Franca Viola, da vittima di stupro a simbolo «La scuola italiana si adegui alla storia»

«Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori». Franca Viola, nata nel 1947 ad Alcamo, in provincia di Trapani, dove vive ancora oggi, è la prima donna ad aver denunciato uno stupro in Italia, nel 1966. Simbolo dell’emancipazione femminile, la storia di Franca merita di essere inserita nei libri di storia secondo Mila Spicola, insegnante e scrittrice di Palermo. Che ha lanciato una petizione da inviare al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano anche affinché la scuola italiana si possa equiparare agli istituti scolastici europei per la rimozione degli stereotipi di genere.

La storia comincia negli anni Sessanta. Quando, violata nel corpo e nell’anima da uno stupro, Franca Viola si rifiuta di accettare il matrimonio riparatore che allora la legislazione italiana consente per estinguere una violenza carnale. Un contratto tra l’accusato e la persone offesa, che cinquant’anni fa bastava per risolvere le cose, perché la violenza sessuale non era ancora considerata un reato contro la persona ma un oltraggio alla morale. Solo nel 1981 viene abolita la facoltà di cancellare una violenza sessuale attraverso un successivo matrimonio.

Oggi Mila Spicola intende far conoscere questa storia a donne e uomini. L’insegnante-scrittrice, esperta di innovazione e valutazione dei sistemi di istruzione del dipartimento di pedagogia sperimentale dell’università degli studi Roma Tre, si occupa da tempo dei diritti delle donne come interesse personale. In un’Italia che è oggi all’87esimo posto nella classifica mondiale per le politiche di genere. Ma il problema, spiega Spicola, non è solo della donna o nei suoi confronti: è una questione di genere e, da insegnante, si è resa conto che per contrastarla serve agire fin da piccoli. «Con e nell’educazione», dice. Anche attraverso la petizione proposta che, da sola, «non risolve tutto ma è un punto di partenza».

Nel testo della raccolta firme si chiede che la storia di Franca Viola sia inserita come emblematica per la battaglia dei diritti dell’emancipazione femminile e che si cominci a lavorare nelle scuole per la rimozione degli stereotipi educando i ragazzi, sensibilizzando i docenti, formando gli stessi servendosi dell’uso di manuali specifici. «Ho studiato le politiche di genere educativo – spiega Spicola – Ho comparato tutti i sistemi scolastici europei e ogni Paese ha assunto dei provvedimenti per l’educazione alla parità di genere. L’unione europea ha stabilito che gli ordinamenti scolastici devono occuparsi della rimozione degli stereotipi». Ma l’Italia, fino a oggi, fa ancora eccezione.

«Una delle cose più sessiste che ci sono è la discriminazione. L’Italia è un paese maschilista – commenta l’insegnante – Se volessimo cambiare un popolo intero, non potremmo riuscirci. Ma possiamo cambiarne l’organizzazione, attraverso l’educazione dei nostri ragazzi». Come già succede ad esempio in Inghilterra dove, tra gli obiettivi dell’istruzione nazionale, si ha non solo la crescita del cittadino ma anche la rimozione degli stereotipi. Che possono essere tanto femminili quanto maschili, ricorda Spicola. «La nostra è una società patriarcale che ci è stata trasmessa e che non è ancora stata rimossa, quindi ci stiamo dentro e non ce ne accorgiamo – spiega – Il comportamento maschilista spesso è anche delle donne. Lo stereotipo è ovunque, nella vita di tutti i giorni. Così come si trasmette al bambino di essere forte, si trasmette alla bambina di non dire parolacce».

Ai bambini, secondo l’esperta, va quindi spiegato come slegarsi da questa educazione trasmessa nonostante i tempi siano cambiati. «Come chiedo a Napolitano nella petizione, introduciamo nei libri di storia la vicenda di Franca Viola, una donna siciliana che ha scritto una pagina di enorme valore civile – conclude Mila Spicola – Come primissimo passo di un percorso che porti a ridisegnare la scuola e la storia in senso moderno e civile».


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Allora ventenne di Alcamo, nel Trapanese, è stata la prima donna italiana a denunciare una violenza sessuale. Rifiutando il matrimonio riparatore previsto dalla legge come risarcimento. Oggi è Mila Spicola, insegnate-scrittrice, esperta di sistemi di istruzione e attivista per i diritti delle donne, a chiedere che la sua vicenda venga inserita nei libri scolastici. Attraverso una petizione al presidente della repubblica. Perché l'Italia si adatti agli altri Paesi europei nell'educazione alla parità di genere e alla rimozione degli stereotipi

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