Muos, avvisi di garanzia per 17 attivisti Mazzeo: «Vogliono fermare la protesta»

Radunata sediziosa, manifestazione non autorizzata e danneggiamento aggravato in concorso di strutture militari. Sono questi i tre reati contestati ai 17 attivisti del movimento No Muos che in questi giorni hanno ricevuto gli avvisi di garanzia notificati dalla questura di Caltanissetta. I fatti risalgono alla notte tra il 7 e l’8 settembre, quando, contestualmente a tre giorni di manifestazioni, un gruppo di militanti si è spinto in presidio fino all’ingresso della base statunitense in contrada Ulmo dove dovrebbe sorgere il sistema di antenne militari. Qui, armati di pentole, padelle e mestoli, hanno dato vita a un cacerolazo, battendo rumorosamente sui cancelli.

«Una forma di protesta pacifica nata in Argentina e molto usata dai manifestanti in val di Susa», spiega Federico Galletta, uno degli attivisti finito sotto indagine. Insieme a lui anche il giornalista Antonio Mazzeo e il sindacalista Alfonso Di Stefano. I militanti no Muos non ci stanno e respingono le accuse. Parlano di una «passeggiata notturna», che non può essere paragonata a «una manifestazione per cui sarebbero servite le autorizzazioni». «La radunata sediziosa è un reato ottocentesco che non viene applicato da secoli», denuncia Mazzeo. Mentre l’ultima accusa riguarda il danneggiamento di alcuni cartelli con la scritta «zona militare». «Magari fossi riuscito a distruggere la base – replica Mazzeo – se avessi potuto farlo ne sarei stato onorato, perché il Muos rappresenta un pericolo per i siciliani». Secondo il giornalista «questi avvisi di garanzia rappresentano un fatto grave, di terrorismo politico, uno strumento deterrente in vista della grande manifestazione convocata per giorno 6 ottobre. Un modo per tagliare le gambe alla protesta, anche perché a essere colpiti sono stati soprattutto ragazzi ventenni». Mazzeo ricostruisce i fatti della notte tra il 7 e l’8 settembre. «Le forze dell’ordine italiane sono state avvisate dai militari americani – racconta – ma non sono intervenute all’ingresso della base; siamo stati identificati solo quando abbiamo fatto ritorno al campo, quindi a circa tre chilometri e mezzo dai cancelli del Muos».

Lo scorso 11 settembre una delegazione dei comitati No Muos, guidata proprio da Mazzeo, era stata ascoltata in Parlamento. In particolare, partecipando all’audizione della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito al Senato, i militanti avevano ottenuto l’impegno a convocare il presidente della Regione Sicilia e il ministro della Difesa per chiedere la moratoria del progetto di installazione del Muos. «È incredibile e paradossale – sottolinea Mazzeo – che nonostante l’ammissione della commissione, nonostante la documentazione che abbiamo portato in merito al coinvolgimento di un’azienda in odor di mafia nella costruzione del sistema di antenne, nonostante tutto siamo noi a ricevere le denunce». Solidarietà ai 17 attivisti è giunta da Rifondazione Comunista e dal coordinamento regionale dei comitati No Muos. Questi ultimi in una nota rivendicano la «legittimità di quell’azione che esprime semplicemente la volontà della popolazione siciliana di non morire per l’inquinamento elettromagnetico causato dal Muos».


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La questura di Caltanissetta ha notificato l'informazione di garanzia ai militanti No Muos riuniti, nella notte tra il 7 e l'8 settembre, in un rumoroso presidio davanti alla base americana. Tre i reati contestati: radunata sediziosa, manifestazione non autorizzata e danneggiamento di strutture militari. «Abbiamo solo battuto pentole e padelle sui cancelli come fanno in Val di Susa», si difendono gli attivisti che denunciano il tentativo di fermare la protesta in vista della manifestazione del 6 ottobre

La questura di Caltanissetta ha notificato l'informazione di garanzia ai militanti No Muos riuniti, nella notte tra il 7 e l'8 settembre, in un rumoroso presidio davanti alla base americana. Tre i reati contestati: radunata sediziosa, manifestazione non autorizzata e danneggiamento di strutture militari. «Abbiamo solo battuto pentole e padelle sui cancelli come fanno in Val di Susa», si difendono gli attivisti che denunciano il tentativo di fermare la protesta in vista della manifestazione del 6 ottobre

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