Caso Petrolito, confermati 30 anni per il compagno Ventenne uccisa a coltellate e nascosta in un pozzo

Sono stati confermati in Appello i 30 anni di carcere per Paolo Cugno, il 29enne di Canicattini Bagni (in provincia di Siracusa) accusato di avere ucciso a coltellate la compagna 20enne Laura Petrolito, durante la notte del 17 marzo del 2018 e di avere provato poi a occultarne il cadavere in un pozzo artesiano di contrada Tradituso, zona di campagna a nord del centro abitato. Per il giovane, nell’aprile del 2019, era arrivata la prima condanna con rito abbreviato condizionato30 anni di reclusione. La procura generale di Catania, rappresentata dal pubblico ministero Antonio Nicastro, aveva rinnovato la stessa richiesta davanti alla corte d’Assise d’Appello di Catania e oggi i giudici hanno confermato il verdetto.

Durante lo scorso mese di marzo, l’avvocato difensore di Cugno Giambattista Rizza si era visto rigettare la richiesta di una perizia neurologica sul suo assistito. Per il legale, sarebbe stato necessario fare una tac al ragazzo per stabilire l’eventuale «presenza di disfunzioni a livello cerebrale dovute a un incidente stradale avuto qualche anno fa che gli ha provocato la frattura del femore e in seguito al quale avrebbe anche sbattuto la testa». Le due perizie psichiatriche, effettuate durante il processo di primo grado, però, hanno fatto emergere che Cugno è in grado di intendere e di volere.

Il suo difensore, nel corso del procedimento, ha dichiarato che le consulenze «fanno acqua da tutte le parti» ricordando che «i medici che in passato, hanno avuto in cura il mio assistito gli hanno diagnosticato una forma di schizofrenia», sottolineando anche che «nel 2014, ha subito un trattamento sanitario obbligatorio che lo ha tenuto ricoverato per due settimane, prima di essere indirizzato al servizio di igiene mentale». 

Nel giorno in cui di Laura Petrolito si persero le tracce, i sospetti si concentrarono subito su Cugno che, dopo un lungo interrogatorio confessò ma senza pentimento. Ad attenderlo davanti alla caserma di via Vittorio Emanuele, fino a notte fonda, una folla inferocita di compaesani. «Il delitto è avvenuto nell’ambito di un rapporto travagliato – aveva spiegato il procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano – contrassegnato da tempo da litigi e da un tasso di gelosia elevato. Potremmo parlare di un caso di violenza progressiva, di una progressione della violenza».


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