Europee, il piede in due staffe del sindaco Pogliese «Salvini? Elezioni terminate, è ora di battere cassa»

Sulle scale ci sono i santini abbandonati di Fratelli d’Italia: doppio nome, Raffaele Stancanelli e Giorgia Meloni. Nel suo studio, invece, ci sono due blocchetti di fac-simile della Lega: uno di Francesca Donato, l’altro di Annalisa Tardino. Il sindaco di Catania Salvo Pogliese il giorno dopo le elezioni europee 2019 è nella sua storica segreteria politica, in via Francesco Crispi. Tra un appuntamento e l’altro trova il tempo per un’intervista, gongolante perché i suoi tre candidati ce l’hanno fatta. Durante la conversazione, il suo telefono suona tre volte. La prima è l’ex consigliere comunale Tuccio Tringale, ex centrosinistra poi spostatosi nel centrodestra alle scorse Amministrative (pur  non candidandosi). Le altre due, consecutive, sono dell’ex senatore Pino Firrarello. «Lui sosteneva Romano con Raffaele Lombardo, giusto?» «Sì» «Cosa vuole dirle?» «Sono pur sempre il sindaco di Catania». Saverio Romano, ex ministro, è arrivato terzo nella lista di Forza Italia, dopo Silvio Berlusconi e Giuseppe Milazzo. A Pogliese del risultato di Romano importa, e non poco: se l’avesse spuntata lui su Milazzo, sarebbe stata una sconfitta per il suo nemico politico attuale, il sempiterno Gianfranco Micciché. «La battaglia interna l’ha vinta Micciché», deve ammettere il primo cittadino catanese.

Sindaco, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana aveva ragione? Secondo lei, con Giovanni La Via candidato al posto di Milazzo, Romano sarebbe stato battuto ugualmente?
«Ritengo che qualunque candidato catanese avrebbe fatto un ottimo risultato. Noi abbiamo sostenuto tre candidati, a cui chiaramente non abbiamo potuto concedere il massimo: erano due liste diverse e abbiamo lasciato libertà di voto in base alla sensibilità di ciascuno. La nostra campagna elettorale si è svolta contattando e incontrando le persone direttamente. S’immagini se avessimo potuto usare i social, se avessimo potuto raggiungere tutte le persone che sono nella nostra rete. Alla fine, Stancanelli, Donato e Tardino sono stati eletti: da uno a dieci, sono soddisfatto 12».

Il tracollo di Forza Italia senza di lei, però, non è avvenuto.
«Bisogna guardare ai numeri: Forza Italia a queste elezioni era l’insieme di tanti partiti. Udc e Ncd sono interamente confluiti nel partito, per buona parte lo hanno fatto anche gli autonomisti. E poi c’è stato l’apporto di Cateno De Luca: il sindaco di Messina ha cambiato le cose, l’accordo finale è stato determinante. Se mettiamo insieme tutte queste forze e consideriamo che hanno ottenuto il 17 per cento, ci rendiamo conto che non è un buon risultato. Alle Europee 2014, questi partiti valevano oltre il 30 per cento, sommati».

Ma le condizioni politiche complessive sono completamente cambiate. Nel 2014 la Lega in Sicilia aveva lo 0,86 per cento, oggi ha il 20.
«Guardiamo al risultato di Fratelli d’Italia: ha fatto oltre il 7 per cento e prima aveva il 3,2. Parliamoci chiaramente: se la linea di Forza Italia è andare contro ai populismi e verso un centro moderato, sta andando dalla parte sbagliata».

Lei vorrebbe andare coi populisti?
«Io voglio di nuovo un grande centrodestra, che contenga anche Forza Italia. Con la Lega e Fratelli d’Italia. Voglio la ricomposizione di una casa unica, che sappia mediare tra le varie posizioni e trovare punti di contatto. Così si vince. Ma finché Forza Italia in Sicilia andrà nella direzione che ha preso, non ci saranno possibilità di manovra».

Se si aprisse una nuova stagione in Forza Italia, con il congresso e la leadership di Gianfranco Micciché messa in discussione, lei tornerebbe?
«No, per me è finita. Game over, non si torna più indietro. A giugno con MuovitItalia organizzeremo un grande evento e decideremo che strada prendere».

Cioè lei continuerà a tenere il piede in due staffe o deciderete se andare con Salvini o con Meloni?
«È una possibilità. Oppure potremmo decidere che MuovitItalia rimanga un contenitore originale, che possa decidere di appoggiare, confluire o dialogare con i due partiti di centrodestra citati».

Non è cambiato niente rispetto a un mese fa. Ci eravamo detti le stesse cose.
«È vero che non so ancora cosa faremo».

Mi spieghi: quando si decide chi appoggiare che si fa? Si va da Salvini e gli si dice: “Porto in dote icsmila voti, li vuoi?”? Quanti voti vale, oggi, Salvo Pogliese? Non dica che questi conti non li fate, perché sappiamo entrambi che non è vero.
«Sui voti: non mi faccia dire una cosa del genere. Posso solo dire che ho una rete, nutrita, che ho coltivato in tutti questi anni. Sul resto: c’è stato un dialogo, molto franco, con i vertici nazionali della Lega. Abbiamo discusso con l’assessore Fabio Cantarella e con il commissario Stefano Candiani e abbiamo deciso che le due opzioni prospettate erano le migliori».

Cosa le è piaciuto di Francesca Donato? È per l’uscita dell’Italia dall’Euro, è antieuropeista convinta, estremamente sovranista. Anche lei è diventato così?
«Donato è una persona competente, che la pensa in modo molto diverso da me su tante cose. Io sono per la permanenza in Europa e sono per la moneta unica, ma è anche vero che l’Europa va cambiata. Sono state prese decisioni, come quella sull’importazione dell’olio dalla Tunisia, che hanno devastato il settore agricolo del Mezzogiorno d’Italia. Anche se il Ppe, a cui aderivo, ha votato a favore. Io ho votato contro. Ho sempre pensato che quando si fa politica bisogna indossare la maglia della nazionale, non quella della squadra».

Ora che lei ha appoggiato la Lega, il ministro dell’Interno Matteo Salvini la salva Catania?
«Dopo le elezioni, c’è maggiore serenità per pensare alla programmazione. Ho seriamente temuto, a un certo punto, per la tenuta del governo. Se fosse crollato, Catania sarebbe crollata con lui. Entro il 20 giugno abbiamo bisogno che Roma intervenga e ci dia un po’ di respiro bloccando gli interessi dei mutui e l’obbligo di restituire le anticipazioni. Il voto è passato, è arrivato il momento di battere cassa. Lega e Movimento 5 stelle, in questa città, hanno ottenuto insieme oltre il 51 per cento dei consensi, non possono dimenticarlo e hanno promesso che interverranno».

A proposito di promesse: la legge regionale sull’allargamento della giunta è passata, adesso può nominare altri due assessori. Quando lo farà?
«Al momento non è la mia priorità, devo pensare ad amministrare Catania e a fare il possibile per ottenere quello che ci serve dal governo nazionale. Tutti sanno che gli accordi li ho sempre rispettati. Altrimenti perché avrei fatto un assessore leghista, nonostante l’1,7 per cento che quel partito ha ottenuto alle elezioni comunali? Adesso, però, non posso pensarci».

Cosa ne pensa degli altri candidati che sono stati eletti alle Europee?
«Sono contento per Dino Giarrusso: giocavamo a calcio insieme, ai Salesiani, da ragazzini. Lui, suo cugino, io… La squadra si chiamava i Panthers».

Con 116mila voti Giarrusso ha preso il doppio dei voti che ha preso lei alle scorse Europee. Se si candida a sindaco, la batte.
«Ci vediamo tra quattro anni. Sarà una bella sfida».


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