«Non siamo anarchici né “giovani donne esagitate”» Il comitato Reddito-casa-lavoro risponde alla Digos

«Smentire ogni parte di una nota stampa diffusa dalla Digos ai danni dell’azione del nostro comitato». È questo l’obiettivo con cui gli attivisti del comitato Reddito-casa-lavoro hanno organizzato questa mattina una conferenza stampa in via Calatabiano, davanti alla palazzina delle famiglie in emergenza abitativa, per replicare a quanto comunicato sabato scorso dalla questura sulla protesta all’assessorato ai Servizi sociali del Comune di Catania.

Le accuse principali che gli attivisti muovono nei confronti della Digos sono «abuso di potere e diffamazione. Ci sembra assurdo – continuano – non essere mai stati menzionati in quel comunicato». Il comitato, attivo da sei anni con un centinaio di famiglie, a partire dal periodo dell’emergenza legata al Covid-19 ha accompagnato i cittadini che sono rimasti ancora in attesa di ricevere i buoni spesa e gli altri sussidi. «Chiediamo conto e ragione al questore Mario Della Cioppa e alla dirigente della Digos Marika Scacco: di chi è la responsabilità se la questura mente?». La stessa domanda che era stata scritta sugli striscioni spuntati ieri in diverse parti della città.

Il comunicato delle forze dell’ordine viene inviato sabato mattina per dare notizia del fatto che nove persone – tra cui due minorenni – che hanno partecipato alla protesta dello scorso 22 giugno sono state denunciate per manifestazione senza preavviso, invasione di edifici, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. Nella nota il comitato non viene mai menzionato e si fa riferimento, invece al «centro sociale anarco-antagonista Liotru». «Uno spazio sociale – spiegano gli attivisti – in cui alcuni non hanno mai messo piede mentre gli altri non ne varcano gli ingressi da anni. È forse comodo – si chiedono dal comitato – usare l’epiteto “centro sociale” per screditare una legittima protesta sui buoni spesa?».

Altra precisazione del comitato riguarda gli aggettivi affiancati a centro sociale, cioè anarco-antagonisti. «Nessun componente del comitato e nessuno dei presenti alla protesta di quel giorno è anarchico». Ci sono altre parole sui cui gli attivisti vogliono delle spiegazioni: «Com’è possibile nel 2020 scrivere “giovani donne esagitate” in una nota pubblica della polizia, che rappresenta la definizione maschilista della donna incapace di essere lucida?».

Il punto su cui, però, gli attivisti si sono soffermati di più è «che non possiamo tollerare che in una nota ufficiale si menta spudoratamente persino sui fatti: la nota riporta di un mancato incontro a causa di supposte violenze che avrebbero fatto andare via i presenti scontenti e a mani vuote. Invece – sottolineano gli attivisti – è stata proprio la determinazione a fare ottenere un incontro che inizialmente l’assessore voleva negare». Quel giorno stesso, insomma, gli attivisti sarebbero usciti dal palazzo con un appuntamento con l’assessore Lombardo: un primo incontro, infatti, si è poi tenuto il 30 giugno e un secondo il 3 luglio. «Non possiamo sorvolare sul “ferimento” di un agente – afferma Ludovica Intelisano – Siamo sereni, sappiamo che la giustizia farà il suo corso. La nostra – precisa l’attivista – non è una replica al lavoro di indagine o alle denunce la cui veridicità verrà discussa in tribunale». 


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