Droga Albania-Sicilia, Habilaj condannato a 15 anni L’asse milionario che tocca il cugino dell’ex ministro

Senza nessun colpo di scena. Si chiude così il processo di primo grado scaturito dall’inchiesta Rosa dei venti. Per la giudice monocratica Maria Cardillo, a capo del cartello che importava droga e armi dall’Albania alla Sicilia ci sarebbe stato Moisi Habilaj. Il cugino dell’ex ministro dell’Interno albanese Saimir Tahiri non sarebbe stato un semplice manovale della marijuana ma un vero e proprio boss. Motivo per cui la giudice oggi pomeriggio lo ha condannato a 15 anni, cinque mesi e dieci giorni. Tre anni in meno di quanto richiesto dalla procura di Catania durante la requisitoria condotta dal magistrato Andrea Bonomo. Habilaj ha ascoltato il verdetto in silenzio, in jeans, polo e scarpe dal colore sgargiante, all’interno di una delle celle al primo piano del tribunale. Per i suoi avvocati, Giuseppe Ragazzo e Maria Caltabiano, il suo sarebbe stato un ruolo di semplice «vettore», motivo per il quale avevano chiesto l’assoluzione dall’aggravante di capo promotore. A cadere, invece, è stata quella del grosso quantitativo.

Il parente del politico,
in custodia cautelare da ottobre 2017, nei mesi scorsi aveva parzialmente ammesso le sue responsabilità, decidendo di rispondere alle domande dei magistrati italiani e albanesi. Titolari di un fascicolo, aperto dalla procura dei Crimini gravi di Tirana, sia nei confronti di Habilaj che del cugino Tahiri, ex ministro. Nel faccia a faccia il presunto boss aveva spiegato di rispondere agli ordini di un certo Fatosh, senza però fornire il cognome. Agli atti restano intercettazioni e lati oscuri, anche legati all’acquisto di alcuni gioielli, effettuato a Catania nel dicembre 2013, e poi destinati, stando alla ricostruzione investigativa, alla moglie e alla madre dell’ex ministro Tahiri

Nei verbali dei magistrati sono finite pure le dichiarazioni di Nazer Seiti, ritenuto dall’accusa il cassiere dell’organizzazione criminale. Per lui era stata chiesta una condanna a sei anni: il dispositivo del giudice lo condanna, invece, a sette anni, quattro mesi e 26 giorni di carcere. Seiti è anche l’unico degli imputati, tutti giudicati con il rito abbreviato, a essere stato arrestato in Albania per poi essere
estradato in Italia. Resta invece un mistero che fine abbia fatto Florian Habilaj, fratello di Moisi. Non rintracciato durante il blitz della guardia di finanza e, di fatto, latitante da quasi due anni

Un capitolo a parte in questa storia è quello che riguarda Saimir Tahiri. Il politico, citato negli atti in alcune intercettazioni svelate da MeridioNews, ha cercato in ogni modo di respingere le accuse di essere l’uomo ombra dell’organizzazione. Qualche giorno dopo il blitz, durante una conferenza stampa convocata a Tirana, aveva anche mostrato un misterioso documento, con intestazione della procura di Catania, in cui dava conto dell’assenza di indagini a suo carico. A pochi giorni di distanza arrivava il via libera del parlamento albanese, dopo la richiesta dei magistrati albanesi, per metterlo sotto indagine. In realtà il politico a Catania è stato indagato dai pm, salvo poi essere archiviato. 

La lista degli imputati:

Antonino Riela: 14 anni e otto mesi;
Angelo Busacca: sette anni, quattro mesi e 26 giorni;
Vincenzo Spampinato: dieci anni e due mesi;
Gianluca Passavanti: quattro anni e diecimila euro di multa;
William Patanè: assolto;
Carmelo Bertolini: assolto;
Massimiliano Bruno: assolto;   
Antonio Greco: assolto;
Giuseppe Greco: due anni, quattro mesi e 4700 euro di multa; 
Rosario Giuliano: due anni, quattro mesi e 4700 euro di multa;
Nezar Seiti: sette anni, quattro mesi e 26 giorni;
Sulaj Meridian: otto anni e quattro mesi;
Moisi Habilaj: 15 anni, cinque mesi e dieci giorni;
Minaj Fatmir: assolto.


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