Etna, l’infinita attesa dell’appalto per le escursioni Il regime autorizzatorio partirà forse in piena estate

Che fine hanno fatto le escursioni sull’Etna? «Abbiamo smesso anche di porci la domanda», rispondono desolati gli esercenti di Linguaglossa, sul versante nord della montagna. Due mesi dopo le animate proteste – culminate anche in una querela per oltraggio presentata dal sindaco Salvatore Puglisi, poi ritirata – tutto sembra fermo sull’appalto della strada che da Piano Provenzana porta ai crateri del vulcano. «Ci siamo presi tutto il tempo che serve per fare un lavoro mai fatto finora», sottolinea a MeridioNews il primo cittadino che, sul rilancio di Etna nord, si è giocato tutto. Finendo pure sotto indagine, nell’ambito dell’inchiesta sul monopolio del re della funivia Francesco Russo Morosoli. In realtà, sembra che occorra soltanto un altro po’ di pazienza.

Piano Provenzana

«Noi l’abbiamo esaurita da tempo, siamo convinti che nulla cambierà», ripetono gli operatori del versante nord. Commercianti, guide, ristoratori in ribellione da mesi perché Piano Provenzana, la stazione turistica linguaglossese, sarebbe ridotta al deserto. «Non si vede nessuno, chi arriva ci chiede di salire al cratere ma non si può». Tutto questo mentre a Nicolosi, sul versante sud, gli affari vanno sempre a gonfie vele, malgrado le grane giudiziarie del gruppo Russo Morosoli o il meteo inclemente della primavera. Etna a due facce, il cruccio di chi vorrebbe rianimare il versante nord. I Comuni di Linguaglossa e Castiglione di Siciliaproprietari della strada per i crateri, avevano tentato la carta del faraonico project financing. Iter di fatto neppure iniziato, potenzialmente fondato su ingenti investimenti come la costruzione di una cabinovia, e che nessuno può dire quando finirà. Così le due giunte si erano convinte a trovare l’ennesima soluzione ponte e avviare comunque le gite in fuoristrada a quota 3000. Un lungo travaglio che dovrebbe concretizzarsi entro giugno.

Come votato durante la contestazione dei gilet gialli etnei, le due amministrazioni puntano sul regime autorizzatorio – per anni ritenuto irrealizzabile – indicato dall’Antitrust fin dal 2016 per aprire l’Etna al libero mercato nel settore turistico. Più imprese che gestiscono il trasporto in quota e concorrenza sul costo di biglietti e servizi. L’alternativa finora mai sperimentata allo schema funivia-jeep-guida del versante sud, gestito dal gruppo Russo Morosoli, al momento unica via d’accesso veloce alla vetta. Secondo quanto appreso da MeridioNews il bando, messo a punto con la consulenza dello studio legale Bonaventura Lo Duca, dovrebbe estendersi per almeno sei anni, mettendo all’asta dalle 10 alle 15 licenze di trasporto. Si supera poi il principio della stagionalità: ogni azienda potrà compiere escursioni anche nei mesi invernali, meteo e viabilità permettendo. 

Base di partenza, per le licenze, una cifra dai 10mila ai 12mila euro per autorizzazione. Cifra simile a quella del fallito appalto del 2017. Ovvero quello che, secondo la procura di Catania, sarebbe stato turbato dall’azione di Russo Morosoli con la complicità, fra gli altri, dell’ex funzionario Franco Barone. Uno dei nodi di quella tormentata estate fu la manutenzione della pista per i crateri. Per l’accusa, il preventivo da quasi 400mila euro per mettere in sicurezza la strada, presentato da Russo Morosoli e «accettato acriticamente» dal Comune di Linguaglossa, era solo un modo per far saltare l’appalto liberalizzato di quell’anno. Evitando che altre aziende, in fuga davanti a una cifra così alta, potessero aggiudicarsi il servizio per decenni gestito dal patron della funivia.  

La scelta di questi giorni – arrivata dopo «approfondimenti che finora nessuno aveva mai fatto», sottolineano dal Comune di Linguaglossa – vede invece il varo di un secondo appalto, parallelo a quello da sei anni, che assegni la cura della strada a un soggetto diverso dai vettori di trasporto. L’impresa di manutenzione dovrebbe anche occuparsi del controllo del numero dei transiti – soggetto al limite di mille persone al giorno dettato dal parco dell’Etna – creando così una sorta di casello anche digitalizzato a Piano Provenzana. Sia la manutenzione della pista che la costruzione di una stazione di partenza verrebbero finanziate attraverso i soldi delle licenze. Che, perlomeno per questa stagione già compromessa dal ritardo, potranno andare anche a jeep da 7-8 posti. Soltanto dal 2020 le imprese dovrebbero essere obbligate a usare mezzi da almeno 15 posti.


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