Scandalo UniCt, la lettera del decano sulle elezioni «Decreto demodé? Vero, ma attualmente in vigore»

«Capisco che un decreto umbertino possa sembrare un po’ demodé, e qualcuno lo ha detto, ma chi è chiamato ad eseguire le leggi non può permettersi di autoesonerarsene solo perché un decreto di sicura vigenza reca la firma dell’ex re. Del resto, questo non è certo l’unico caso: in Italia vigono ancora migliaia di leggi e decreti risalenti al periodo monarchico». Il professore Vincenzo Di Cataldo, decano dell’università di Catania, scrive una lunga lettera a colleghi, personale e studenti dell’ateneo. A qualche giorno dall’ufficializzazione dei cinque candidati alla carica di rettore, mentre non si placano le polemiche sulla scelta di fissare le votazioni per il 23 agosto, Di Cataldo cerca di mettere i puntini sulle i. «Proprio perché legittimato a svolgere le funzioni di rettore, il decano aveva e ha il potere di convocare il Senato accademico, e lo ha convocato – si legge nella nota – Il Senato ha invitato il decano a indire le elezioni. E il decano le ha indette. Tutto questo, secondo le norme indicate, e, ripeto, con il consenso unanime del Senato, del Direttore generale e dei Dirigenti tutti dell’Ateneo. E, aggiungo, con piena informazione del Ministro dell’Università».

Il riferimento al Miur arriva dopo le dichiarazioni rilasciate dall’ufficio stampa del ministero a questa testata. «Il ministero non ha facoltà di impedire che un ateneo proceda all’elezione di un nuovo rettore, una volta cessato dalla carica quello precedente», si leggeva nella nota inviata da Roma a MeridioNews. Senza però rispondere alle domande sull’eventuale parere ministeriale richiesto dall’ateneo a proposito della convocazione del Senato accademico da parte del decano. Che, per farlo, ha fatto riferimento a un decreto luogotenenziale del 1944. «Desidero qui ringraziare i venti firmatari dell’appello per il rinvio delle elezioni. Essi hanno svolto un ruolo prezioso, invitando tutti noi, me per primo, a riflettere», prosegue Di Cataldo. Nella sua replica, il decano insiste su quanto previsto dallo Statuto dell’ateneo. «In caso di anticipata cessazione dalla carica (del rettore, ndr), il decano, su invito del Senato accademico, indice le elezioni del rettore e fissa le date delle votazioni in modo che le operazioni di voto si concludano entro 60 giorni dalla cessazione dalla carica». Un termine che, per i sottoscrittori dell’appello, non è perentorio poiché non prevede alcuna sanzione in caso di mancato rispetto della scadenza.

Per il decano, invece, «questo rilievo è del tutto privo di credibilità: nel nostro diritto il rispetto del termine ha la funzione di elemento che condiziona l’efficacia dell’atto da compiere, con il risultato, sicuro, pur se quasi mai riferito espressamente dalla norma, che l’atto compiuto fuori termine è inefficace, e, cioè, giuridicamente “inutile”». Sarebbe utile, invece, «fare durare il meno possibile la gestione interinale del decano, che deve limitarsi all’ordinario, e quindi non può valorizzare adeguatamente le risorse e le capacità dell’ateneo con nuove iniziative», sottolinea Di Cataldo. Aggiungendo un dettaglio: «Personalmente ritengo che sarebbe meglio collocare le elezioni in un altro periodo dell’anno, ma non credo affatto che un’elezione in agosto sia di per sé una cosa impossibile o intollerabile». La precisazione ulteriore riguarda le valutazioni di opportunità: «Nel nostro sistema leggi e regolamenti non sono esposti a valutazioni di opportunità di chi è chiamato ad eseguirli. Se il decano si permettesse di farlo compirebbe una gravissima illegittimità […] Infine, e non mi pare cosa da poco, proprio in un momento in cui un’indagine penale in corso rimprovera alla Università di non avere rispettato le regole, ritengo che l’Università debba mostrare che essa segue con attenzione e rispetto le regole, tutte. Anche queste regole sulle elezioni del rettore. Lo deve mostrare a sé stessa, alla città, a tutti».

Sul tema della legittimità dell’operato del decano, però, sono in molti ad avere sollevato dubbi. Non ultima l’associazione Trasparenza e merito, che proprio sulla legalità nei concorsi accademici di tutt’Italia punta i riflettori. Secondo Tra-Me, è il decreto luogotenenziale del 1944 a fornire al ministero un valido appoggio per potere commissariare l’università di Catania, andando oltre quanto sostenuto dal Miur a proposito dell’impossibilità di adottare un simile provvedimento se non in caso di dissesto finanziario di un ateneo. «Al Ministro è sempre possibile procedere, nel caso di gravi motivi (citiamo testualmente il decreto) e reiterate violazioni di legge, al commissariamento degli atenei (in quanto enti pubblici) – afferma l’associazione fondata da Giambattista Scirè – L’autonomia universitaria, riconosciuta e tutelata dalla legge, non può mai degenerare in irregolarità e illeciti […] È di tutta evidenza che si tratta non di una improcedibilità tecnica ma di una non volontà politica di fare un atto chiaro e inequivocabile vista la delegittimazione dei vertici dell’ateneo. Troppo facile costituirsi parte civile a cose fatte, dopo le indagini, ma occorrono atti e censure pubbliche chiare». Sotto un ulteriore profilo, come evidenziato dal Codacons in una sua denuncia, «non risulta che l’attuale decano sia stato nominato provvisoriamente rettore per decreto, dunque l’atto (l’indizione delle elezioni, ndr) sarebbe giuridicamente illegittimo».


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