Caso Simona Floridia, papà sentito per oltre quattro ore «Una persona, per me, era diventata come un’ombra»

«Il 16 settembre del 1992 inizia il calvario della mia famiglia». Comincia così la deposizione di Salvatore Floridia, il padre di Simona, la 17enne scomparsa 28 anni fa da Caltagirone il cui corpo non è mai stato ritrovato. Dopo oltre un quarto di secolo dalla prima archiviazione, il processo è stato riaperto. Imputato per omicidio volontario premeditato è il 45enne Andrea Bellia. Nell’udienza di questa mattina, durata oltre quattro ore, è stato il padre della giovane a risponde alle domande della pm, del legale delle parti civili Giuseppe Fiorito e dell’avvocata della difesa Fabiana Michela Distefano

Si parte dalla ricostruzione del giorno in cui Simona esce di casa, intorno alle 19.30, senza più fare ritorno. «Quando si è fatto tardi rispetto all’orario in cui mia figlia era solita rientrare, siamo entrati nel panico. E, così – racconta – sono cominciate le mie ricerche disperate: la cercavo ovunque, anche senza senso». Quando la ragazza esce il padre è in casa, rientra più tardi «quando è finita la partita di Coppa dei campioni». Le prime ricerche partono dai luoghi più frequentati da Simona «ma gli amici ci dicono che lì (nella zona dei giardinetti, ndr) non si è vista». Intorno alle 23 poi il padre va dai carabinieri per chiedere se ci fossero stati incidenti ma, anche dagli ospedali, l’esito è negativo. Prima della formale denuncia di scomparsa passano tre giorni durante i quali le ricerche private, però, non si fermano. 

«In quei giorni c’era una persona che era diventata per me quasi un’ombra – ricostruisce il teste – più che aiutarmi nelle ricerche però mi stava vicino come se volesse acquisire delle informazioni». L’ombra del signor Floridia era Mariangela Regolo, la madre di Simona Regolo che era l’allora fidanzata di Andrea Bellia. «Una presenza diventata invadente che, però – aggiunge l’uomo – come ho ricostruito a posteriori, è sparita dopo la mia denuncia di scomparsa». Stando alla ricostruzione fatta dal padre, Simona Regolo in quei «giorni convulsi era assente, non era disponibile come avrebbe dovuto dato il rapporto con mia figlia che, solo poche settimane prima della scomparsa, era diventato meno assiduo». È a casa di quest’ultima che, pochi giorni dopo la scomparsa, sarebbe arrivata una telefonata anonima: “Sono Simona Floridia”. «Solo questo perché poi riattacca e va a fare la denuncia con una sensazione di paura – dice Floridia – Io ho saputo tutto dalla donna che ha fatto la chiamata fingendosi mia figlia perché aveva dei sospetti e ha voluto capire se Regolo poteva sapere qualcosa di utile alle indagini». 

La sera in cui è scomparsa, Simona Floridia era stata a casa di un’amica. Invitata poi a fare un giro, avrebbe rifiutato dicendo di dovere andare a parlare proprio con Simona Regolo. «Da quanto hanno raccontato alcune amiche – afferma il padre –non era arrabbiata ma sicuramente determinata». Secondo quanto sostenuto dall’accusa, la ragazza sarebbe poi salita sulla moto di Bellia che si sarebbe diretto nella zona di Monte San Giorgio. Un luogo che, ancora prima di emergere durante l’incidente probatorio come quello in cui Bellia avrebbe confidato all’amico Mario Licciardi di avere fatto sparire Simona, era stato tirato in ballo in una telefonata arrivata quaranta giorni dopo la scomparsa a casa della nonna paterna della 17enne. «A posteriori – spiega Floridia – dico che è perché chi chiamava sapeva che il telefono di casa mia era intercettato. Una voce non molto colta e frettolosa mi dice in dialetto: “Ma lei sua figlia dove la sta cercando? Le stanno facendo perdere tempo. La deve cercare a Monte San Giorgio, di fronte all’antenna della Sip“». 

L’indomani Floridia va a denunciare quanto accaduto in questura e partono le ricerche «però nella zona dell’antenna e non in quella che mi era stata precisamente indicata», spiega il padre con tanto di cartine dei luoghi alla mano. Nei giorni successivi alla scomparsa, il padre della giovane racconta di avere provato a mettersi in contatto con Bellia «che però si è sempre sottratto fino a quando a rispondere alla mia chiamata è il padre, con il quale eravamo in buoni rapporti fino a quel momento, che mi dice: “Mi devi fare un favore, a mio figlio non lo devi cercare». Il 45enne, che si è sempre dichiarato innocente, ha raccontato di avere lasciato la giovane in centro vicino a un bar.

I toni in aula si scaldano quando arriva il momento del controesame da parte della legale dell’imputato. È l’avvocata Distefano a tirare fuori e mettere l’accento su «una amicizia, una frequentazione» del signor Floridia con una donna catanese che avrebbe provocato «una situazione di disagio con la moglie». «Mia figlia non aveva intenzione di allontanarsi, stava bene a casa», ribatte Floridia. Le altre domande della difesa puntano poi su delle presunte minacce ricevute dalla giovane, provenienti dal fidanzato di un’amica; sull’incontro avvenuto in treno, pochi giorni prima della scomparsa, con una ragazza di Licata; sulla pista della magia e dell’esoterismo che era stata seguita in una prima fase delle indagini; sugli avvistamenti – poi rivelatisi falsi – della ragazza nei giorni dopo la scomparsa. 


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