Suicidio assistito, le richieste della procura a Dignitas «Qui si fa prevenzione, solo il 14% decide di morire»

Millesettecento chilometri. Da Paternò Forch (Cantone Zurigo) in Svizzera. È il percorso compiuto da Alessandra Giordano, la maestra 47enne che lo scorso marzo ha scelto di morire nella struttura Dignitas – vivere degnamente – morire degnamente, la stessa cui aveva fatto ricorso anche dj Fabo e che è attiva dal 1998 a livello internazionale. Dopo un esposto presentato dai familiari, è stato indagato per istigazione al suicidio Emilio Coveri, il responsabile dell’associazione Exit Italia che promuove il diritto all’eutanasia

Il 68enne è stato invitato a presentarsi negli uffici della procura di Catania, tra pochi giorni, per essere sottoposto all’interrogatorio. Intanto, la procura etnea ha richiesto alla Dignitas copia integrale della cartella clinica, della documentazione sanitaria e amministrativa sui colloqui e le visite specialistiche, della manifestazione di volontà di diventare socia della Dignitas e tutti i documenti in cui la donna abbia dato disposizioni – anche patrimoniali – post mortem in loro favore. Questo anche alla luce della «corposa corrispondenza telematica finalizzata a porre in essere un suicidio assistito». 

Mail nelle quali, stando a quanto ricostruito, «veniva indicata la documentazione necessaria per il suicidio assistito, il prezzo – regolarmente versato dalla donna con bonifico bancario di euro 6.206,64 il 15 marzo 2019 – e, addirittura, la lista degli alberghi ove soggiornare». Contattati da MeridioNews, dall’organizzazione svizzera precisano innanzitutto che «non siamo una clinica ma un’associazione senza scopo di lucro. Non abbiamo una struttura ospedaliera con medici e infermieri, non c’è nessun reparto di pronto soccorso, non c’è nessuna possibilità per pazienti di rimanere da noi per giorni o settimane».

A differenza dell’Italia, in Svizzera il suicidio assistito è legale (mentre resta illegale la pratica dell’eutanasia attiva). «Nel nostro Paese – spiegano da Dignitas – è giuridicamente possibile l’aiuto al suicidio, cioè un accompagnamento alla morte volontaria». Requisiti per accedere a questa forma di autodeterminazione del fine vita sono «che la persona non mostri alcun segno di mancanza della capacità di intendere e di volere e che sia in grado di compiere personalmente l’atto finale». Non solo un atto assistito, ma un processo di preparazione in cui la persona viene accompagnata da diverse figure professionali: medici, psicologi, avvocati. «Anche se a prima vista può sembrare paradossale – aggiungono da Dignitas – siamo una organizzazione che vuole aiutare a vivere e a prevenire i tentativi di suicidio. Prendiamo sul serio le persone che hanno desiderio di porre fine alla propria vita e diamo informazioni per evitare che si gettino sotto un treno o si impicchino. Alcune persone ci contattato – continuano – perché vogliono “un’uscita di emergenza“. Delle persone che hanno ottenuto la “luce verde provvisoria” solo il 14 per cento fa uso dell’opzione». 

Per i magistrati, però, nel caso dell’insegnante paternese «non appare chiara la sussistenza dei presupposti per il suicidio assistito secondo le modalità consentite dalla legislazione elvetica». La donna soffriva di depressione e della sindrome di Eagle (una nevralgia facciale atipica) «patologie – scrivono i magistrati – che non appaiono rispondere ai requisiti richiesti per il suicidio assistito in territorio elvetico, quali: patologia incurabile, handicap intollerabile e/o dolori insopportabili, debitamente certificati». Dalle denunce presentate dai familiari, inoltre, sembrerebbe che Giordano fosse diventata socia dell’associazione Dignitas «e che la stessa l’avrebbe tutelata nei suoi interessi legali e non. Possono avanzarsi fondati dubbi – aggiungono dalla procura – circa la piena consapevolezza riguardo gli effetti di tali disposizioni, o, addirittura, circa l’autenticità della sottoscrizione».

Quello del fine vita in Italia è un aspetto non del tutto normato. Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge sul testamento biologico che consente di decidere i trattamenti sanitari ai quali si accetta di essere sottoposti e prevede che anche la nutrizione e l’idratazione artificiale possano essere rifiutati. Restano illegali l’eutanasia attiva, il suicidio assistito e l’aiuto al suicidio. «Siamo in attesa che la Corte costituzionale intervenga il prossimo 24 settembre», spiega a MeridioNews Matteo Mainardi, coordinatore della campagna Eutanasia legale promossa da Radicali Italiani e dall’associazione Luca Coscioni. «Dopo la disobbedienza civile di Marco Cappato nella vicenda di dj Fabo – riferisce Mainardi – il tribunale di Milano aveva richiesto parere alla Corte costituzionale che, a sua volta, aveva dato al Parlamento undici mesi di tempo per legiferare». Al momento rimane un vuoto normativo, nonostante le cinque proposte di legge depositate alla Camera. «Il fine vita è un atto con cui si dà il farmaco finale ma di un percorso di ricerca di alternative, nel caso in cui non ce ne fossero, di affiancamento alla persona con professionisti specifici. La cosa peggiore – conclude – è lasciare alla persone l’unica via del ricorso al suicidio privato».


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