Il mercato dei voti ad Adrano, indagini chiuse per 14 Accusa: «Nel 2018 consensi pagati in denaro e pizze»

Vendere il proprio voto per una cifra compresa tra 25 e 50 euro o, in alcuni casi, accontentarsi di una pizza. Sarebbe stato questo il contorno delle ultime elezioni comunali nel Comune di AdranoNel mirino dei magistrati della procura di Catania sono finite 14 persone tra le quali spiccano i nomi di due consiglieri comunali. Si tratta di Federico Floresta e Grazia Ingrassia. Entrambi eletti – rispettivamente con 465 e 578 consensi – con la lista Adrano attiva affiancata al candidato sindaco, poi perdente al ballottaggio, Aldro Di Primo. Tra gli accusati c’è anche il marito di Ingrassia, Antonio Furnari, che di professione è imprenditore nel settore della ristorazione. La presunta associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale avrebbe anche «schedato gli elettori» con un controllo del consenso nelle sezioni e «la conseguente verifica della correlazione tra il denaro corrisposto e i voti ottenuti», scrivono i magistrati nell’avviso di conclusione indagini. 

Il presunto libro mastro del voto – fatto di nomi, cognomi e sezioni – sarebbe stato utilizzato dagli indagati come una sorta di «database» da utilizzare «anche per le successive competizioni elettorali», con l’obiettivo di «offrire il proprio pacchetto di voti in consiglio comunale e nelle commissioni, in cambio di denaro». Ingrassia e Floresta, stando alle risultanze investigative, avrebbero consegnato agli elettori dei «normografi per facilitare la scrittura nelle schede elettorali». Ingrassia alla fine sarà la donna più votata tra le candidate in corsa. Floresta, invece, si era già candidato nel 2013 con la lista Amo Adrano, ottenendo 217 voti. 

Nell’inchiesta della procura, firmata dai magistrati Giuseppe Puleio e Giuseppe Sturiale, in un primo momento si era ipotizzata anche la pesante ombra dei clan mafiosi locali. Ma con la chiusura del fascicolo non è rimasta traccia dell’aggravante. La notizia dell’inchiesta ad Adrano circola ormai da diversi mesi. Venuta fuori dopo alcuni accertamenti irripetibili, su alcuni cellulari, disposti dalla procura. Il mondo della politica locale si affida a frasi di circostanza e chiede tempo per capire che tipo di strada possa prendere il fascicolo. «Quello della chiusura delle indagini è un passaggio tecnico – spiega a MeridioNews il sindaco Angelo D’Agate – aspettiamo l’evolversi della vicenda. Allo stato attuale, però, preferisco non dire nulla». A dirsi fiducioso sui prossimi passaggi è, invece, l’avvocato Salvatore Burzillà, difensore dei tre principali indagati. «Come diceva Voltaire il tempo è galantuomo e rimette a posto tutte le cose – spiega in una nota – La presunta condotta illecita descritta nei capi d’imputazione è ancora tutta da dimostrare e non esclude risvolti favorevoli per i miei assistiti». 

Nel frattempo, il presidente del Consiglio comunale adranita Aldo Di Primo, dopo avere appreso la notizia da questa testata, scrive in una nota: «Invitiamo i consiglieri interessati, al fine di restituire serenità e credibilità all’intero consiglio comunale, ad assumere una posizione responsabile rassegnando le dimissioni o autosospendendosi dal loro incarico. In attesa di potere chiarire più liberamente e in maniera definitiva la loro posizione». Su questo punto, però, non si sono ancora registrate novità.


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