I condomini di un residence in zona Cubisia, da tempo, si sono rivolti alle autorità per cercare di arginare un fenomeno che interessa l'intero paese. Adesso la magistratura vuole vederci chiaro. C'è il sospetto che non sia l'azione di singoli. Guarda le foto
Aci Catena, roghi di rifiuti sui terreni di Ciancio e Cas Procura apre inchiesta. Abitanti: «Bisogna denunciare»
«Questa non è l’unica zona in cui vengono bruciati i rifiuti, l’aria è irrespirabile anche in altre parti della città». Il cielo è grigio e guardando sulla collina che si inerpica verso Aci Sant’Antonio la visibilità non è perfetta. Stavolta, però, dipende tutto soltanto dalle condizioni meteo. Lo stesso non si può dire per le decine di volte in cui i residenti di zona Cubisia, nell’estremità nord di Aci Catena, hanno visto fumi innalzarsi partendo dal terreno. Emissioni causate dall’incenerimento dei rifiuti nelle tante piccole discariche che, negli ultimi anni, si sono formate in giro per il paese. Un problema, quello delle fumarole, che finora aveva trovato sbocco soltanto sui social network, ma che adesso è finito sul tavolo della procura di Catania che ha aperto un’inchiesta.
L’iniziativa di piazza Verga nasce da un esposto presentato dai condomini di un residence. «Finalmente qualcosa pare si stia muovendo, speriamo che le autorità facciano chiarezza su un problema che, da anni, crediamo sia stato sottovalutato – dichiara uno dei residenti a MeridioNews – Abbiamo fatto denunce ai carabinieri e provato a contattare l’Arpa. La notizia dell’indagine è importante perché da tanto tempo siamo costretti a respirare aria malsana». I roghi, da queste parti, per mesi sono avvenuti con una costante periodicità anche se a orari variabili. «Partono a qualsiasi ora, può capitare all’alba come al tramonto – aggiunge un altro dei condomini – Succede che si vada a raccogliere i panni stesi ad asciugare e li si ritrovi impregnati di fetore». A essere dati a fuoco sono plastiche, materiali derivanti dagli scarti edili, ma anche amianto e pneumatici: «In gioco c’è la salute di tutti, bisogna che le istituzioni facciano qualcosa».
Nell’esposto i residenti hanno individuato un’area in particolare, non lontana dal cimitero e ricadente nel territorio santantonese. Terreni abbandonati raggiungibili a piedi superando il letto del torrente Lavinaio oppure in auto attraversando uno dei cavalcavia che passano sopra l’autostrada A18. Ed è proprio il Consorzio autostradale siciliano uno dei proprietari del terreno usato come discarica. Il dato emerge da una diffida che il Comune di Aci Sant’Antonio ha inviato all’ente gestore, esplicitando la necessità di provvedere alla bonifica e alla recinzione della stessa. Appello che per adesso, a distanza di dieci mesi, sarebbe rimasto inascoltato.
Il Cas però non è l’unico soggetto interessato dal problema. Accanto, infatti, ci sono tre particelle di proprietà della Aci Sant’Antonio Sviluppo srl. Il nome di per sé non dice nulla, ma in realtà si tratta di una società che, a metà settembre del 2018, è finita al centro dell’attenzione. L’impresa, infatti, rientra tra quelle sequestrate all’editore de La Sicilia Mario Ciancio Sanfilippo. A gestirla, da oltre un anno, così come il resto del patrimonio dell’imprenditore etneo, sono gli amministratori giudiziari nominati dal tribunale. «Il problema della discarica abusiva risale a prima del nostro insediamento – commenta Luciano Modica – La società possiede di fatto soltanto il terreno più un immobile che ormai è un rudere. Per anni, è stato usato come punto per scaricare qualsiasi tipo di rifiuto». Una soluzione è stata trovata nelle scorse settimane con la realizzazione di una recinzione che impedisce l’accesso al fondo. «Non è stato semplice riuscire a reperire i fondi, proprio perché nelle casse della società c’è ben poco ma ce l’abbiamo fatta», continua l’amministratore giudiziario. Che poi spiega di avere dato mandato a una ditta privata di caratterizzare i rifiuti trovati nel sito, in ottica di una bonifica futura. «Anche per quell’intervento bisognerà reperire le risorse, vedremo come fare. Per adesso bisogna capire esattamente cosa ci sia».
I passi avanti hanno ridato fiducia ai residenti che, però, sottolineano come il problema dei roghi sia di proporzioni ben più ampie. «Avere acceso i riflettori su questo fenomeno è un grande risultato – commenta l’avvocato Fabrizio Maugeri, legale dei condomini del Feudo – Con la notizia dell’inchiesta della magistratura forse anche i residenti delle altre zone saranno spinti a denunciare fornendo elementi utili alle indagini». Il sospetto, infatti, è che dietro ai roghi non ci sia la mano di singoli, ma un gruppo che possa offrire un servizio illecito a chi è interessato a liberarsi dei rifiuti risparmiando in termini di costi di smaltimento. «Da quando abbiamo alzato l’attenzione su questa zona i roghi sono diminuiti ma – rivela uno dei condomini – ci risulta che siano aumentati nella parte più a sud del paese».