#EleSicilia35, talk show tra candidati Vaghi e confusi non convincono gli elettori

Un talk show per incontrare i candidati all’assemblea regionale siciliana organizzato in 16 giorni e per lo più in Rete. Ieri ha preso vita #EleSicilia35, il format ideato da una rete di testate online, blog, gruppi di studenti e singoli giornalisti. Due momenti distinti, con il primo dedicato ai politici over 35 e il secondo centrato sulle giovani promesse locali. Se il merito degli under 35 organizzatori dell’evento è quello di aver riunito per un pomeriggio centinaia di votanti per un dibattito lontano dai programmi televisivi ingessati con 1500 tweet scambiati nel corso dell’evento, i giovani politici hanno deluso per la mancanza di preparazione – carenza condivisa anche con i senior – e per l’assenza del tanto auspicato tratto distintivo rispetto alla precedente classe politica. Un calderone unico nel quale versare grandi dosi di generalizzazioni accompagnate da cenni fuggevoli ai programmi. E poi il grande vizio che ha accomunato tutti gli otto candidati presenti: la descrizione di una situazione evidentemente nota e condivisa, senza la conseguente proposta di una soluzione.

Struttura del dibattito all’americana, con tre minuti per rispondere, prima dell’interruzione di un pratico e a volte ignorato campanellino. Si parte con un contributo video, tre interviste ad altrettanti giovani costretti ad andare all’estero per trovare lavoro. Un tema chiaro e molto caro al centinaio di utenti che hanno seguito in streaming la diretta e commentato su Twitter. Salvo Fleres, Grande sud-Mpa, parte citando le lotte del ’68 e la dichiarazione dei diritti dell’uomo. Secondo lui, è stata proprio l’interpretazione parziale del primo articolo a creare i problemi con i quali i giovani si devono confrontare. «Il falso egualitarismo ha portato alla creazione di una classe dirigente inadeguata». Per Nino D’Asero, Pdl, bisogna puntare su una rivoluzione culturale con alla base una formazione che possa essere spesa nel territorio. Il rappresentante dell’Udc Marco Forzese stenta a trovare la chiave di lettura dell’argomento e la prende alla lontana, puntando il dito contro quanti non andranno a votare. Claudio Favaex candidato alla presidenza con Sel,IdvVerdi e Federazione della sinistra, adesso in corsa per la poltrona di vicepresidente – dipinge un quadro desolante della situazione: risorse dimezzate, trasporti inesistenti, strutture inadeguate. La soluzione – visto che non si può chiedere «di restare a prescindere» – è quella di un investimento su quanti vogliono andare fuori, a patto che spendano in Sicilia le professionalità acquisite.

Sui buchi della sanità sembra accendersi la verve dei candidati rimasti in panne durante il primo intervento. Fleres punta sulla meritocrazia: «Non mi farei operare da un primario scelto per la tessera del partito», afferma. Per poi rincarare la dose. Visto che i pazienti saranno sempre più costretti ad andare fuori per usufruire dei servizi, «la migliore cura si chiamerà Alitalia». «Meno male che non ha detto Wind Jet», sussurra qualcuno tra il pubblico. Per Fava «la sanità siciliana è la dimostrazione di come la politica ha tradotto il diritto in privilegio». Tutti pronti a dare addosso alla gestione del governo Lombardo, insomma, con l’eccezione di D’Asero che riconosce l’impegno nella riorganizzazione, ma non condivide il risultato finale che ha portato all’aumento della spesa. E sulle accuse rivolte a lui, che è stato anche membro della commissione regionale, si difende facendo la distinzione tra il lavoro del parlamentare e quello di chi realmente gestisce la macchina decisionale e organizzativa.

Sulla questione quote rosa e diritti delle donne nel mondo del lavoro la generalizzazione torna a farla da padrone. Anche in questo caso è il candidato dell’Udc Forzese a stentare maggiormente. Incalzato da Fava su una proposta reale, risponde quasi stizzito prima di lasciare l’incontro: «Dobbiamo trovare una soluzione. Se non siamo riusciti a trovarla in dieci anni, non posso farlo in un minuto». Per il pidiellino Fleres la questione va di pari passo con il miglioramento di infrastrutture, burocrazia, sicurezza e giustizia. D’Asero, invece, si dice contrario alla protezione generalizzata della donna, in quanto un rapporto paritario deve essere acquisito già in partenza.

I contorni sfumati tra i candidati rimangono tali anche quando si parla di sprechi e privilegi della politica locale. «Bisogna dividere i costi della burocrazia dagli sprechi della politica fatti per difenderla», spiega Salvo Fleres. «Voglio sapere da chi sono finanziate le campagne elettorali, perché sono cambiali firmate che poi vanno pagate», afferma deciso l’ex candidato alla presidenza Fava. Altro punto centrale per lui – assieme a riduzione di indennità e numero di rappresentanti all’Ars – è non chiamare più i deputati onorevoli. Sulla questione, però, D’Asero chiede di «non mortificare» il ruolo degli eletti.

Il cambio dei relatori svuota notevolmente la sala e a spiccare su tutte è l’assenza del candidato Pd Anthony Barbagallo. Anche in questo caso il tema di apertura è la fuga dei giovani dalla Sicilia. Tommaso Currò del MoVimento 5 stelle si concentra sui corsi di formazione regionali, mentre Gianluca Cannavò (Pdl) parla di un sistema che ha disabituato i giovani al lavoro e Costanza Castello (Grande sud) di una politica che ha massacrato tutti, indistintamente. Secondo Antonio Tomarchio di Rifondazione comunista, infine, la crisi vissuta dalla generazione che si affaccia al mondo del lavoro è peggiore di quella che ha costretto gli italiani a spostarsi con la valigia di cartone e opta per una soluzione basata sull’accesso facilitato al credito.

Una viva confusione tra i candidati scatta sulla domanda sulle eco-mafie. Tomarchio, che ha affermato di aver sfilato con i cittadini di Motta Sant’Anastasia e Misterbianco contro l’ampliamento della discarica di contrada Tiritì, chiede di non abolire il Durc (documento di regolarità contributiva). Strumento che non difende in maniera ottimale i lavoratori, ma che è utile quando si tratta di imprese e ambiente. Currò, in linea con lo spirito del suo movimento, riconosce come soluzione ottimale la strategia del rifiuto zero ideata da Paul Connett descrivendola come «unico sistema che abbatterà le eco-mafie». Cannavò dichiara di ispirarsi al modello di gestione nordeuropeo prima di incartarsi in una complicata distinzione tra il sistema del pagamento dei tributi precedente (operato attraverso lo Stato) e quello attuale (gestito dai Comuni). Fondi diversi, che – sembra quasi sostenere il candidato del Pdl – vengono da tasche diverse. E’ Costanza Castello la candidata che sbaglia totalmente la mira, parlando (poco e genericamente) di uno snellimento delle pratiche, preferendo spendere i suoi tre minuti per difendere il candidato alla presidenza della sua coalizione Gianfranco Miccichè, autore di una considerazione molto criticata sull’intitolazione dell’aeroporto di Palermo ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tutto si riassumerebbe in una parola, «marketing», che scoraggerebbe i visitatori fin dal loro atterraggio. Una scelta che però la penalizza sia in sala che tra i commentatori online.

Le generalizzazioni ritornano nel momento in cui si parla di banda larga. Per il candidato del M5s Currò – il cui intervento viene poi condiviso da tutti i relatori – «la banda larga è l’autostrada del futuro». Sì al wi-fi libero e gratuito, dunque. Per Tomarchio occorre utilizzare internet anche per abbattere lo strapotere di insegnanti e presidi che impongono libri di testo sempre più costosi. Lavagne digitalizzate e tablet sono quindi una buona soluzione, anche se bisogna prestare attenzione a una generazione «lobotomizzata dalla Rete». «Internet è importantissimo, anche se preferisco il contatto umano», spiega Cannavò. «Approvo e controfirmo quanto detto dai colleghi», afferma Castello prima di lanciarsi in un discorso ancora una volta completamente diverso, invitando a non disperdere il voto e prestare attenzione ai finti giovani con padrini (e padri, fa notare il moderatore Vincenzo Barbagallo) importanti.

L’ultima domanda è quella relativa ai beni culturali e al loro sfruttamento per attrarre turisti. Dopo i convenevoli sulle bellezze uniche della Sicilia, i vari interventi si differiscono su alcuni punti. Il candidato di Rifondazione Tomarchio critica la gestione del sovrintendente Gesualdo Campo, autore di due discussi provvedimenti quali lo sgombero dell’Experia e il trasloco degli studenti dell’Istituto d’arte dal collegio dei Gesuiti di via Crociferi. Costanza Castello, in virtù della sua esperienza nel settore, punta alle strutture per un settore che abbraccia numerosi campi. Gianluca Cannavò, invece, s’infervora sulla questione casinò, denunciando le lobby che non permettono alla Sicilia di costruirne uno sull’isola. L’applauso più forte però lo riceve il moderatore Barbagallo quando osserva come la mancanza di un casinò non sia vissuto come un problema sociale dai siciliani.

E’ una sala con meno partecipanti quella della fine, ma è quella che man mano che le domande si susseguono contesta ai candidati la mancanza di contenuti. Costanza Castello prova a difendersi: «Spesso scaraventano su di noi, che siamo appena arrivati, le colpe della politica». Difesa poco convincente, appoggiata dalla claudicante presa di posizione del pidiellino Cannavò: «Il partito non l’ho scelto io. Ero di An e sono stato catapultato nel Pdl». Battute a non finire online e non sulle candidature «a propria insaputa» e, infine, il sipario. Rimane, inespressa ma ossessiva, la domanda: «Per chi votare?».


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