Magnifici candidati: Vittorio Calabrese «Internazionalizzazione e meritocrazia»

Professore ordinario di Biochimica clinica del dipartimento Scienze chimiche dell’Università di Catania, Vittorio Calabrese è uno dei quattro concorrenti alla carica di rettore per il periodo 2013 – 2019. Ha scelto di candidarsi in risposta alle «numerose sollecitazioni dei colleghi», spiega, e ricorda come passo importante nella sua carriera l’essere stato scelto quale componente della commissione nazionale per il concorso che si terrà a breve in tutta l’area della Biochimica italiana. «Un riconoscimento a una vita dedicata alla ricerca», dice.

I motivi della candidatura

Vuole puntare su un nuovo approccio alla gestione di ogni reparto dell’Università, ponendo la «meritocrazia come valore inalienabile per qualunque processo virtuoso» e a una nuova struttura dell’Ateneo con l’introduzione con «altri sette pro rettori oltre il vicario». Tra i suoi obiettivi principali «l’internazionalizzazione della didattica, degli standard e del prestigio e della dimensione del rettore come punto di aggancio per il raggiungimento di standard internazionali che aiutano a superare la competizione». La posizione dei ricercatori nella struttura e i rapporti con il territorio perché l’Università «non può essere solo un soggetto che subisce le dinamiche in atto».

«L’Università deve consolidare e rilanciare il suo ruolo di accoglienza al territorio che non può essere solo un soggetto che subisce le dinamiche in atto – dichiara il candidato – Rilanciare la valutazione meritocratica dell’intero Ateneo e mettere in primo piano il ruolo della ricerca, perché in Italia non si investe in cultura e formazione accademica da molti anni». C’è un rischio altrimenti, secondo il professore Calabrese: «Una progressiva e inesorabile regressione verso una marginalizzazione che non corrisponde alle richieste della società». Bisogna poi «agganciarsi ai fondi europei per una ricerca di eccellenza e per il miglioramento dell’offerta formativa. Tutto al servizio di una formazione che mette lo studente al centro di qualunque politica di sviluppo dell’Università». Verso una «internazionalizzazione della didattica, degli standard e del prestigio e della dimensione del rettore come punto di aggancio per il raggiungimento di standard internazionali che aiutano a superare la competizione».

I prinicipi cardine del programma

Il primo atto che il prof. Calabrese firmerebbe è relativo alla carta statutaria: per lui bisogna «rivisitare lo statuto verso modelli di gestione internazionali». Ad esempio con la modifica dello statuto della  scuola di medicina che ha un ruolo importante anche per la competenza dell’Università di proiettarsi sul territorio per il miglioramento della qualità della vita.

Il primo atto da firmare

Anche il prof. Calabrese punta a una modifica della carta statutaria approvata tra mille difficoltà e polemiche. Sono due gli aspetti fondamentali che secondo il candidato dovrebbero essere immediatamente modificati. Il primo riguarda la struttura verticistica dell’Ateneo, quindi vorrebbe otto prorettori: il vicario più uno ciascuno per didattica, ricerca scientifica, studenti e formazione post laurea, relazioni internazionali, territorio cooperazione e mondo produttivo, medicina, bilancio e personale. «Il vicario giuridicamente sostituisce il rettore, gli altri collegano l’azione del rettore per quanto riguarda l’istituzione delle competenze nella gestione dell’università in senso generale». La seconda riforma riguarda la scuola di medicina nel cui statuto le competenze assistenziali attualmente in seno al presidente, «per un fatto di distribuzione delle figure istituzionali andrebbero al prorettore alla medicina e alla scuola rimarrebbero compiti di didattica e di ricerca».

Le modifiche allo statuto

Al pari della carta statutaria, un altro tema sul quale si è acceso un dibattito è la carica del direttore amministrativo ricoperta dal prof. Lucio Maggio. «È un argomento importante da inserire nel processo di rivisitazione dello statuto e dell’aspetto di governo dell’ateneo in generale – afferma Calabrese – Saranno affrontati diversi aspetti di ristrutturazione della gestione di governo e in quella prospettiva si valuterà».

Il direttore amministrativo

Non solo della scuola di medicina parla il professore. «Tutto dipende dalla disponibilità di  risorse, ma in generale va migliorato il sistema di collegamento tra didattica e ricerca di alta qualità che ci consente di approfittare della quota di riequilibrio del fondo di trasferimento statale. È un intervento strutturale». In quest’ottica vorrebbe che «il Policlinico affiancasse legami con altri ospedali oltre che con il Vittorio Emanuele, i quali possono orbitare attorno al ruolo importante del Policlinico universitario». Anche per questo «bisogna anche pensare a stabilizzare il personale amministrativo».

La medicina universitaria

Per delineare il quadro che ha portato alla rivoluzione dell’abolizione delle facoltà in favore dei dipartimenti, il candidato fa riferimento alla legge Gelmini per spiegare qual è la situazione attuale, per poi aggiungere che «serve maggiore autonomia». «Credo che così come sono organizzati è difficile che a breve termine possano portare alla costituzione di realtà omogenee». Serve una «ridefinizione su base volontaria di forte coesione scientifica nel rispetto delle identità consolidate nel tempo, ma anche nel rispetto della possibilità di muovere azioni disciplinari. In virtù di obiettivi e target comuni».

I dipartimenti

Molto si può e si deve fare per Vittorio Calabrese «perché gli studenti non scappino verso altri atenei, ma si sentano attratti e motivati a restare e investire nel nostro territorio». Con un Ente regionale per il diritto allo studio in seria difficoltà, l’Ateneo deve «agire dall’alto, a livello di Crui», spiega riferendosi alla Conferenza dei rettori delle università italiane. La soluzione ottimale sarebbe «un sistema per cui l’Ersu possa attingere dall’Università una giusta maniera di corrispondere alle necessità di sviluppo per il diritto allo studio – afferma – Intervenire quindi riaprendo i diversi  protocolli con il Ministero e con la Regione, sia dal punto di vista dell’assistenza agli studenti che della quota di trasferimento statale destinata agli studenti in base al numero».

I servizi agli studenti

Positivo il giudizio espresso sull’amministrazione del rettore uscente Antonino Recca. «Oculata», la definisce il candidato. «La situazione di ristrettezze economiche non ha dato ampi margini di intervento».

Il parere sull’amministrazione del rettore Antonino Recca

Vittorio Calabrese si mantiene equilibrato nel proprio giudizio anche quando commenta le dichiarazioni del 2006 del prof. Recca. In occasione di un incontro della campagna elettorale che poi lo ha visto eletto rettore, il docente affermava che era necessaria una separazione tra la carica di magnifico e la politica. «È giusto quello che ha detto il professore Recca nel 2006, è saggio e equilibrato», spiega Vittorio Calabrese che differenzia le dichiarazioni fatte in carica da rettore e quelle da dimissionario. Non vede nulla di male nemmeno nell’appoggio pubblico riservato dal candidato al Senato per la lista Monti a uno dei concorrenti alla corsa al rettorato, il prof. Giuseppe Vecchio. «Quando si è dichiarato a favore di uno dei due candidati, immagino che l’abbia fatto da docente come tutti gli altri, magari guardando al sua posizione personale di coinvolgimento nella competizione politica in atto. Non c’è quindi conflittualità tra la scelta del rettore e la scelta personale». In merito alla concentrazione di elezioni di fine febbraio – d’Ateneo e politiche – dichiara: «Avrei preferito che le elezioni fossero spostate perché l’Università non fosse privata di una sua peculiare prerogativa di vetrina e punto di richiamo per il territorio».

La neutralità del rettore

«L’università deve rappresentare, incuriosire e orientare l’interesse del territorio. L’innovazione è una delle chiavi di sviluppo della nazione. Ricerca interna nelle aziende deve fare in modo che processi economici virtuosi trainino l’intero ataneo».

Rapporti con il territorio

«Mi sono sempre definito un professore ordinario che si sente un ricercatore. È uno dei punti di forza della politica del mio programma che prevede una terza fascia per i ricercatori che sono indispensabili e vanno tutelati. La legge va cambiata».

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