi non ci riuscirà. Il sindaco non può continuare a fare il despota, spero che con la querela e la richiesta di risarcimento danni lo capisca: soldi non ne voglio, andranno in beneficenza». Il suo avvocato ha in mano tutto, anche una richiesta da inoltrare ai magistrati: «Se volessero sentirmi, sono pronto a chiarire».


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