Sant’Agata, i passi avanti e le solite ombre Il bilancio del Comitato per la legalità

E’ un «bilancio positivo» quello da tracciare sulla tre giorni 2013 dedicata alla santa patrona di Catania. Che segna una «svolta nella festa» e, nonostante la presenza dei soliti problemi da combattere, dimostra che sono stati fatti «alcuni passi avanti» e apre la strada ad un nuovo «percorso di legalità». Ne è convinto Renato Camarda, del Comitato per la legalità nella festa di Sant’Agata, che propone un’analisi – presentata stamattina in conferenza stampa al Monastero dei Benedettini – di ciò che andato bene, da ripetere come esempio, ma anche le criticità ancora presenti. In cantiere, dunque, alcune proposte per tentare di risolvere i problemi principali, in un’ottica di collaborazione con le istituzioni cittadine.

La festa di quest’anno, secondo Camarda, si è riscattata dai problemi di disorganizzazione e illegalità da cui era afflitta negli ultimi anni, anche se in minima parte. Tra ritardi e devoti indisciplinati. «Il 4 febbraio, a differenza degli anni scorsi, la processione è andata avanti spedita, con un senso di compostezza e un maggiore sentimento religioso». Un passo avanti rispetto al 2012, per cui «bisogna dare merito anche la lavoro di preparazione portato avanti dalla Chiesa prima dell’inizio delle celebrazioni». Un grazie che va anche alla «massiccia presenza di forze dell’ordine», dovuta ad «un’importante collaborazione da parte del prefetto Francesca Cannizzo e delle autorità cittadine che hanno risposto ad una delle richieste che il comitato fa da cinque anni», sottolinea il promotore.

Un esempio positivo, macchiato però dai problemi riscontrati durante l’ultima giornata di festa. «Il 5 è andata diversamente – spiega Camarda – e purtroppo si sono verificati i casi che conosciamo». Come i ceri accessi illegalmente e i ritardi registrati durante la processione. Due elementi che, secondo Camarda, sarebbero collegati tra loro. Perché «i ceri precedono la processione, ne determinano un’andatura lenta, che contribuisce sicuramente a causare i ritardi su percorso e rientro di Sant’Agata in Cattedrale». Che quest’anno, nella fase finale delle celebrazione, sono stati aumentati dalla presenza di un tombino rotto che ha rallentato ulteriormente la conclusione in piazza Duomo. Episodio che però non convince Camarda, su cui preferisce «stendere un velo pietoso». «I torcioni, a differenza di candelore e fercolo, controllati rispettivamente da Comune e Chiesa, non rispondono a nessuno», afferma. Neppure ad un’ordinanza comunale che ne vietava l’accensione se non in apposite aree predisposte, che però «si è dimostrata un fallimento ed è stata disattesa».

Ma il 5 febbraio c’è stata anche una nota positiva per il Comitato: il successo ottenuto dal presidio di legalità voluto – e ottenuto – in piazza Cavour. «Un’isola di pace, decenza e rispetto delle leggi», così la descrive il promotore. Anche se solo una piccola area delle città, perché «bastava muovesi verso via Etnea per riscontrare la differenza e rendersi conto della bolgia totale di ambulanti abusivi e torcioni illegali», afferma. Un fatto che conferma l’isola di legalità al Borgo come «un esperimento positivo da ripetere» anche in altre parti della città. «Ci sono arrivate alcune richieste dagli abitanti di piazza Palestro che la sera del 4 soffrono degli stessi problemi e vorrebbero un presidio che li aiutasse a risolverli».

Adesso che la festa è finita, il Comitato è già al lavoro per febbraio 2014 e annuncia una novità importante. «Ieri in Prefettura abbiamo incontrato rappresentanti di Chiesa, forze dell’ordine e Comune», racconta Camarda. Riunione in cui tutte le parti hanno espresso la volontà di portare avanti una collaborazione per risolvere i tre gravi problemi che affliggono ancora la festa: venditori ambulanti abusivi, candelore e torcioni. «Ci incontreremo regolarmente per studiare queste criticità e proporre soluzioni», assicura.

Tanti, quindi, i segnali positivi secondo il Comitato. Che però si rammarica dei soliti episodi incresciosi che, anche quest’anno, hanno gettato ombre sulle celebrazioni agatine. Come la rissa tra i portatori delle candelore di pescivendoli e fruttivendoli alla Pescheria la mattina del 3 febbraio. «Un fatto che, grazie anche alle testimonianze, ha rivelato una realtà, come quella delle scommesse, di cui poco si parla e su cui chiediamo di fare luce».

Realtà come quelle discusse anche davanti ai giudici nel corso del processo per le presunte infiltrazioni mafiose nella festa di Sant’Agata, conclusosi ieri con la decisione, da parte della quarta sezione penale del Tribunale di Catania, di assolvere tutti gli imputati perché «il fatto non sussiste». Sentenza su cui Camarda non si sente lasciare commenti. «Ci sono foto, documenti, testimonianze ed intercettazioni che provano la presenza di certi personaggi all’interno del Circolo di Sant’Agata, alcuni vi ricoprivano addirittura ruoli di prestigio: ad esempio portavano la varetta e salivano anche sul fercolo – afferma – Questi sono fatti inoppugnabili». Confermati dalla «tesi dell’accusa secondo cui queste persone, ricoprendo determinati ruoli, potessero acquisire ingiusti vantaggi dalla festa». Tesi rigettata dai giudici, ma che «non significa che non ci fossero». «Se all’interno di un Comune ci sono dei personaggi mafiosi – continua Camarda con un parallelo – questo chiude perché la loro presenza non può essere tollerata. E non perché abbiano commesso dei reati al suo interno, ma solo per il fatto di appartenere alla criminalità organizzata. Perché nella festa non può essere lo stesso?», si chiede, sottolineando come, proprio a questo proposito, «il Circolo di Sant’Agata sia commissariato».

Secondo il Comitato, il procedimento, anche se concluso con un nulla di fatto, non è stato inutile. «Siamo grati alla Procura per aver sollevato, grazie ai processi, realtà che altrimenti sarebbero rimaste nell’ombra, come quella delle insinuazioni criminali, ma anche della cattiva organizzazione della processione che ha portato alla morte del giovane devoto Roberto Calì». Un percorso, quello cominciato dai magistrati, che ha spinto «le istituzioni più importanti della città ad aprire gli occhi e a cominciare, dopo anni, a preoccuparsi di garantire maggiore legalità nella festa di Sant’Agata».


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