Aci Catena e il nodo chiese chiuse dopo terremoto I parroci raccolgono fondi tra i fedeli ma non basta

A distanza di quasi sei mesi dal terremoto di Santo Stefano, i paesi colpiti alle falde dell’Etna piangono ancora i danni. E mentre si attende la conversione in legge del decreto di emergenza che dovrebbe finanziare le criticità del Comuni interessati, a fare notare disagi e necessità sono le parrocchie che devono contare la chiusura di alcune chiese di primaria importanza. Come ad Aci Catena dove le due maggiori parrocchie restano sbarrate: quella della Madonna della Catena (chiesa Matrice) e quella di Santa Lucia. I lavori e le decisioni per risolvere il nodo spettano alla Sovrintendenza, come precisa l’assessore alla Protezione civile Angelo Russo, e difficilmente potrebbero arrivare ingenti somme in questo senso dal decreto di emergenza.

La chiesa di Sant’Elena e Costantino (o del Suffragio) è stata riaperta, sebbene in un primo tempo era stata dichiarata inagibile. Per renderla accessibile al pubblico si è applicato un telo protettivo al tetto, messo a proprie spese dalla parrocchia. Per i lavori di messa in sicurezza servono però 10mila euro, che il parroco, don Sebastiano Privitera, aveva pensato di racimolare attraverso una raccolta fondi tra i fedeli. «Noi possiamo ritenerci fortunati – afferma -. Anche se abbiamo il nostro santuario inagibile, possiamo contare sulla chiesa di San Giuseppe, che però non è facilmente accessibile per via dell’ampia scalinata. Perciò abbiamo fatto il possibile per riaprire la chiesa di Sant’Elena e Costantino». Una scelta di cui però padre Privitera si dice «quasi pentito – sottolinea -. Avevo pensato di coinvolgere la comunità con una raccolta fondi ma in quattro mesi abbiamo raccolto solo duemila euro. Avevo suggerito alle famiglie di mettere cinque euro al mese ma l’invito per il momento non è stato accolto in pieno. La gente vuole la riapertura ma poi non partecipa perché è convinta che ci sia la disponibilità di chissà quali fondi. Fino adesso non ho sentito nessun politico, né tanto meno il sindaco».

La gente vuole la riapertura ma non partecipa alla raccolta fondi

Nella parrocchia Maria Santissima della Catena a destare maggior preoccupazione è proprio la chiesa Madre, la Matrice, chiusa dal 26 dicembre, giorno del terremoto. Per questa e le altre 19 chiese inagibili della diocesi di Acireale la conferenza episcopale italiana potrebbe assegnare una somma per la messa in sicurezza, soldi che però dovrebbero sempre essere integrati ai contributi delle parrocchie. Per la messa in sicurezza della Matrice, che conta danni sulla volta centrale e sulle due cappelle laterali, si stimano spese per 100mila euro, mentre per i lavori di definitiva sistemazione si parlerebbe di una cifra che si aggira su un milione di euro. Padre Privitera non dà tempistiche ma intanto ad agosto ci saranno i festeggiamenti per la Madonna della Catena. «Contiamo di riaprire la chiesa entro quest’anno – prospetta -. Estenderò la raccolta fondi anche fuori dalla parrocchia». Altre chiese della parrocchia sono chiuse per inagibilità: come per esempio quelle del Santissimo sacramento e del Convento (chiesa attigua al palazzo comunale) anche per queste si aspettano degli interventi per la messa in sicurezza.

Stessi problemi per don Gaetano Pulvirenti, parroco della parrocchia di Santa Lucia. L’omonima chiesa è stata chiusa per inagibilità a causa di alcuni danni agli stucchi dell’altare e alcune crepe che non sarebbero di enorme entità. Qui, oltre ai danni interni, a essere a rischio crollo era la torre campanaria – ora messa in sicurezza – per cui gli interventi sono stati di competenza del Comune attraverso i primi fondi del decreto di emergenza. «Per la riapertura della chiesa non è previsto alcun tipo di fondo, né dall’otto per mille né da parte dello Stato – sostiene Pulvirenti -. Sulla vicenda devo dire che non vi è ancora molta chiarezza». Don Gaetano conta di poter riaprire al più presto la propria chiesa, mentre nel frattempo le funzioni vengono svolte nella piccola chiesa della Madonna della Sanità. Per don Gaetano la riapertura sarebbe fondamentale anche per un fatto di identità «che con le chiese interdette per molto tempo rischierebbe di perdersi nel tempo». Anche in questo caso la parrocchia avrebbe deciso di intraprendere una raccolta fondi: «Alcuni privati ci sono venuti in aiuto, anche con i propri mezzi, sin dal giorno del terremoto». 

Non da meno sono i problemi per la parrocchia di Santa Maria della Consolazione. Anche qui la chiesa principale è chiusa. «Per il momento stiamo svolgendo le funzioni nella chiesa di San Giacomo – racconta il parroco Giorgio Balestrieri -. Nel quartiere Consolazione i fedeli si aiutano come possono: l’asilo vicino ci ha fornito dei locali per le messe del sabato e della domenica, mentre nei giorni feriali la messa è svolta in un salone parrocchiale». Anche per la chiesa della Consolazione sono previste spese che superano i centomila euro per la messa in sicurezza, mentre la definitiva sistemazione tocca il milione di euro.


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