Covid-19, udienza per mafia e rifiuti slitta di un anno Troppi imputati per garantire la sicurezza dentro l’aula

Troppi imputati, l’udienza è rinviata al 20 aprile 2021. Nelle aule dei tribunali gli effetti della fase due dell’emergenza Covid-19 tardano a farsi vedere. A Catania un processo per mafia e corruzione nel settore dei rifiuti slitta di quasi un anno. A deciderlo è stato il tribunale, richiamando le linee guida per la fissazione delle udienze pubblicate l’8 maggio e valide fino al 30 giugno, che prevedono l’impossibilità di trattare i processi dove figurano più di sei imputati e, dunque, un elevato rischio di contagio, pur mantenendo le porte chiuse.

È anche il caso del processo Gorgoni che, a novembre 2017, portò all’arresto di 16 persone accendendo i riflettori sulle strategie che i clan Cappello e Laudani avevano messo in atto per mettere le mani nella raccolta dei rifiuti a Misterbianco, Trecastagni e Aci Catena. Proprio nel centro dell’Acese, gli uomini di Massimiliano Salvo avrebbero portato avanti gli interessi della Ef Servizi Ecologici, la ditta di Vincenzo Guglielmino che si contendeva con la Senesi Spa di Rodolfo Briganti l’appalto settennale. Nell’operazione furono arrestati i due imprenditori, alcuni funzionari pubblici ma anche diversi esponenti legati alla criminalità organizzata catanese e dell’Acese. 

Tra loro c’era anche Lucio Pappalardo, ritenuto il reggente dei Laudani ad Aci Catena. L’uomo, che attualmente è in carcere e ha visto rigettata nei mesi scorsi un’istanza di scarcerazione, secondo la procura avrebbe fatto da intermediario tra il clan Cappello e l’amministrazione comunale di Aci Catena guidata dal sindaco Ascenzio Maesano, all’epoca sottoposto a misura cautelare perché coinvolto in un’altra storia di corruzione.

Nel corso dell’ultima udienza, tenutasi a fine febbraio quando il problema coronavirus sembrava sufficientemente lontano dalla Sicilia, è stato ricostruito uno dei viaggi che gli emissari di Salvo fecero ad Aci Platani per discutere con Pappalardo con l’intento, secondo la procura, di pretendere garanzie sull’efficacia delle pressioni sul primo cittadino catenoto. Richieste che, fino a quel momento, non avevano sortito effetto, dato che Maesano aveva continuato ad affidare – secondo la procura anche per via del rapporto corruttivo che si era creato tra Maesano e Briganti – il servizio di raccolta dei rifiuti alla Senesi, nell’attesa che la querelle giudiziaria tra le due imprese venisse risolta. Entrambe, infatti, in tempi diversi erano state raggiunte da interdittive antimafia.

Il nuovo atto del processo si sarebbe dovuto tenere questa mattina, ma l’impossibilità di garantire la sicurezza di imputati, avvocati e pubblici ministeri ha portato il tribunale a rimandare tutto all’anno prossimo.


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