Reggina-Catania 1-0, ecco chi sale e chi scende Welbeck classico motorino, l’attacco non risponde

Dopo le sconfitte contro Potenza e Monopoli, il Catania rimedia la terza sconfitta consecutiva lontano dalle mura amiche. Il big match della settima giornata contro la Reggina è deciso da Corazza, bravo a sfruttare cinicamente la prima occasione capitata sui suoi piedi. Gli etnei pagano un pessimo approccio e non riescono a trovare alternative al pressing asfissiante dei calabresi e alla marcatura a uomo di Bellomo su Lodi. Continua la crisi nera di Pinto: evanescenti anche Di Molfetta in avanti e Rizzo in mezzo. Welbeck è un leader operaio: pochi fronzoli, tanta sostanza. 

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Nana Welbeck: La classe operaia, in una giornata triste per il Catania, va in Paradiso. Non è certamente un buon segnale che il numero 6 dei rossazzurri venga eletto migliore in campo: ciò significa, infatti, che i piedi buoni tra gli etnei hanno latitato. L’azione dell’italo-ghanese non spicca magari per una certa qualità, ma il prodotto del vivaio bresciano ha il grandissimo pregio di farsi trovare sempre nel posto giusto al momento giusto. Ottimo in fase di filtro, sempre presente quando si tratta di sganciarsi in avanti, prova anche la conclusione a inizio ripresa, mettendo in ambasce Guarna. Esce esausto nel finale.

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Moise Mbende: Il numero 3 etneo ha dimostrato di prendere sempre più confidenza con il calcio italiano. Reginaldo dalle sue parti va regolarmente a sbattere: il tedesco-camerunese è bravo a limitare le folate offensive dei padroni di casa, coadiuvato da un Esposito che dopo il pessimo inizio sale gradualmente di tono. Il fisico lo aiuta, ma Mbende si dimostra una roccia: deve ancora affinarsi dal punto di vista tattico: nonostante questo, il suo match merita ampiamente la sufficienza. L’ultimo colpo del direttore sportivo Cristian Argurio (ormai prossimo ai saluti) ha tutti i numeri per diventare una colonna difensiva di questa squadra.

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Cristian Llama: L’impressione è che l’esperto argentino, classe 1986, possa far valere maggiormente la sua classe entrando a partita in corso. Nella ripresa prende il posto dell’evanescente Rizzo, piazzandosi come mezzala sinistra e dando più brio alla manovra. Prova a mettere anche qualche palla pericolosa in mezzo, ma oggi l’attacco latita totalmente. L’autonomia non è quella dei giorni migliori, ma l’ex Fiorentina col suo sinistro può rivelarsi sempre un’arma preziosa se gestito con sapienza.

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Giuseppe Pinto: L’esordio di Avellino, nonostante una condizione fisica approssimativa, aveva fatto ben sperare tutti quanti. Il Catania pareva aver trovato l’erede di Giovanni Marchese a sinistra: un calciatore con un buon piede e con una gran predisposizione alle sortite nella metà campo avversaria. Da qualche domenica a questa parte, purtroppo, dell’ex Parma si sono perse le tracce. Incerto in copertura, timido in proiezione offensiva: un giocatore impalpabile. La genesi del gol che decide la partita deriva da un suo errore di posizione che permette a Garufo di incunearsi sulla fascia e scodellare il pallone in mezzo per Corazza. Camplone lo sostituisce con Biondi dopo un primo tempo da mani nei capelli. 

Flop

Davide Di Molfetta: Anche per il numero 8 scuola Milan le ultime partite hanno registrato un significativo passo indietro rispetto al buon esordio di Avellino. Di Molfetta non è mai stato un goleador, è bene chiarirlo: della sua proverbiale capacità nello sfornare assist, però, si è persa ormai traccia. Camplone lo sposta da destra a sinistra e viceversa, col giocatore che non riesce mai a trovare la giocata giusta per innescare Di Piazza e Curiale. La sostituzione con Di Stefano è il finale scontato di una prestazione scialba e incolore. 

Flop

Matteo Di Piazza: Il dubbio, vedendolo giocare, viene sempre. Di Piazza è una prima punta, una seconda punta o un esterno d’attacco? Camplone non ha dubbi: è la prima soluzione ad essere quella giusta e lo ha ribadito più volte. Lui e Curiale sono intercambiabili. Il problema è che, in un match molto difficile come quello di oggi, l’attaccante di Partinico non riesce a far bene il lavoro che un centravanti dovrebbe compiere: far salire la squadra, soffiare la palla di testa ai difensori, provare a tenere alta la squadra. Lui prova invece a svariare, rientrare, non dare punti di riferimento alla difesa avversaria, girando però a vuoto. Di lui c’è traccia solo nel finale di primo tempo, quando spizza la palla per la conclusione pericolosa di Mazzarani. Troppo poco. 


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