Rinnovabili, arriva il V conto energia Incentivi per risparmiare col fotovoltaico

Come risparmiare sulla bolletta della luce, contribuendo al processo di sviluppo di energia pulita e reinvestendo sul proprio consumo dal 27 agosto è il quinto Conto energia a dircelo. Per gli italiani al rientro dalle ferie estive scattano, infatti, gli incentivi statali 2012 sull’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici di potenza superiore ad un chilowatt.

Un modello, firmato dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini e dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, che mette a disposizione 6 miliardi di euro per l’energia rinnovabile e che, rispetto al precedente, ha suscitato sia critiche che pareri positivi. «Creato a misura di famiglia ma non per non favorire i grandi impianti», secondo Giuseppe Ursino, fondatore di Ippo Energy, società etnea che nasce nel 2004 e si occupa di ricerca e sviluppo del campo delle energie rinnovabili.

Tra le novità del regolamento imposto dal Quinto Conto Energia c’è l’entrata in vigore di un registro a cui dovranno iscriversi tutti i possessori di impianti superiori a 12 chilowatt, seppure con specifiche eccezioni. «Semplificando il sistema – spiega Ursino – per gli impianti dai 12 ai 20 chilowatt il vantaggio sarà immediato e diretto». Perché potranno avere accesso agli incentivi statali, anche senza l’iscrizione al registro, chiedendo una specifica tariffa ridotta del 20 per cento rispetto a quella prevista per impianti della stessa potenza iscritti al registro. «Sopra i 20 chilowatt, invece, l’investimento diventa più complesso – continua l’esperto – Se guardiamo in prospettiva, bisognerà cedere circa il 20 per cento dei contributi».

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire quali sarebbero i vantaggi per una famiglia media che sceglie di installare i pannelli solari e produrre da sé il proprio fabbisogno energetico. «Con un contatore di energia da tre chilowatt, quello base e più diffuso, la Gse (Gestore servizi elettrici) applica una tariffa omnicomprensiva di circa 23 centesimi per l’energia prodotta e scambiata, ovvero messa in rete. Una cifra, questa, che dobbiamo considerare variabile in base al costo del petrolio. Nello specifico – continua l’esperto – per ogni chilowatt di energia che una famiglia produce e consuma in un’ora (chilowattora) è previsto un contributo di circa 14 centesimi. A cui va aggiunto un risparmio di 15 centesimi derivato dal fatto che non pagherà la luce all’Enel», spiega Ursino. Se riesce a produrre e consumare l’energia di cui necessita – diventando quindi energeticamente indipendente – il vantaggio effettivo, a conti fatti, non sarà di 23 centesimi ma di 29 centesimi su ogni chilowattora. Ecco perché «conviene dimensionare l’investimento in base al proprio consumo», continua.

Il contributo è valido per vent’anni. Nei piani statali precedenti gli incentivi per chi sceglieva il fotovoltaico erano di un buon 30 per cento, tuttavia «ora è diminuito il contributo ma, in prospettiva, bisogna considerare che ci sarà un notevole abbattimento nel costo dell’impianto (del 30 per cento circa). Perché – continua Ursino – se da un lato è aumentata l’aspettativa produttiva, dall’altro non c’è un’adeguata domanda. Quindi il costo dei pannelli solari dovrà necessariamente scendere». Conseguenza, questa, che favorirebbe l’istallazione di piccoli impianti, «incoraggiando soprattutto le famiglie, più restie ad affrontare la spesa iniziale di istallazione». Ma anche le aziende che in questo momento «non sono più in grado di programmare perché vivono una condizione di forte alea rispetto alle regole che limitano l’accesso agli incentivi. Non hanno la certezza di ottenere il contributo e il vincolo temporale per l‘iscrizione all’albo – dal 20 agosto al 18 settembre – scoraggiare una scelta che, in questo momento, equivale ad un investimento per il futuro. E ne consegue che il mercato, in questa direzione, rimane bloccato», sostiene Ursino.

Per chi punta a impianti più grandi, infatti, l’iscrizione è obbligatoria al registro «complicando inevitabilmente il processo di sviluppo», dice Ursino. «La scelta politica italiana è limitativa. Noi siamo i leader della burocrazia, quando invece dovremmo semplificare l’investimento, specie nel settore dell’energia verde – continua – Le lungaggini burocratiche rallentano solo il processo decisionale delle persone». Ancora più lento in Sicilia, nonostante si tratti di una delle regioni che dal fotovoltaico otterrebbe maggiori vantaggi. «Il guadagno sarebbe più del doppio rispetto al Nord», afferma.

Un paradosso per l’isola, dove il sole batte forte dodici mesi su dodici. Eppure quello che blocca questo processo non è solo una scelta politico-economica, ma anche e soprattutto un limite culturale. «Noi siciliani siamo restii al cambiamento – dice Ursino – Siamo conservatori e questo non ci aiuta. E’ uno dei motivi per cui siamo poveri. Non sappiamo cambiare e questo ci lascia indietro, soprattutto nel campo delle energie rinnovabili. In questo senso il Ragusano, invece, è andato molto avanti – racconta Ursino – Là investiamo molto nel fotovoltaico e adesso è in atto anche il processo di scelta della geotermia», spiega. In sostanza si tratta dello sfruttamento del sottosuolo come serbatoio termico dal quale estrarre calore durante la stagione invernale ed al quale cederne durante la stagione estiva.

«Ognuno cerca di dare il meglio nel proprio campo e noi abbiamo fatto una scelta in cui crediamo – continua Ursino  – Si spera che le nuove generazioni, più propense al cambiamento della nostra, la sappiano cogliere. D’altronde il futuro non si può bloccare. E va in questa direzione».

 

[Foto di salarimpianti]


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