Mafia a Misterbianco, Di Guardo lascia il Comune L’attacco al prefetto: «Con me non è stato leale»

Alla fine, il problema di Misterbianco «non è la mafia», ma solo «l’abbaglio» del prefetto di Catania
Claudio Sammartino. «Io non ho prove, ma forse ci saranno altre cose», dice Nino Di Guardo, ormai ex sindaco di uno dei Comuni più grandi della provincia di Catania. Sciolto per mafia dal Governo Conte bis quasi un anno dopo l’arresto dell’ex vicesindaco Carmelo Santapaola. Le ombre non sono quelle dei clan coinvolti nelle tre inchieste – Revolution betRevolution bet 2Zeta – che hanno coinvolto l’amministrazione da ieri a casa. Semmai il nemico è la discarica Oikos – «Un grande centro di potere e finanziario, e se lo chiedete in giro tutti sanno che ci siamo battuti per anni contro la discarica che ci ammorba» – e forse addirittura certe parentele: «Certamente la famiglia… Come si chiama quello… Il senatore Mimmo Sudano ha figli che lavorano là, e sempre Sudano tempo fa mi ha detto “noi siamo amici della discarica”, forse più di amici. Forse anche politici sono interessati alla discarica». 

Il 76enne primo cittadino c’era, eccome, quando nel 1991 il municipio fu sciolto per la prima volta. All’opposizione della Dc di allora, per poi governare a lungo. Mettendo la sua firma sulla città che si metteva alle spalle gli anni di omicidi per strada e corruzione. Di Guardo, maglia rossa, al solito è battagliero, furente, ma certo anche ammaccato, e non poco. Il secondo scioglimento per mafia si verifica proprio con lui al comando, durante il quinto dei suoi mandati. 

Ai giornalisti, convocati ancora in Comune, sciorina il repertorio che agita insistentemente fin da quel novembre 2018. «Santapaola è una persona per bene, ha avuto questa sciocchezza che con il Comune non c’entra niente». Ovvero l’accusa – che la chiusura delle indagini arricchirà dell’aggravante mafiosa – di essere il reale proprietario di un bar a Lineri assieme ai suoi tre cugini: Carmelo, Vincenzo e Giuseppe Placenti, uomini di Cosa nostra a Misterbianco secondo i pm. «Sono venuti i commissari per sei mesi, cosa hanno trovato di così grave? Dove hanno visto la mafia? È una vergogna!», urla l’ex primo cittadino, impaziente di leggere la relazione della Commissione inviata da Sammartino, l’atto che motiva lo scioglimento. 

«Il prefetto nella migliore delle ipotesi ha preso un abbaglio», ripete ma le allusioni puntano a presunte influenze della politica, mai esplicitate direttamente dal sindaco. «Santapaola e dieci consiglieri nel 2014 – ricorda Di Guardo – mi lasciarono solo perché non volevano votare in consiglio contro la discarica. Poi ho scoperto che era un complotto di Luca Sammartino (deputato Ars del Pd, nipote del prefetto Claudio, ndr) e Valeria Sudano (senatrice Pd, nipote di Mimmo Sudano) perché non volevano l’attacco». Poi sia Santapaola che Sammartino si riappacificarono al «sindaco a vita». «Carmelo nel 2017 è venuto e mi ha detto, “me ne fotto della discarica, voglio continuare la sua battaglia” e allora l’ho fatto entrare in giunta, che problema c’era». Qualche anno prima, secondo i magistrati, la mafia lavorava per «l’occupazione sistematica dell’istituzione comunale di Misterbianco, volta ad avere un controllo pieno di appalti e assunzioni». Valendosi di uomini come Santapaola. «Ma le inchieste riguardano il gioco d’azzardo, non c’è niente su di noi, chi c’entra u Cumuni?». Sarebbe peraltro tutta roba vecchia: «Sono fatti del 2012. Lo sapevano da sette anni, ma cosa hanno fatto? Se sapevano che c’erano problemi perché non arrestavano qualcuno? A giustizia non capiu nenti».

Liquidati i problemi politici, Di Guardo torna sulle questioni giudiziarie: «Non ci sono né amministratori né impiegati inquisiti, tranne il fatto privato di Santapaola che nulla c’entra con il Comune. Misterbianco è una comunità adamantina, scheletri nell’armadio non ne abbiamo». Da buttare non è la sua amministrazione, semmai la legge sullo scioglimento: «Questa legge uccide la democrazia, mortifica i Comuni virtuosi. Non si può permettere che tre burocrati si mettono assieme, indagano e sciolgono un Comune senza conoscere la vita della comunità. Qua c’è stato un colpo di Stato, un gesto inqualificabile». La mano del prefetto Sammartino è il cruccio di Di Guardo: «Vogliamo sapere cosa ha scritto, con me non è stato leale. Ci siamo visti dopo la visita di Salvini ad agosto, e mi ha detto “stia sereno”. Stava facendo come Renzi…»

Di Guardo preannuncia poi un ricorso al Tar e, di più, i suoi programmi politici. «Sono stato sindaco della legalità, non dell’antimafia di facciata. Finisce oggi la quinta sindacatura, e se avrò vita e salute vorrei realizzare la sesta. Ai cittadini dico state tranquilli, siamo sicuri di tornare, dimostreremo in ogni sede la nostra trasparenza».


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