Caso Annunziata, lo «scarso scrupolo» del presidente Vacanze a carico del Porto e l’impiegato «factotum»

Ammontano a oltre 33mila euro le somme di cui, secondo la procura di Catania, si sarebbe appropriato Andrea Annunziata, il presidente dell’Autorità portuale della Sicilia orientale. L’inchiesta deflagrata qualche giorno fa ha portato alla sua sospensione dal servizio per nove mesi. Misura cautelare che il gip ha ritenuto necessaria considerato lo «scarso scrupolo» che avrebbe contraddistinto l’operato di Annunziata, dall’indomani del suo insediamento nell’ente che gestisce le attività dei porti di Catania e Augusta. Nel mirino degli inquirenti è finita una lunga sfilza di richieste di rimborso per spese che non avrebbero avuto nulla a che vedere con l’attività connessa al ruolo. «Traspare la natura pressoché abituale delle richieste avanzate dall’indagato che era perfettamente conscio che nessuno dei dipendenti avrebbe mai opposto rimostranze», scrive il gip Giancarlo Cascino. 

Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati, che per le indagini si sono affidati ai militari della guardia costiera, c’è un po’ di tutto. Dai viaggi pagati a terzi agli spostamenti che Annunziata – avvocato con un passato da parlamentare della Margherita e la nomina a sottosegretario ai Trasporti durante il governo Prodi II – avrebbe dovuto effettuare di tasca propria. Tra essi c’è la trasferta a Miami, in occasione dell’ultima edizione del Seatrade, il più importante evento del setto crocieristico al mondo. Un appuntamento a cui Annunziata avrebbe avuto tutti i titoli per partecipare, se non fosse che, stando ai riscontri fatti dalla polizia giudiziaria, il presidente non sarebbe stato da solo. A partire, infatti, anche alcuni dei componenti del comitato di gestione dell’Autorità portuale e una donna le cui spese di viaggio per la Florida sarebbero state rimborsate facendo risultare come passeggero un dipendente dell’ente che, in realtà, era rimasto in Italia. «Per la signora – ha messo a verbale una dipendente – oltre a prenotare la stanza in hotel, mi sono occupata di farla accreditare all’evento che si è tenuto a Miami per il quale si paga una quota di partecipazione. Alla stessa ho poi anche destinato un badge per la fiera. Comunque non l’ha usato perché alla fiera non è mai venuta». 

Tra i giustificativi presentati per ottenere i rimborsi, Annunziata avrebbe presentato anche la ricevuta di una camera di hotel a Roma. Stanza divisa con l’accompagnatrice. La stessa in una telefonata con un’amica avrebbe descritto la disponibilità a sfruttare il proprio ruolo per lucrare viaggi e alloggi sulle casse pubbliche. «Lo sai lui cosa mi aveva detto per la Puglia? Mi ha detto: “Dimmi quale è questo albergo che gli faccio chiamare dal mio collega. Perché casomai gliela accolliamo al porto e tu non paghi», rivela la donna, aggiungendo di avere rifiutato l’offerta. Ma il 64enne avrebbe lucrato sui rimborsi anche l’anno scorso, quando al Seatrade si presentò accompagnato dalla moglie. In quell’occasione Annunziata avrebbe sfruttato l’evento per pagarsi una vacanza tra gli Stati Uniti e i Caraibi. Nel registro, infatti, risulta una richiesta di rimborso di oltre cinquemila euro, nonostante il presidente dell’Autorità portuale avrebbe limitato la presenza all’evento istituzionale a un solo giorno.

L’attenzione degli inquirenti è rivolta anche alle numerose missioni che Annunziata avrebbe compiuto a Roma, per poi spostarsi in Campania, dove risiede. Il sospetto è che il passaggio per la Capitale sia stato pianificato con l’obiettivo di ottenere il rimborso del viaggio. «Il presidente non ha diritto a nessun rimborso per gli spostamenti tra la residenza e la sede di lavoro. Ricordo che al riguardo lo stesso Annunziata ha fatto un quesito al ministero che gli ha confermato che non è previsto nessun rimborso», ha spiegato un dipendente dell’Autorità portuale davanti alla polizia giudiziaria. 

Ma le accuse nei confronti del 64enne, che negli anni scorsi a Salerno è stato coinvolto anche nell’inchiesta Porta Ovest riguardante la gestione di appalti, non finiscono qui. Annunziata, infatti, avrebbe trasformato un dipendente dell’Autorità in un «factotum» personale. All’uomo avrebbe chiesto – durante l’orario di lavoro – di sbrigare una serie di faccende personali: dal fargli da autista per incontrare medici o portarlo al centro commerciale agli spostamenti in cerca di case da affittare, fino a occuparsi di portare l’auto privata all’autolavaggio. Il factotum per Annunziata avrebbe anche ritirato gli indumenti dalla lavanderia e sarebbe andato a casa sua ad aprire la porta d’ingresso alla colf. 

Tutte accuse a cui il presidente dell’Autorità portuale ha replicato in una memoria difensiva depositata nei giorni scorsi, ma che ancora dovrà essere sottoposta al contraddittorio del pubblico ministero. Per il momento ciò che è certo è che, secondo il gip, il pericolo che Annunziata potesse proseguire nelle condotte illecite era tale da rendere necessaria l’interidizione.


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